La Cina, questa «sconosciuta»
Non solo covid

Se oggi osserviamo la Cina riscontriamo due piani separati. Quello più scintillante ma anche superficiale, caratterizzato dall’urbanistica innovativa, dalle grandi tecnologie, dalla magnificenza produttiva. La seconda faccia, quella più nascosta, riguarda la maggior parte della popolazione che si attesta su un miliardo e mezzo di persone. Povertà, diritti calpestati, libertà negate, obbedienza e connivenza. In Cina Facebook è proibito. Hanno loro social interni, e questo vale anche per gli stranieri che transitano sul territorio. L’ultimo grande Stato Comunista in circolazione. Ufficialmente le istituzioni sono quelle che caratterizzavano il vecchio Stato Maoista. Potrà essere un virus a frenare le mire espansionistiche della terza Nazione più grande del mondo per espansione territoriale?

Che cosa governa davvero la Cina? Le sue strategie commerciali e, di riflesso, politiche, vedono rapporti complessi ma stabili con gran parte dell’Africa, il Sud America, il Nord Europa, la Russia, il Medio Oriente. Scontro frontale invece con gli Stati Uniti. Si parla di conflittualità commerciale, militare, tecnologica, di connettività (il caso Huawey 5G) e così via. Prima della pandemia, sono franca, temevo che dalla Cina arrivassero cattivi segnali relativamente agli armamenti. Perché la crescita della Cina come potenza globale ha reso inevitabile un rafforzamento della sua potenza militare. Questo rafforzamento, che tutti riscontriamo nello spazio extra atmosferico (satelliti che cadendo spesso possono generare tragedie e invero ciò non riguarda solo la Cina) e cibernetico. Fino ad ora la Cina è stata considerata una potenza nucleare «moderata», anche se di moderato non c’è nulla nel dotarsi di armi nucleari. Nel 1964, anno del primo test atomico cinese, la potenza asiatica dichiarò che non avrebbe mai per prima usato il potenziale atomico. Le sue testate per la verità sono dieci volte «inferiori» rispetto a Stati Uniti e Russia. Si attesta cioè sul livello di Francia, Regno Unito, India e Pakistan.

Queste sue dichiarazioni cozzano però con la natura unilaterale di queste affermazioni d’intento e di fatto non viene sottoposta tale «volontà» a verifiche. Per esempio la Cina, con gli stati Uniti è uno dei pochi Paesi a non aver ancora aderito al trattato Ctbt che proibisce gli esperimenti nucleari. Questo trattato è considerato fondamentale per la Pace e la sicurezza internazionale…

Prima della pandemia si era riscontrato che Pechino stava costruendo 120 silos missilistici nella provincia di Gansu. Scoperta peraltro non confermata né smentita. Purtroppo anche l’Europa, che pure ha intessuto nutriti rapporti commerciali con la Cina, non ha ancora posto in agenda un costruttivo dialogo strategico col colosso asiatico.

La nuova Via della Seta che Xi Jinping persegue vorrebbe, almeno a parole, sradicare completamente la povertà nel 2021 (?); per il 2035 un livello di ricchezza adeguato per tutta la popolazione e per il 2049 configurarsi come moderno Paese Socialista, a un secolo di distanza dalla proclamazione della Repubblica Popolare Cinese.

La realtà è ben diversa. Dai tentativi cinesi di annessione di Taiwan, considerata da Pechino una provincia sottoposta alla sua sovranità, alle continue proteste di Hong Kong, che non accetta di uniformarsi alle regole censorie e dittatoriali che la potenza cinese prospetta.

