Ho Chi Minh e il Vietnam
Una tragedia che riguardava diversi popoli

L’organizzazione coloniale francese tendeva diversamente da quella britannica all’assimilazione culturale delle popolazioni e non all’autonomia locale, fatto che spingeva a un sistema di governo più rigido. Nel caso del Vietnam l’amministrazione coloniale presentava luci e ombre. Gli investimenti in infrastrutture erano stati notevoli, la produzione del riso fondamentale per il paese, era sensibilmente cresciuta, ma la tassazione risultava pesante. Organizzazioni antifrancesi nacquero già alla fine dell’Ottocento, alcune delle quali dirette dagli stessi monarchi vietnamiti che formalmente mantenevano il loro alto incarico. Diversamente da Laos e Cambogia che minacciate dalla Thailandia accettavano volentieri il protettorato francese, il Vietnam (minacciato tradizionalmente dalla Cina) era, sia fra i ceti tradizionali (i mandarini) che fra le numerose società segrete e il popolo comune, più ostile agli europei.

Si pone il problema se la guerra combattuta dopo il 1946 sia da considerarsi una guerra anticolonialista e a rendere più complessa la questione abbiamo un inizio delle ostilità piuttosto incerto. Dato per scontato il diritto all’indipendenza del Vietnam, abbiamo comunque la questione di chi fosse legittimato a governarlo, mentre le violenze contro i residenti francesi spingevano il governo di Parigi (fatto difficilmente contestabile sotto il profilo giuridico) a mantenere una presenza militare per la loro protezione.

L’inizio del complesso rapporto tra Francia e Vietnam si ebbe nell’Ottocento, i francesi intervennero in quel paese ai tempi di Napoleone III per difendere missionari e cattolici duramente perseguitati. Nel 1883 si ebbe il protettorato e in pratica lo smembramento della nazione vietnamita. L’imperatore vietnamita non venne rimosso dal potere ma subì delle limitazioni molto pesanti da parte dei francesi. L’occupazione giapponese del paese nel 1940 (lasciando formalmente al potere le autorità di Vichy) indebolì la presenza francese e portò il paese alla carestia. Quando i giapponesi nel 1945 si ritirarono, il monarca non oppose alcuna resistenza ai rivoluzionari comunisti che attraverso il consenso e la violenza furono in grado di esercitare il potere sul paese. Il governo francese del quale facevano parte anche socialisti e comunisti accordò immediatamente alle tre nazioni indocinesi l’indipendenza ma all’interno dell’Unione Francese, progetto ritenuto eccessivamente vincolante e sperequato a favore degli europei. L’evoluzione politico-costituzionale di Laos e Cambogia farebbe ritenere che comunque l’indipendenza concessa non fosse fittizia. Il comportamento di Ho Chi Minh che alternava atti di violenza (anche contro vietnamiti indipendentisti non comunisti) a proclami pacifici rendeva ancora più ardua la comprensione della guerra franco-vietnamita.

Come in altri paesi asiatici le proteste contro gli europei nel periodo fra le due guerre vennero organizzate da movimenti relativamente moderni con una base popolare e un programma socialista. Nel 1927 sorse il Partito Nazionalista Vietnamita sul modello del Kuomintang cinese e tre anni dopo diversi partiti comunisti in maggioranza di tendenze trotzkiste. Si ebbero le prime rivolte (innescate dalla crisi mondiale del ’29) a cui parteciparono le truppe ausiliari vietnamite e con esse si ebbe la formazione di Soviet rurali e l’uccisione di centinaia di proprietari terrieri. Il partito comunista capeggiato da Ho Chi Minh presentava un programma particolarmente duro, oltre all’indipendenza prevedeva confische generalizzate, «governo di operai, contadini e soldati», milizia operaia, pesanti sperequazioni verso i residenti francesi, godeva di finanziamenti e armi dall’Unione Sovietica ed era quindi destinato a primeggiare.

