«Metter quattro fichi in mano», i diversi significati simbolici dietro al dolce fico
Storia del fico, un viaggio nel tempo tra gastronomia, cultura e tradizioni religiose

La storia di oggi è molto golosa e ha come protagonista il fico. Questo zuccheroso frutto è legato strettamente alla storia dell’uomo che si è ingegnato in diversi modi pur di conservarlo per tutto l’anno e commercializzarlo, lo ha anche venerato e infine oggi tale antico frutto viene sempre riscoperto.

Cesto di fichi

Cesto colmo di fichi, affresco della Villa di Poppea, Pompei (Italia)

Il fico e i suoi diversi significati simbolici

L’albero di fico e i suoi frutti sono sempre stati presenti nella cultura, nella storia dell’uomo mediterraneo e nella storia dell’uomo cristiano, infatti, limitandomi al mondo greco-romano, fu venerato dagli antichi perché simbolo di fertilità, vita e prosperità poiché dai suoi rami spezzati fuoriesce un liquido bianchiccio che ricorda il latte materno, simbolo di nutrimento.

I Romani lo veneravano, anzi, lo rispettavano perché sacro a Marte, padre, secondo la leggenda, dei gemelli Romolo e Remo che, abbandonati lungo il Tevere, trovarono protezione sotto la folta chioma di un fico e furono nutriti da una lupa. Tale albero fu ribattezzato «fico ruminale» la cui origine etimologica, secondo due diverse interpretazioni fatte dagli stessi antichi, poteva derivare sia da mammella, in latino «ruma», chiaro riferimento alla resina bianchiccia, oppure da Romolo, fondatore di Roma. Esso era così venerato e rispettato che occupava il centro del foro perché considerato fausto.

Inoltre, era sacro anche al greco Dioniso, dio per eccellenza della fertilità, sostituito dalle nostre parti da Priapo che assimilò anche la foglia di fico come uno dei suoi vari simboli.

Nella religione cristiana, invece, le foglie di fico intrecciate tra loro vestirono le nudità di Adamo ed Eva dopo che ebbero mangiato il frutto della conoscenza; osservando attentamente i tanti rilievi medievali che impreziosiscono le imponenti facciate di chiese e cattedrali, come ad esempio quelli presenti sulla facciata del duomo di Orvieto i quali raffigurano su pietra le scene tratte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento scolpiti da Lorenzo Maitani con un gusto narrativo ricco di dettagli realistici, quindi, secondo una lettura iconografica, per tutto il Medioevo, l’albero del sapere era raffigurato con le sembianze di quelle di un fico essendo considerato da secoli il simbolo per eccellenza di nutrimento, in questo caso dello spirito e della mente. Nel tempo e in seguito ad un fraintendimento linguistico la parola «pomo», che indicava un qualsiasi tipo di frutto, fu tradotto in «mela» e il mediterraneo albero di fico fu sostituito da quello di mele.

Il peccato originale

Lorenzo Maitani, Il peccato originale, bassorilievo del Duomo di Orvieto (Italia), prima metà del XIV secolo


I tanti modi di mangiar fichi

«Metter quattro fichi in mano» è uno dei tanti detti antichi che mostrano come il fico è stato per secoli l’indiscusso protagonista dei frugali pasti contadini, ma nel tempo, però, il suo ruolo sulla tavola è cambiato.

L’albero di fico è originario dell’Arabia Meridionale e fu portato lungo le coste meridionali della nostra penisola durante la colonizzazione greca. Il clima fu così favorevole che questi alberi, in particolar modo nella loro varietà bianca, si diffusero lungo tutte le coste caratterizzando, insieme all’albero d’ulivo, buona parte del nostro paesaggio rurale.

Alla loro diffusione contribuì certamente la bontà del frutto che poteva essere mangiato per quasi tutto l’anno una volta essiccato al caldo sole del Sud, in questo modo divenne uno degli alimenti principali della dieta di chi lavorava la terra, come ci informano Catone e Varrone nei loro scritti, di chi viaggiava, come testimoniano i diari di bordo quattrocenteschi.

Per la facilità di essiccazione e di commercializzazione divenne uno dei prodotti più apprezzati e venduti nel Mediterraneo e da frugale piatto da asporto per contadini e marinai, perché zuccheroso ed energetico, divenne frutto lussuoso e i nobili signori facevano di tutto per averlo sulle loro tavole, così da semplice cibo divenne una leccornia e una prelibatezza per pochi fino ad arrivare a cibo speciale da consumarsi in determinate ricorrenze.

Infatti, in Campania durante i giorni che precedono il Natale si trovano sui banconi dei mercati le cosiddette «ciociole», ovvero frutta essiccata quali: albicocche, prugne, uva sultanina, datteri e soprattutto i fichi bianchi provenienti dal Cilento, preparati in diversi modi.

Il fico del Cilento dop, è un ecotipo derivato dalla cultivar madre «dottato», varietà presente in tutto il Mezzogiorno. Questi fichi sono preparati in diverso modo; semplicemente essiccati vengono chiamati «e pupatelle», in italiano «moscioni», perché tonde e dolci, oppure essiccati, cotti al forno ed aromatizzati con alloro, detti «a corone fichi» così chiamati perché i fichi, prima di infornarli, vengono infilati, come una corona appunto, in un ramo sottile e duttile di un lauro. Inoltre vengono impastati insieme alla mela cotogna, cacao e cioccolato ricavandone un dolce semplice che viene solitamente chiamato «a cotognata».

Queste prelibatezze sono solo alcune delle tante meraviglie gastronomiche che si possono apprezzare girando per la Campania, ce ne sono altre legate anche alle singole tradizioni familiari e dimostrano come i fichi fanno parte non solo della dieta ma anche della tradizione dolciaria campana. L’albero di fichi caratterizza non solo il paesaggio rurale campano, infatti, accanto alla varietà di fico bianco cilentano, ci sono altre due varietà presenti nell’entroterra lucano, che negli ultimi anni si stanno riscoprendo, sono quelle dei fichi «Saverio» e «Fico rosa di Pisticci» ma ci sono tante altre varietà che si trovano al Sud della nostra Penisola e che possiamo riscoprire grazie alle vacanze, non posso quindi che augurarvi buone vacanze e buona degustazione.

Articolo in media partnership con polveredilapislazzuli.blogspot.it
(luglio 2017)

Tag: Annalaura Uccella, metter quattro fichi in mano, Campania, Lucania, storia del fico, mondo greco-romano, Marte, Romolo e Remo, albero di fico, Dioniso, Priapo, foglie di fico, Adamo ed Eva, duomo di Orvieto, fico ruminale, Vecchio Testamento, Lorenzo Maitani, significati simbolici del fico, Medioevo, pomo, Nuovo Testamento, Arabia Meridionale, fichi bianchi del Cilento, Catone, Varrone, fico, Mediterraneo, diari di bordo quattrocenteschi, fichi, e pupatelle, a cotognata, a corone fichi, fico rosa di Pisticci, Ficotto, fichi caramellati, fichi al miele, fichi al peperoncino, fichi lucani.