Giorni della Storia: Santo Natale
25 Dicembre: momenti di rilievo religioso e politico in due millenni di vita cristiana

Il Natale è una festa religiosa che con lo scorrere degli anni e dei secoli ha assunto una rilevanza prioritaria nella coscienza del popolo cristiano, assieme al valore simbolico, progressivamente diffuso anche fra i non credenti quale momento di riflessione e strumento di speranza. In tale ottica, può essere utile ricordare alcuni eventi di grande impatto mediatico che si sono susseguiti nella storia, proprio il 25 dicembre, talvolta per caso ma più spesso per scelta.

Al riguardo, è congruo premettere che la celebrazione del Natale in un’aura di misticismo, quale ricorrenza della nascita del Salvatore, risale all’antichità più remota: fu nel 336, quando Roma ne vide la prima espressione ufficiale che non a caso seguiva di circa vent’anni l’Editto di tolleranza promulgato da Costantino il Grande, mentre nel 354 Papa Liberio ne avrebbe fissato la data che ha coinciso con la massima espressione di fede cristiana sino ai giorni nostri: il fatto è tanto più degno di nota, quando si pensi che la religione ufficiale dell’Impero avrebbe continuato a essere quella pagana, ancora per diversi decenni. In ogni caso sta di fatto che il cammino del 25 dicembre come solennità di sicuro riferimento ebbe inizio sin dal terzo secolo, nonostante le persecuzioni tuttora dietro l’angolo, come accadde durante il Regno di Flavio Giuliano, detto l’Apostata.

In epoca medievale, la suddetta data fu scelta, non certo casualmente, per talune incoronazioni passate alla storia come quelle di Carlo Magno, Imperatore del Sacro Romano Impero (800), poi di Santo Stefano d’Ungheria (1000) e infine di Enrico VI di Sicilia (1194): si tratta di eventi, con riguardo prioritario al primo (con Carlo incoronato da Papa Leone III) che ebbero ampia eco nella cultura e nella sensibilità dell’epoca e di quelle successive, assai attente all’unione del trono e dell’altare, tanto che l’Impero Carolingio, sia pure «mutatis mutandis», sopravvisse fino alla Grande Guerra del primo Novecento.

Ciò, sebbene non fossero mancati episodi di segno contrario, come l’aggressione a Papa Gregorio VII durante la Santa Messa di Natale (1075) da parte di esponenti della nobiltà contrari alle riforme appena introdotte[1] e la successiva morte a Salerno, e quindi lungi dalla Cattedra Petrina, del Pontefice che aveva pronunciato le celebri parole: «Dilexi justitiam, odivi iniquitatem, propterea morior in exilio». Un secolo più tardi, il Cristianesimo avrebbe conosciuto la salvifica «rivoluzione» francescana con la riscoperta della tradizione arcaica di preghiera e di povertà, confermata dal primo Natale con un presepe vivente, realizzato a Greccio per opera del Santo di Assisi (1223): una tradizione ormai consolidata in tanti eventi analoghi, fino alla nostra epoca.

Passarono alcuni secoli prima che il giorno di Natale tornasse a coincidere con eventi di notevole significato simbolico come la prima Messa in tedesco celebrata a Wittemberg durante i primi tempi della Riforma protestante (1521) cui fece da contraltare quella di Sant’Ignazio di Loyola (1538) fondatore dei Gesuiti, mentre agli inizi del secolo successivo la prima Messa natalizia nell’America Settentrionale ebbe luogo nel Maine. Se non altro, era la dimostrazione che il mondo stava diventando più piccolo, ma nello stesso tempo che il Verbo cristiano, a prescindere dalle divisioni particolari, andava assumendo dimensioni davvero universali, suffragate dalla Parola evangelica e dall’opera dei missionari.

Sul piano della cultura non disgiunta dal folclore, è da ricordare che la prima esecuzione assoluta del celebre canto natalizio Stille Nacht ebbe luogo a Obersdorf, in Austria, nel giorno di Natale del 1818: in qualche misura, l’atmosfera della Restaurazione, essendo improntata agli antichi valori cristiani (a prescindere dal fatto che fossero casuale oggetto di interpretazioni strumentali) ebbe un ruolo importante nell’assicurare un’ampia fortuna alla musica sacra ma anche a quella romantica.

Il resto è storia più recente, legata in modo drammatico alle guerre del Novecento, piuttosto che alla concomitanza con interpretazioni religiose di atti politici, come era accaduto nelle vecchie incoronazioni, e meno che mai alle suggestioni di una società che aveva conosciuto l’esperienza dei «lumi» pur avendo finito per ripudiare le illusioni della grande Rivoluzione.