Ho Chi Minh, l’uomo dall’aria ascetica, visse per un periodo in Francia dove fu tra i fondatori del Partito Comunista Francese nel 1920, ma visse molto a lungo a Mosca e in Cina per conto del Comintern. Il nome col quale lo conosciamo non è il nome autentico ma uno pseudonimo il cui significato è «il portatore di luce», una certa dose di messianesimo era presente nell’ideologia del partito da lui presieduto caratterizzato da una disciplina particolarmente rigida. La sua organizzazione in lotta contro i giapponesi beneficiò degli aiuti militari angloamericani, ma già prima del ritiro dei nemici nell’estate del 1945 iniziò il massacro di trotzkisti, nazionalisti «borghesi», nonché cattolici, evento che continuò fino al 1946 con la quasi totale eliminazione dei movimenti antifrancesi diversi da quello stalinista. Quando Ho Chi Minh proclamò la repubblica indipendente si appellò agli Stati Uniti e, fatto piuttosto singolare, il discorso di proclamazione venne ricopiato dall’Atto di Indipendenza americana.

Secondo lo storico francese Jean Louis Margolin nell’agosto del ’45 i comunisti organizzarono l’uccisione di migliaia di persone e il sequestro di un numero ancora maggiore di francesi e vietnamiti (le cronache riportano anche l’attacco e l’incendio del mercato centrale della capitale, nonché l’uccisione degli ingegneri britannici incaricati del ripristino degli acquedotti), evento finalizzato alla conquista del potere da parte degli uomini di Ho Chi Minh, anche se in base alle disposizioni della Conferenza di Potsdam per l’evacuazione delle truppe giapponesi, il nord sarebbe stato presidiato dalle truppe cinesi nazionaliste e il sud dagli inglesi che liberarono i cittadini francesi sequestrati. Entrambe le potenze cedettero comunque le loro posizioni alle truppe francesi che sbarcarono in Vietnam nell’ottobre 1945 e iniziarono subito i negoziati col partito comunista al potere.

Il 6 marzo 1946 venne raggiunto l’accordo che prevedeva l’indipendenza e l’adesione all’Unione Francese nonché il diritto dei francesi di mantenere un certo numero di reparti a protezione dei cittadini di Francia e Cina, questi ultimi molto presenti in certe regioni con delle attività economiche importanti. Per la definizione di alcune questioni si tennero altri colloqui che riguardavano soprattutto la Cocincina che presentava una situazione particolare. Contemporaneamente ai negoziati si ebbe la continuazione delle violenze e arresti in massa di decine di migliaia di persone ritenute comunque ostili ai nuovi detentori del potere.

Nonostante il clima di tensione e la difficile situazione economica per alcuni mesi la situazione sembrava non degenerare in aperta ostilità finché non si ebbe il 20 novembre un grave scontro conosciuto con il termine poco corretto di massacro di Haiphong, trattandosi di uno scontro militare. I vietnamiti fecero fuoco su una nave da guerra francese e diedero l’assalto ai quartieri francesi e cinesi, la suddetta nave rispose al fuoco, il numero di morti (soprattutto militari) provocati da essa è controverso, alcuni parlano di migliaia, altri di un centinaio. Il giorno 22 i francesi accettarono che la città fosse soggetta alla giurisdizione vietnamita purché i quartieri stranieri fossero salvaguardati.

