Storia dell’Asia contemporanea
Nel corso dell’Ottocento e del Novecento i paesi asiatici si avvicinarono ai costumi occidentali ma rifuggirono dall’idea di democrazia

Nei primi decenni dell’Ottocento l’Inghilterra e l’Olanda iniziarono la colonizzazione dei paesi asiatici, in breve tempo tutti i monarchi asiatici compresero che l’Europa era non solo una grande potenza ma che presentava una cultura, un sistema economico e tecnologico di molto superiore a quello dei loro regni. Si formò quindi fra i vertici politici e le classi superiori l’idea di adottare i costumi occidentali anche se in maniera piuttosto superficiale.

Come nei paesi dell’Africa Nera non islamica, la penetrazione europea attraverso la stipula di protettorati non incontrò grosse difficoltà, molti monarchi e nobili locali trovavano preferibile sottoporsi al controllo dei nuovi paesi stranieri piuttosto che subire le aggressioni e il dispotismo delle più potenti nazioni vicine.

Negli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale in pratica rimanevano non colonizzati la Turchia (Impero Ottomano), l’Iran, l’Afghanistan, la Thailandia, la Cina e il Giappone. Modernizzazione e riforme divennero elementi importanti per le nazioni asiatiche, ma intesi in una maniera fortemente diversa da quella occidentale. Questi si accompagnarono non a una liberalizzazione della società ma a un nuovo e più duro dispotismo basato su ceti diversi (soprattutto militari) da quelli tradizionali, che non avevano grandi capacità né senso dello stato. Gli stati asiatici e più in generale le società di quei paesi iniziarono a perdere fiducia nelle loro tradizioni e si misero a seguire le istituzioni occidentali ma fra queste non diedero rilievo all’idea di libertà, di diritti civili e politici, ovvero li intesero in maniera fortemente distorta.

Il primo paese asiatico a realizzare grandi cambiamenti politici ed economici fu il Giappone, tali cambiamenti non investirono la figura dell’imperatore che non solo non ne uscì sminuita ma anzi rafforzata e fu confermata la sua natura divina. Per molti secoli il Giappone era stato un paese influenzato culturalmente dalla Cina e dalle idee confuciane, la rigida divisione in classi sociali, la responsabilità collettiva per reati commessi da singoli, il senso della sottomissione verso le autorità e un sistema di punizioni durissimo costituivano aspetti fondamentali della società. Il potere effettivo era esercitato dallo Shogun, il capo militare, mentre a livello locale governavano i damyo, simili ai nostri feudatari. A metà dell’Ottocento gli americani e successivamente le potenze europee ottennero il diritto a stabilire delle basi commerciali. Tale innovazione provocò dei gravi contrasti nella società, una parte dei samurai (guerrieri legati ai damyo) diedero vita al movimento del «sonno-joi» («venerare l’imperatore, respingere i barbari») fomentando attentati contro gli stranieri e le stesse ambasciate. L’occidentalizzazione della società procedeva veloce, l’economia progrediva notevolmente, ma all’interno delle nuove aziende, nonostante la presenza di tecnici occidentali, si mantenne uno spirito di disciplina e obbedienza simile ai codici di comportamento samurai. Nel 1889 venne promulgata la costituzione che confermava la sacralità della figura dell’Imperatore, prevedeva come in Austria e Germania la non responsabilità del governo verso il Parlamento e inoltre rese di fatto l’esercito un potere particolarmente forte, non soggetto ad alcun vincolo se non a quello dell’Imperatore. «Spirito Giapponese e Sapere Occidentale» fu il suo elemento caratteristico. Nell’anno successivo venne emanato il Rescritto Imperiale sull’educazione che prevedeva «obbedienza filiale» verso le istituzioni, profondo rispetto per la famiglia, il sacrificio del singolo nell’interesse della nazione. I primi capi politici del paese dopo la caduta dello Shogunato erano alti ufficiali o comunque personaggi fortemente legati al mondo militare. Nel 1900 il governo promulgò la prima legge di polizia sulla sicurezza pubblica («chian keisatsu ho») che proibiva molte attività pubbliche comprese quelle sindacali, mentre la censura proibì la traduzione in giapponese di autori occidentali ritenuti pericolosi per i costumi tradizionali. Nel 1906 si ebbe un primo governo liberale presieduto dal principe Saionji, mentre quattro anni più tardi fu costituita a livello di villaggio l’«Associazione imperiale dei riservisti», allo scopo di tenere la popolazione costantemente preparata alla guerra e fedele alle direttive dello stato, preservando l’ordine sociale e nel 1911 fu stabilita la «Polizia del Pensiero» incaricata di reprimere anche con la violenza gli estremisti antigovernativi per i soli reati di opinione. La situazione politica migliorò, per quasi venti anni lo stato giapponese si resse sulle istituzioni parlamentari, nel 1918 si ebbe il primo governo diretto da un non militare, il capo del partito conservatore, Hara Takashi. Cinque anni dopo avvenne un terremoto che distrusse Tokyo e produsse incendi disastrosi dei quali furono considerati responsabili i coreani residenti, che vennero massacrati a migliaia. Nel 1932 si ebbe l’ultimo capo di un governo civile, dopo di che tornarono al potere gli alti ufficiali in un contesto politico diverso da quello degli anni precedenti. La crisi economica del ’29 come in altri paesi aveva creato un clima di sfiducia verso la democrazia, gli alti ufficiali riacquisirono la loro indipendenza. Nel 1919 si era formato un partito politico a opera dello scrittore Kita Ikki vicino al fascismo, nazionalista e fortemente socialista. Tale partito si prefiggeva l’abolizione totale delle istituzioni democratiche, l’espropriazione delle terre e delle ricchezze della borghesia, oltre a una politica di conquista coloniale, la rivalutazione delle comunità rurali e l’avversione per le idee occidentali. Nel 1937 il governo a prevalenza militare emanò un nuovo corso di indottrinamento scolastico incentrato sull’annullamento della persona e l’esaltazione dell’obbedienza filiale verso l’imperatore. L’aggressione alla Cina e successivamente agli Stati Uniti portò, come sappiamo, il paese nipponico al disastro.

