Quelle terribili mummie dell’antico Egitto
Secondo la leggenda, chi disturba il sonno dei Faraoni è destinato a una morte certa. Beh, a quanto pare le antiche maledizioni funzionano ancora...

Libri, film, fumetti: nel variegato campo del genere horror, le mummie tengono un posto di tutto rispetto: si risvegliano, seminano intorno il panico e, non di rado, una scia di sangue, poi tornano ad adagiarsi nel sonno eterno. Si tratta solo di fantasia, o c’è del vero? E da dove viene questa credenza?

A creare la leggenda delle maledizioni e delle mummie viventi furono gli stessi antichi Egizi: essi credevano nella vita dopo la morte, e i Faraoni in special modo si facevano mummificare, ovvero venivano imbalsamati e ricoperti di bende in modo che il loro corpo diventasse praticamente incorruttibile, convinti com’erano di tornare a vivere nelle loro sontuose tombe, dove venivano raccolte le immense ricchezze che avevano accumulato in vita. A questo punto dovevano escogitare dei modi per evitare che i profanatori di tombe le predassero; nelle piramidi venivano sistemate trappole, cunicoli nascosti, finte camere sepolcrali, e venivano scritte formule tese a scoraggiare eventuali ladri: «Se tu cercherai di rubare il mio oro, io ti torcerò il collo come quello di un’oca» recita una di queste iscrizioni, e accanto furono messi due corpi col collo spezzato, per avvalorare la minaccia. Ma evidentemente i saccheggiatori non si impressionavano troppo facilmente, visto che né le trappole, né i passaggi segreti, né le maledizioni, e neppure le ronde delle guardie riuscirono a impedire una sistematica razzia dei sepolcri. Se ne salvò solo uno, quello che custodiva la mummia del Faraone Tutankhamon (morto appena diciottenne), che era nascosto sotto un mucchio di pietre, mentre la tomba accanto era stata aperta. Davanti al sepolcro era posta un’inquietante iscrizione: «La morte colpirà chiunque disturberà il sonno del Faraone».

La tomba venne rinvenuta nella Valle dei Re solo nel 1922 grazie a una spedizione archeologica finanziata da un ricco nobile inglese, il Conte di Carnarvon. Il quale morì cinque mesi dopo la scoperta: nel febbraio del 1923 fu punto da un insetto; qualche giorno dopo, radendosi la barba, inavvertitamente riaprì la ferita. Nel clima egiziano, umido e caldo, e su un fisico già indebolito a causa di un precedente incidente stradale, la ferita s’infettò provocando prima la febbre e poi la polmonite. Il Conte di Carnarvon morì dopo una lunga agonia il 5 aprile dello stesso 1923, al Cairo.

Naturalmente si collegò subito la sua morte alla presunta maledizione del Faraone, che avrebbe colpito, nel giro di un anno, chiunque ne avesse violato la tomba. Essa, però, non era altro che una trovata pubblicitaria dell’epoca: i decessi successivi furono dovuti a malaria, incidente o suicidio, e comunque nessuno dei partecipanti alla scoperta morì a «ridosso» di questa (escluso Lord Carnarvon). Per esempio, Howard Carter, il capo della spedizione, perì nel 1939, 17 anni dopo; l’egittologo Percy Newberry lasciò la vita nel 1949, all’età di 80 anni; l’architetto Lindsley Foote Hall nel 1969, a 86 anni. Quello che morì nella data più vicina al Conte di Carnarvon fu Arthur Cruttenden Mace, un collaboratore, scomparso nel 1928, sei anni dopo la scoperta. La stessa Lady Evelyn, figlia di Lord Carnarvon, che partecipò attivamente alle fasi iniziali della scoperta della tomba, morì nel 1980, a 80 anni di età.

La mummia di Ramesse II (il Faraone che regnò al tempo di Mosé) interruppe invece il suo sonno plurimillenario per spalancare improvvisamente la bocca al Museo del Cairo, davanti a una folla di turisti. Vi furono scene di panico e un uomo, un confuciano, morì di paura (letteralmente: fu colto da infarto). Gli scienziati esaminarono la mummia e spiegarono che erano stati dei microorganismi a rodere le bende che tenevano serrata la mascella, provocandone la caduta. Comunque, per precauzione, le autorità del museo fecero orientare la mummia verso Est, come prescrivevano gli antichi riti egizi!

Ma la mummia responsabile di più decessi era quella di una sacerdotessa egizia. Erano gli anni Sessanta dell’Ottocento quando l’archeologo Douglas Murray l’acquistò in Egitto per poco prezzo. Il giorno successivo, mentre puliva la sua arma (era un provetto tiratore) gli partì un colpo e la pallottola gli si conficcò in un braccio; la ferita s’infettò e il braccio dovette essere amputato. Quando i tre facchini che avevano maneggiato il sarcofago morirono all’improvviso e in circostanze misteriose, Murray decise di sbarazzarsi della mummia regalandola a un amico, cosicché la maledizione si trasferì al nuovo proprietario.