Primo episodio davvero rivoluzionario è la fraternizzazione tra reparti combattenti della Grande Guerra che ebbe luogo sul fronte occidentale in occasione del Natale (1914) per iniziativa di soldati tedeschi, prontamente accolta da commilitoni britannici e francesi, con l’adesione non soltanto tacita di ufficiali inferiori dell’uno e dell’altro schieramento. Si arrivò allo scambio degli auguri e di semplici doni, a brindisi non privi di qualche sommessa invocazione alla pace, e persino a una partita di calcio con pallone di stoffa tra due improvvisate squadre di «ex nemici» almeno per il breve spazio di un giorno, anche se in qualche occasione la tregua fu più lunga, con la motivazione di dare onorata sepoltura ai caduti di entrambe le parti. Non mancarono brevi celebrazioni rituali da parte di Cappellani pur consapevoli, visto il vento che spirava negli alti Comandi, del carattere effimero di quelle iniziative, non a caso prontamente e drasticamente sconfessate, sia pure chiudendo un occhio vista l’eccezionalità della situazione e, nello stesso tempo, dato l’alto numero dei «colpevoli»[2].

Sei anni dopo, finita la Grande Guerra con le stragi e i lutti che l’avevano contraddistinta in misura superiore a qualsiasi precedente, un episodio di conflitto fratricida, vale a dire di guerra civile, avvenne proprio in Italia, quasi a dimostrare l’ineluttabile: il celebre Natale di Sangue a Fiume (1920). Il capoluogo del Carnaro, sin dal 30 ottobre 1918, ancora nell’ultima settimana bellica, aveva manifestato la propria volontà di unirsi alla Madrepatria Italiana, ma gli Alleati non erano stati d’accordo, disattendendo anche gli impegni assunti nel 1915 con il Patto di Londra, e Gabriele d’Annunzio – alla testa dei suoi Legionari – aveva osato l’inosabile marciando su quella che lui stesso avrebbe definito la Città Olocausta, e occupandola per 16 mesi, dal settembre del 1919 alla fine del 1920. Il Governo Italiano presieduto da Giovanni Giolitti, dopo il trattato di Rapallo con la Jugoslavia del 12 novembre 1920, che aveva disposto per Fiume lo «status» di città libera e autonoma, non volle intendere le ragioni della «Reggenza Italiana del Carnaro» costituita dallo stesso Comandante d’Annunzio, e ne dispose la conquista armata in uno scontro impari iniziato proprio a Natale e protrattosi per circa una settimana di lotta dagli esiti oggettivamente scontati[3].

Non è finita. Dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il 25 dicembre tornò a proporsi come data di alto valore simbolico e di atti moralmente importanti. Già nel 1939, quando si era appena giunti al quarto mese di belligeranza sul fronte europeo, il Christmas Carol in prose di Charles Dickens venne letto per la prima volta via radio quale auspicio non solo letterario per un mondo migliore[4] e tre anni più tardi, secondo una tradizione non confermata da documenti probanti, le note di un violino si sarebbero udite fra le rovine di Stalingrado assediata.

In quello stesso 1942 il compositore russo Dimitri Sciostakovic aveva già composto la celebre Settima Sinfonia per celebrare un altro assedio a parti invertite, quello di Leningrado a opera tedesca che si era protratto in tempi lunghi coinvolgendo anche il Natale, e per attestare che la guerra non può distruggere pienamente i valori culturali, anche se i dolori da essa indotti sono indubbiamente incommensurabili, né tanto meno esorcizzabili alla luce di struggenti ricordi di un vecchio tempo quasi felice.

La concomitanza natalizia con eventi politici e sociali di tutt’altro segno è proseguita fino a epoche assai recenti. Basti rammentare che la rivoluzione anticomunista dell’Ottantanove in Romania ebbe il suo apice proprio il 25 dicembre con la caduta del vecchio leader Nicolae Ceausescu e la sua immediata fucilazione assieme alla consorte Elena dopo un giudizio senza dubbio sommario. Una tragedia di altra matrice ma di grande impatto umano fu quella del 1996, quando nelle acque del Mediterraneo al largo di Portopalo si contarono 283 vittime dell’anabasi orientale verso l’Europa: a tutt’oggi, il più alto numero di caduti in un solo affondamento; e nello stesso tempo, un episodio destinato ad assumere caratteri drammaticamente ricorrenti.

L’evento più importante che si è verificato nel giorno di Natale durante il nuovo millennio è stato fortunatamente di tutt’altro segno, quasi a sottolineare una svolta storica conforme agli auspici del popolo cristiano: l’Enciclica Deus Caritas est del Santo Padre Benedetto XVI, promulgata proprio in occasione della Natività (2005) sulla scorta delle parole contenute nella Prima Lettera di Giovanni (1 Giovanni 4, 16) per definire il fondamento della fede cristiana: «Dio è Amore: chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui»[5]. Del resto, un altro grande Pontefice, Pio XII, nell’aprire l’Anno Santo del 1950 – primo del dopoguerra – aveva espresso l’auspicio natalizio del 1949 in cui si compendiavano le speranze di tutto il mondo senza distinzione di fedi, né tanto meno di latitudini o longitudini: «Possa quest’Anno veramente Santo / essere per l’umana famiglia / annunciatore d’una nuova era / di pace, prosperità e progresso»[6].