Come abbiamo visto, la politica in Giappone venne gestita sostanzialmente da gruppi elitari molto ristretti, negli altri paesi asiatici non colonizzati si ebbe una maggiore partecipazione di movimenti popolari anche se il predominio apparteneva sempre ai militari, ufficiali in genere di rango non elevato. In Turchia, in Cina e in Iran in particolare, la rivoluzione fu portata avanti da militari che prima di spodestare i rispettivi monarchi erano stati al loro servizio.

La Cina da molti secoli era retta da un imperatore – il Figlio del Cielo – e al di sotto da una piramide di funzionari scelti secondo criteri particolarmente rigorosi, ma nel corso dell’Ottocento il paese, oltre che sconvolto da rivolte a sfondo religioso o settario, era in crisi sul piano economico e molti iniziarono a perdere fiducia nel pensiero e nelle istituzioni confuciane.

Fra le nazioni che abbiamo preso in esame, la Cina fu l’unica a esprimere un uomo di cultura di un certo rilievo, Sun Yat Sen, un socialista che intendeva procedere a una distribuzione egualitaria delle terre, un nazionalista e quindi contrario ai privilegi delle potenze straniere sul paese e favorevole all’espulsione dei «barbari manciù», l’etnia della dinastia imperiale, nonché a una democrazia illiberale. Le sue idee ebbero largo seguito fra i militari, ebbe il sostegno dell’Unione Sovietica e ciò lo rese un politico di notevole rilievo.

La dinastia Qing di origine mancese (popolazione del nord della Cina) non era per le sue origini amata dalla popolazione cinese. Ai primi del Novecento ci fu una riforma di governo in senso occidentale ma che non diede grandi risultati. Si ebbero poi nello stesso periodo gravi intrighi di corte e in particolare la reclusione all’interno del palazzo reale dell’imperatore da parte della imperatrice vedova Cixi.

Dopo la morte anche di Cixi nel 1908, divenne reggente il principe Chun, fratello dell’imperatore che di fatto fu l’ultimo esponente della dinastia a disporre di un potere reale. Quando scoppiò la rivoluzione nel sud del paese la corte imperiale si trovò costretta a richiamare il generale Yuan Shikai come primo ministro, ritenuto l’unico in grado di controllare la difficile situazione. Nel giro di brevissimo tempo si ebbero nella antichissima e immobilista Cina sconvolgimenti politici che portarono alla repubblica.