Questi finì ben presto sul lastrico e passò la mummia alla sorella; la quale convocò un occultista e, venuta a sapere che la maledizione non era eliminabile, lasciò la mummia al British Museum.

I guai proseguirono: il camioncino che trasportava il sarcofago investì un pedone, uno degli operai incaricati della consegna si ruppe una gamba mentre un altro morì all’improvviso. I guardiani notturni del British giurarono di aver sentito provenire dall’interno del sarcofago dei terribili lamenti, simili a un pianto; un giornalista ebbe il permesso di fare delle foto ma, quando sviluppò i negativi, al posto del volto della mummia apparve il volto di una donna – sconvolto, l’uomo si sparò un colpo di pistola nella tempia.

A questo punto, le autorità del British Museum decisero di liberarsi della mummia, che fu acquistata nell’aprile del 1912 da un archeologo americano. Questi la mise sul primo transatlantico disponibile con destinazione New York. Il transatlantico si chiamava Titanic... e sappiamo tutti come andò a finire!

E qualcuno penserà che è finita qui... Macché!

Scomparsa la mummia sul fondo del mare, comparve il suo fantasma. Infestava la stazione della metropolitana che serviva il British Museum e i suoi gemiti, stranamente simili allo stridore delle ruote metalliche dei treni, gelavano il sangue nelle vene anche ai più coraggiosi. Nel 1933, la stazione venne abbandonata.

Nel 1935, la leggenda della mummia debuttò sul grande schermo con il titolo di Bulldog Jack. In occasione della prima del film, due donne scomparvero dalle banchine della vicina stazione di Holborn e più tardi dei graffi inspiegabili furono rinvenuti sulle pareti dell’ormai abbandonata British Museum Station.

E questo è veramente tutto (nella stanza numero 62 del British Museum, per chi ne fosse interessato, si può ammirare l’involucro interno del sarcofago che un tempo conteneva la mummia, col codice AE 22542).

Anche in Italia abbiamo una mummia con annessa maledizione: si tratta di Ötzi, l’Uomo del Similaun, vissuto circa 7.000 anni fa, il cui corpo fu rinvenuto il 19 settembre del 1991 da due turisti tedeschi, Erika ed Helmut Simon. Quest’uomo, che forse era un pastore, forse un nobile, forse uno sciamano, ha richiesto il suo contributo di vite: la prima fu quella del dottor Henn, il medico legale che studiò il corpo dopo il ritrovamento, ucciso in un incidente d’auto nel 1992. Nel 1993 fu il turno di Kurt Fritz, un alpinista che partecipò al trasferimento della mummia a Bolzano, travolto da una valanga in una regione con cui aveva molta familiarità. Rainer Hoelzl, un giornalista che aveva girato un documentario sulla rimozione del corpo di Ötzi dal ghiaccio, si ammalò poco dopo di una malattia misteriosa (forse un tumore al cervello) e morì tra atroci sofferenze ma nel febbraio del 2004, ben 13 anni dopo il rinvenimento.

Fu poi la volta di Helmut Simon, il turista che aveva scoperto il corpo di Ötzi. Nell’ottobre 2004 tornò su quelle montagne per festeggiare la vittoria di una battaglia legale che gli aveva riconosciuto la somma di 50.000 sterline come scopritore della mummia. Il suo corpo fu trovato tre settimane dopo, coperto di ghiaccio come la mummia che aveva scoperto, a circa 200 metri dal punto in cui era morto Ötzi. Non aveva ancora firmato i documenti legali per l’assegnazione della somma, così sua moglie non ricevette mai quel denaro. Il capo della squadra di soccorritori che l’aveva cercato, la quarantacinquenne Dieter Warnecke, morì d’infarto, sebbene fosse in perfetta salute, meno di un’ora dopo che Simon fosse sepolto. Altre tre morti si susseguirono nel giro di pochi mesi.

Certo, gli appassionati delle storie di antiche maledizioni ritroveranno in queste morti elementi che stuzzicheranno la loro fantasia, ma bisogna pensare che più di 150 scienziati sono entrati in contatto con la mummia e la maggior parte di loro sta assolutamente bene; ogni anno quasi 250.000 turisti visitano la mummia di Ötzi, tutte persone che a questa ipotetica maledizione non credono affatto.

(ottobre 2018)

Tag: Simone Valtorta, mummie dell’antico Egitto, maledizione di Tutankhamon, Valle dei Re, Conte di Carnarvon, Howard Carter, maledizioni delle mummie, Percy Newberry, Lindsley Foote Hall, Arthur Cruttenden Mace, Lady Evelyn, Ramesse II, Museo del Cairo, Douglas Murray, British Museum, Titanic, Bulldog Jack, Ötzi, Uomo del Similaun, Helmut Simon, dottor Henn, Kurt Fritz, Rainer Hoelzl, Dieter Warnecke, maledizione di Ötzi.