Note

1 Fra le ragioni dell’aggressione si devono annoverare la contrarietà del momento conservatore alla riprovevole prassi del concubinaggio, ormai inveterata in specie tra coloro che non avevano preso i voti pur essendo ugualmente in carriera ecclesiastica; ma prima ancora, il fatto che Papa Gregorio, al secolo Ildebrando di Sovana, a due anni dall’elezione non si fosse fatto premura di chiedere il «nihil obstat» all’Imperatore Enrico IV, con tutto ciò che ne sarebbe seguito nell’ambito della cosiddetta lotta per le investiture.

2 I militari tedeschi dei reparti che avevano promosso l’iniziativa, o comunque aderito, non furono processati ma trasferiti al fronte orientale con un lungo viaggio «blindato» attraverso la Germania in guisa da non poter comunicare con chicchessia: se non altro per ragioni climatiche (si era in pieno inverno) il fronte orientale era considerato peggiore di quello occidentale, nonostante le spaventose carneficine che erano già avvenute anche su quest’ultimo, e che vi sarebbero tristemente continuate.

3 Il conflitto, una vera e propria «prova di guerra civile», si concluse con 56 caduti di entrambe le parti e circa 200 feriti, e con il celebre Alalà funebre della riconciliazione, pronunciato il 2 gennaio 1921 nel Camposanto di Cosala davanti alle spoglie mortali dei caduti. Poi, il Comandante e i suoi Legionari lasciarono Fiume, dove fu insediato il Governo autonomista di Riccardo Zanella che peraltro ebbe breve durata: nel 1922, dopo un «pronunciamento» militare, la città fu amministrata da una Giunta d’emergenza presieduta dal Generale Giardino e divenne finalmente italiana nel gennaio 1924, dopo rinnovate intese fra Italia e Jugoslavia. Sta di fatto che il Natale di Sangue, non foss’altro perché scatenato da Giolitti proprio nel giorno di nascita del Salvatore (probabilmente per approfittare del silenzio stampa ma con un senso etico senz’altro opinabile) fu un episodio destinato a sedimentare nella coscienza collettiva promuovendo nuove adesioni al fascismo nascente nonostante le costanti e durature divergenze fra d’Annunzio e Mussolini.

4 La lettura del Christmas Carol si tenne proprio nel primo Natale di guerra con l’intento di attirare l’attenzione del popolo inglese sul trionfo del Bene, prendendo spunto dalla vicenda personale del vecchio avaro Scrooge descritto da Dickens, riportato sulla retta via dal piccolo Tiny Tim con il concorso determinante di un angelico sogno liberatore. L’occasione è congrua per rammentare che la semantica «Christmas» trae origine da un’espressione del Medioevo Britannico («Christes Maessam») presente in un documento anglosassone delle celebrazioni natalizie (1038).

5 Confronta Benedetto XVI, Deus Caritas est, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006, 96 pagine. Il testo, che si chiude con l’affidamento alla Vergine Maria della Chiesa Cattolica e della sua missione d’amore, è stato diffuso nel medesimo anno quale allegato al periodico «Litterae Communionis – Tracce» edito dalla Cooperativa Editoriale Nuovo Mondo di Milano.

6 Allo stesso modo con cui Gabriele d’Annunzio, sensibile anche alla forma, aveva notato come «Reggenza Italiana del Carnaro» fosse un endecasillabo idoneo a esprimere significati e fascino di un’alta poesia, è facile constatare che anche l’auspicio di Papa Pacelli si componeva di quattro endecasillabi: motivo non ultimo, per rammentarlo nella sua permanente e stringente attualità.

(dicembre 2021)

Tag: Carlo Cesare Montani, Santo Natale, Costantino il Grande, Flavio Giuliano l’Apostata, Carlo Magno, Santo Stefano d’Ungheria, Enrico VI, Papa Leone III, Papa Gregorio VII / Ildebrando di Sovana, San Francesco d’Assisi, Sant’Ignazio di Loyola, Gesuiti, Gabriele d’Annunzio, Legionari fiumani, Charles Dickens, Dimitri Sciostakovic, Nicolae Ceausescu, Elena Ceausescu, Papa Benedetto XVI / Joseph Ratzinger, Papa Pio XII / Eugenio Pacelli, Enrico IV, Riccardo Zanella, Gaetano Giardino, Giovanni Giolitti, Benito Mussolini, Scrooge, Tiny Tim, Roma, Salerno, Greccio, Wittemberg, America, Maine, Obersdorf, Austria, Carnaro, Fiume, Rapallo, Jugoslavia, Stalingrado, Leningrado, Romania, Mare Mediterraneo, Portopalo, Europa, Germania, Cosala, Italia, Impero Romano, Editto di tolleranza, Sacro Romano Impero, Grande Guerra, Riforma protestante, Stille Nacht, Natale di Sangue, fraternizzazioni militari, Patto di Londra, Reggenza Italiana del Carnaro, Christmas Carol in prose, Enciclica Deus Caritas Est, Prima Lettera di Giovanni, Seconda Guerra Mondiale, Anno Santo 1950.