La rivoluzione era scoppiata a Wuchang nel sud del paese il 10 ottobre 1911 per una causa non particolarmente rilevante dal punto di vista storico, la nazionalizzazione di alcune ferrovie che danneggiava un gruppo di investitori cinesi. La città venne presidiata dai capi militari del luogo e nel corso della rapida espansione della rivolta vennero massacrati gli abitanti manciù della regione. I militari richiamarono Sun Yat Sen in esilio che divenne presidente nel gennaio successivo. Il nuovo governo fu anch’esso molto breve, tentò un accordo con Yuan Shikai ma questi, dopo aver imposto l’abdicazione di Chun si impadronì di tutto il potere. Yuan Shikai, uomo di nobili origini, governò prima come presidente, poi si autonominò imperatore e governò con metodi autoritari ma senza introdurre sovvertimenti nella società cinese. Quando nel 1916 l’anziano generale morì, Sun Yat Sen riprese il potere a Canton ma il nord del paese si disgregò in un gran numero di regioni governate dai cosiddetti «Signori della Guerra».

Nel 1919 si ebbe il cosiddetto «movimento del 4 maggio» che costituì un momento importante per i moti studenteschi nazionalisti contrari alla presenza invadente degli stranieri. Anche in seguito a essi si rafforzò il potere del Kuomintang (partito nazionale del popolo), il movimento politico fondato da Sun. Dopo la morte del leader, nel 1925 gli successe il generale Chiang Kay Shek che iniziò la riconquista del nord della Cina dominata dai suddetti signori della guerra e ruppe i rapporti con i comunisti che controllavano la città di Shangai e furono costretti alla fuga. Sia Sun che Chiang dovettero rinunciare al loro programma socialista pur cercando di mantenere buoni rapporti con l’Unione Sovietica che manteneva i suoi antichi privilegi su territori e infrastrutture del paese.

Nel 1928 Chiag Kay Shek con il suo esercito riuscì a sottomettere i riottosi signori della guerra, a ridimensionare notevolmente i privilegi stranieri e a ripristinare l’unità della Cina. Seguì un periodo di stabilità e di maggiore benessere economico grazie all’introduzione di un’economia con minori vincoli, oltre all’eliminazione delle usanze più antiquate come la fasciatura dei piedi delle donne. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale la Cina venne considerata una delle quattro potenze vincitrici ma nel 1949, come sappiamo, i comunisti, forti nelle campagne, riuscirono a prevalere.

La Thailandia fu uno dei paesi relativamente più stabili fra quelli che mantennero l’indipendenza. Già ai primi dell’Ottocento Rama I introdusse dei cambiamenti economici in senso moderno e favorì l’immigrazione di commercianti cinesi. Un suo successore, Rama IV, migliorò i rapporti con i britannici con conseguenze positive sul piano economico. Rama V accentrò su di sé il potere, con l’aiuto dei molti fratelli, mettendo in disparte l’aristocrazia. Rama VI riuscì a ridimensionare i privilegi stranieri sul paese ma le enormi spese di stato portarono il paese a una difficile situazione economica, aggravatasi dopo la sua morte dalla crisi internazionale del 1929. Si ebbe così nel 1932 un colpo di stato incruento portato avanti da studenti e ufficiali in parte di tendenze socialiste che introdusse la monarchia costituzionale ma pochi anni dopo venne respinta la redistribuzione delle terre e i capi militari, sebbene in continuo contrasto fra loro, presero il predominio. Il nuovo capo Phibun si ispirò ai regimi totalitari italiano e tedesco e fu oggetto di culto della personalità.

Nel 1889 nasceva in Turchia l’associazione dei «Giovani Turchi» conosciuta anche come «Comitato Unione e Progresso», l’organizzazione aveva in parte i caratteri della società segreta ed era formata da studenti ma soprattutto da militari. A essa aderì anche Mustafa Kemal futuro grande leader del paese che, entrato nell’esercito come semplice soldato, scalò ben presto le gerarchie.