Al turista e uomo occidentale che frequenta la Cina appare solo la facciata. Difficile definire l’insieme. Mi avvalgo perciò di osservazioni dal passato. Confesso che non conosco la Cina moderna e soprattutto contemporanea se non attraverso racconti filtrati da chi l’ha frequentata per lavoro. Sul piano storiografico universitario, avendo trattato direttamente il Giappone, ho dovuto a suo tempo fare i conti col colosso asiatico. Affascinante la sua connotazione centralistica, con le sue ere storiche, con Imperatori che seppero abbracciare il Paese in un’ottica di continuità, nonostante le distanze e la millenaria vita sociale. Il marxismo-leninismo xinizzato, il maoismo, che a partire dal 1949 collettivizzò l’agricoltura e impose la Grande Rivoluzione Culturale, si poneva storicamente in un’ottica di continuità col millenario sistema imperiale cinese. Naturalmente con l’uccisione di massa di numerosissimi proprietari terrieri e relativa soppressione dei controrivoluzionari (lavori forzati); furono milioni i Cinesi morti per l’occasione. Contemporaneamente l’economia pianificata d’impronta marxista seguì di pari passo la prima Costituzione cinese del 1954. A seguire, dal 1955 una profonda campagna antidestra, che perseguitò migliaia di intellettuali e dissidenti politici, trasformò il Paese in uno Stato Monopartitico. Dopo una grande carestia nel 1958 che falcidiò la popolazione, iniziò la Campagna di Educazione Socialista vera e propria degli anni Sessanta che culminerà nel 1966 in quella Rivoluzione Culturale che fece morire milioni di persone per le persecuzioni e le torture. Storicamente, al Padre della Patria viene attribuito il merito di aver tolto la Cina dalla dominazione straniera, da cui era stata caratterizzata a lungo.

In realtà geograficamente la Cina è molto diversificata e di non semplice classificazione. A Nord troviamo territori che a lungo praticarono la coltivazione del riso a cui si sostituì il frumento. È la zona caratterizzata dal mandarino come lingua più praticata storicamente. Qui la popolazione subì innumerevoli carestie. Le più recenti risalgono al 1876-1879; a seguire l’inondazione del Fiume Giallo del 1887; altra inondazione del Fiume Giallo nel 1938; la carestia cinese del 1942-1943 fu molto rimarchevole anche in questa parte del territorio.

Molto diversa sul piano climatico e della popolazione, la Cina del Nord-Est che corrisponde alla Manciuria e a parte della Mongolia Interna. Qui il clima è particolarmente rigido e le differenze di densità abitativa della popolazione sono enormi rispetto alla parte più popolosa della Cina, il Sud. Shanghai da sola raccoglie il 60% della popolazione urbana.

Grande la capacità colonizzante della Cina, sia finanziaria che umana, vista la numerosa presenza anche in Occidente di insediamenti di popolazione cinese.

Tuttavia è corretto parlare anche delle enormi contraddizioni, soprattutto finanziarie, del colosso asiatico.

Il grande gruppo immobiliare cinese, Evergrande, leggiamo, potrebbe diventare la Lehman Brothers di Pechino. Questa ipotesi spaventa i mercati che temono effetti finanziari disastrosi, dal momento che il colosso è particolarmente indebitato. Addirittura il giornale di Pechino «Caixan» ha fatto recentemente il paragone tra il gruppo immobiliare e la banca che, fallendo, determinò nel 2008 l’inizio della Grande Crisi Finanziaria. Già a partire dal 2017 il Presidente Xi Jinping diede un alto là al business immobiliare del tutto fuori controllo, dichiarando che le case servono per viverci, non per fare speculazione. Si prospetta che il Governo intervenga solo se la crisi generasse crisi di sistema. Cosa da ritenersi probabile. Comunque ciò che preoccupa di più non è tanto la consistenza delle passività di Evergrande ma un eventuale effetto domino perché tutte le imprese immobiliari cinesi risultano altamente indebitate. È probabile che una ristrutturazione statale possa arginare il problema ma è stato proprio il settore immobiliare uno dei settori economici trainanti in Cina. Ed è questo semmai a destare maggiore allarme. Dunque un colosso sì, ma non per questo che naviga in acque del tutto limpide e tranquille. Il colosso che si è avvicinato recentemente alla Russia per ottenere i sui favori in cambio di una crescita economica ancor più ampia ha i suoi buchi neri.

(marzo 2022)

Tag: Elena Pierotti, Comunismo, Mao Zedong, Pechino, Mandarino, Cina, Xi Jinping, Evergrande, Cina moderna.