La situazione poteva ancora essere salvata, i negoziati proseguivano e il 16 dicembre andò al potere in Francia il socialista Leon Blum, ma tre giorni dopo i vietnamiti attaccarono anche con mezzi pesanti civili e militari francesi ad Hanoi e in tutto il resto del paese. L’inizio delle ostilità nella città di Hanoi, dove i reparti francesi erano isolati, è in parte controverso, i francesi intimarono il disarmo dei gruppi armati comunisti, ma l’attacco vietnamita risultava altamente coordinato e non frutto di una reazione immediata. Lo scontro fu durissimo e i Vietminh (il gruppo antifrancese dominato dai comunisti) ricorsero anche alla cattura di ostaggi, fra i quali un centinaio di bambini, per raggiungere i loro obiettivi. La battaglia di Hanoi fu lunga (due mesi), sanguinosa e comportò una enorme fuga di civili a causa delle violenze e della fame, ma al termine i comunisti dovettero ritirarsi verso le montagne ai confini con la Cina. I francesi successivamente richiamarono l’ex imperatore Bao Dai ma la difficile guerra durò a lungo nonostante gli aiuti americani che inizialmente avevano preso posizione contraria a un ristabilimento dell’ordinamento coloniale.

L’intervento della Francia fu molto oneroso anche in fatto di vittime, nel ’52 Laos e Cambogia vennero invasi dai Vietminh, comunque nel 1954 dopo la morte di Stalin si arrivò a un trattato di pace che prevedeva la creazione di uno stato nel nord retto dai comunisti e quello del sud retto dall’imperatore. La pace non portò grandi benefici, il Vietnam del Nord conobbe una evoluzione simile alla Cina di Mao, mentre al Sud continuavano le violenze.

Già prima della fine del conflitto Jean Louis Margolin riporta che nei territori controllati dai comunisti vigesse la regola della eliminazione del 5% della popolazione, ovvero della eliminazione di quelli che appartenevano alle categorie dei proprietari terrieri e dei borghesi (circa 50.000 individui). Quando si instaurò il governo del Vietnam del Nord si ebbe immediatamente la fuga di circa 800.000 vietnamiti verso il Sud, in gran parte cattolici, mentre i civili francesi avevano già abbandonato negli anni precedenti il paese. Nello stato del sud il capo del governo si sbarazzò dell’imperatore e impose un regime ferreo non solo contro i comunisti ma contro tutti quelli che potevano essere considerati ostili al suo regime.

Nel Vietnam del Nord Ho Chi Minh fu oggetto di culto della personalità (alla sua morte il corpo venne imbalsamato) anche se negli ultimi anni di vita risultava più distaccato dalla vita politica. Pochi mesi dopo la instaurazione dello stato iniziò quella che con un eufemismo è chiamata riforma agraria ovvero la campagna per la «riduzione dell’affitto» e il piano per la eliminazione dei «proprietari feudali». Tali campagne, come anche riportato dallo studioso Rudolph Rummell e dagli studi di Steven Rosefielde, portarono all’uccisione di almeno 50.000 persone (anche in precedenza anticolonialiste) e alla morte di altre 200.000 persone internate (Richard Nixon riteneva la cifra ancora più alta), nonché alla deportazione nei territori più remoti dei cosiddetti intellettuali e l’invio ai lavori forzati di un numero superiore di persone. I risultati della collettivizzazione delle terre e della canalizzazione dei terreni realizzata con mezzi primitivi portò il paese a una grave carenza di cibo e a una rivolta popolare nel 1957 che solo per un breve periodo portò a una limitazione del regime del terrore. Nello stesso periodo si ebbe l’uccisione indiscriminata di funzionari del Vietnam del Sud e di profughi a opera di comunisti locali o provenienti dal Nord. Dopo la morte di Ho Chi Minh si ebbe la purga contro gli elementi ritenuti troppo legati all’Unione Sovietica anche se si mantenevano ottimi rapporti con essa. Dopo la definitiva vittoria del Vietnam del Nord nel 1975 si ebbero centinaia di migliaia di persone internate nei campi di concentramento, la fuga in massa della popolazione, la militarizzazione del paese, la persecuzione delle minoranze etniche e una nuova carestia.

(marzo 2021)

Tag: Luciano Atticciati, Ho Chi Minh, vietcong, vietminh, Bao Dai, guerra del Vietnam, colonialismo, anticolonialisti, Vietnam del Nord, Francia.