Nel 1908 una insurrezione militare guidata da questo gruppo impose al sultano, ridotto a una figura simbolica, il proprio governo. Il nuovo regime realizzò una maggiore centralizzazione dello stato retto da una dittatura militare, ma non riuscì a controllare le tendenze separatiste nei Balcani né la guerra con l’Italia per la questione libica. Durante la Prima Guerra Mondiale il governo diretto da Enver Pascià decise una politica di annientamento dei popoli non turchi e fu responsabile di spaventosi eccidi verso gli armeni, gli aramei e i greci. L’Impero Ottomano venne sconfitto, ciò portò alla sua dissoluzione e alla fuga dei membri del governo. Si ebbe per un breve periodo un governo moderato che accettò le dure condizioni dell’armistizio e lo smembramento dell’Impero.

I paesi vincitori occuparono alcune parti dell’Impero Ottomano, occupazione che venne considerata dalla popolazione un’umiliazione, ma l’evento più grave fu la guerra con la Grecia, in una situazione confusa essendoci pesanti contrasti all’interno dei due stati contendenti. Nel maggio 1919 i greci sbarcarono a Smirne che come tutta la costa anatolica era abitata da popolazioni greche e successivamente si diressero nelle zone centrali abitate da turchi compiendo numerosi massacri. Nel corso dell’offensiva greca il generale Kemal riuscì a prendere il comando di gran parte dell’esercito e con il sostegno della Russia sovietica combatté le truppe del governo turco e quelle greche ottenendo importanti successi e diventando capo di governo nel maggio 1920. Si ebbero massacri di greci e l’incendio della città di Smirne, nonché un duro accordo con il quale vennero espulsi i greci dall’Anatolia e i turchi nella zona europea della Turchia. Il capo del nuovo governo che liberò il paese dalla presenza straniera venne considerato un personaggio eccezionale oggetto di un culto della personalità. Pur continuando la politica del predecessore Enver, introdusse cambiamenti politici maggiori. Il sultanato venne completamente abolito, si ebbe l’occidentalizzazione non solo delle istituzioni ma anche della vita privata delle persone, un forte ridimensionamento del clero mussulmano, nonché violenze contro i curdi, l’ultima etnia straniera presente nel paese. Kemal assunse il nuovo nome di Ataturk (padre dei turchi) e divenne il presidente della repubblica nonché dittatore a vita. Nonostante alcune questioni territoriali, Kemal mantenne buoni rapporti con l’Unione Sovietica e cercò di realizzare nuove strutture economiche senza l’apporto di capitali occidentali.

Gli eventi in Iran sembravano molto simili a quelli della vicina Turchia. Come Ataturk, Reza Pahlavi, proveniente da una famiglia di non alto rango, ebbe una brillante carriera militare. In un paese arretrato con deboli istituzioni, nel 1923 il futuro shah divenne capo del governo (con il sostegno militare e quello dell’assemblea rappresentativa) e successivamente monarca egli stesso. Introdusse importanti riforme sul modello turco tese a modernizzare il paese, sottomettere allo stato il clero e i capi tribù e realizzò alcune importanti infrastrutture economiche. I suoi metodi di potere erano considerati molto duri e violenti anche dai componenti del suo entourage, per la sua contrarietà ai britannici sulla questione del petrolio negli anni Trenta e durante la Seconda Guerra Mondiale fu costretto da russi e inglesi ad abdicare.

L’Afghanistan fu nel corso dell’Ottocento conteso fra Russia e Gran Bretagna, nel 1919 salì al trono re Amanullah che introdusse successivamente delle riforme sul modello turco, inimicandosi molte tribù e il clero mussulmano. Nel 1929 di fronte a una potente opposizione militare fu costretto ad abdicare, il suo successore non ebbe fortuna, nel 1933 venne assassinato da uno studente di Kabul.

Come abbiamo visto, il forte peso dei capi militari in tutti i paesi asiatici di questo periodo fa pensare più a una crisi etico-politica interna che all’acquisizione dei nuovi valori occidentali.

(aprile 2022)

Tag: Luciano Atticciati, Asia contemporanea, Giappone, Cina, Thailandia, Turchia, Iran, Afghanistan, Yuan Shikai, Sun Yat Sen, Chiang Kay Shek, Kemal Pascià, Ataturk, Reza Pahlavi, Enver Pascià, occidentalizzazione, storia dell’Asia contemporanea.