Ricordi di Alesso Baldovinetti, pittore fiorentino del XV secolo
Osservazioni tratte da uno scritto del XIX secolo di un letterato, compagno di studi e collaboratore di Giosuè Carducci[1]

Nel corso del XIX secolo diversi letterati ed uomini di cultura presero ad apprezzare in modo esponenziale la nostra storia artistica, proprio quando la Nazione Italiana, e non è casuale, era in fieri o appena formata. Rivalutare se stessi, scoprire le radici della nostra storia divenne essenziale durante il nostro lungo Risorgimento, diventò davvero un modo per unirsi con gli strumenti che si avevano a disposizione e che più contraddistinguevano il nostro passato. A volte lo si fece in modo troppo essenziale e mettendo al centro delle osservazioni critiche proposte un qualche manierismo. Ma in ogni caso l’impegno di tali autori ed intellettuali rimane indiscutibile.

Alesso Baldovinetti viene spesso erroneamente citato come Alessio. Egli nacque a Firenze nel 1425 ed ivi morì nel 1499. Divenne un celebre pittore, nelle cui opere è rintracciabile l’influsso del Beato Angelico, con il quale collaborò alla decorazione delle ante dell’armadio della Basilica della Santissima Annunziata, a Firenze. Domenico Veneziano fu con ogni probabilità suo maestro, e con questi instaurò un confronto artistico considerato dagli storici dell’arte fra i più interessanti del Rinascimento. Tra le sue opere più famose un’Annunciazione, presente agli Uffizi; una Madonna al Louvre; e una seconda Annunciazione, custodita nella chiesa di San Miniato al Monte, in provincia di Firenze. Conosciuto mosaicista, si occupò dei restauri della cupola del Battistero di San Giovanni.

Madonna col Bambino

Alesso Baldovinetti, Madonna col Bambino, circa 1470, Museo del Louvre, Parigi (Francia)

Sappiamo che più di ogni altro il secolo XV fu fecondo di bellissimi ingegni nelle arti del disegno, e senza dubbio d’impronta veramente originale e nostrana. Mentre i primi del XIV si erano lentamente, e non del tutto staccati da quella maniera e composizione tradizionale, che dagli storici venne chiamata bizantina, «in questo si cercò il bello, che nasce dal vero e dallo studio del naturale con infinita pazienza ed amore; contento l’artefice [in questo caso il riferimento è proprio al Baldovinetti] di guadagnare ogni dì alcuna cosa, e avvicinarsi a quel tipo che contemplava, e non poteva per imperfezione di pratiche e di metodi del tutto raggiungere.

Nulla di meno, l’amore di novità e le convenzioni accademiche non erano sorte ancora in quell’epoca[2] e, mentre i maestri si studiavano di far meglio, rimanevano originali, traendo dai costumi e dai pensieri del tempo i loro concetti. Gli ordinamenti delle repubbliche contribuivano a ciò, poiché se non era viva l’antica libertà, la nuova e più sfacciata tirannia non ardiva mostrarsi; e i potenti cittadini, che agognavano la signoria, si facevano scala ad essa con la ricchezza dei fabbricati e la magnificenza verso i letterati e gli artisti. Principalmente in Firenze tenne siffatto modo Cosimo, il Padre della Patria e i suoi successori di poi, grandissimo fra i quali fu Lorenzo, che bene a ragione venne detto il Magnifico. Per esso sorsero i più eleganti edifici, ornati con l’opera di reputati maestri, e dall’atto si raccolsero i migliori fra i codici greci e latini, che di cosa rarissima erano, poterono venire a mano dei dotti meno agiati, che di lui principe cortese, letterato e gentile poeta, cercavano il favore, e lo colmarono di lodi. Le arti, abbellendosi, non perdevano la primitiva semplicità, e i maestri proseguirono a lavorare nelle botteghe, e a dilettarsi di quelle burle, che tanto ci rallegrano raccontate dalla schiettezza dei novellieri, ed oggi nel nostro vivere manierato e superbo ci parrebbero goffaggini arcadiche. Le lettere cessando di essere puramente privilegio dei dotti e dei chierici, penetrate nel popolo, giovarono grandemente alle arti, che sovente da esse trassero la ispirazione. Di questa borghesia delle lettere, come giustamente la chiama il Carducci,[3] sono testimonio le novelle del Sacchetti, le canzoni a ballo, i canti carnascialeschi, le rappresentanze, le leggende, i Poemi di Cavalleria».[4] L’Opera del 1868, da cui ho tratto queste osservazioni, così prosegue, cercando di fotografare un’epoca: «In mezzo a questo secolo [il XV], ove tutto rideva di giovinezza e di vita, nacque Alesso Baldovinetti, valente pittore fiorentino. Il padre di costui, Baldovinetto, attendeva alla Mercanzia, ma egli non volle che seguire il suo ingegno, amando l’arte anziché il guadagno. Il Baldinucci lo fa scolaro di Paolo Uccello, congetturandolo forse dalla sua maniera; ma non se ne ha notizia veruna. Certo è che studiò nella cappella de’ Brancacci le stupende opere di Masaccio, all’esempio delle quali si educarono tanti valorosi dipintori. Fu Alesso diligentissimo nelle cose sue, e di tutte le minuzie, che la madre natura sa fare, si sforzò essere imitatore. Ebbe la maniera alquanto secca e crudetta, massimamente ne’ panni. Dilettossi molto di far paesi, ritraendoli dal vivo e naturale, come stanno appunto».[5]

La vita di questi pittori, anche famosi, era continuamente sottoposta alle più varie vicissitudini in quanto soggetta alla volontà del singolo Principe e/o potente datore di lavoro di turno. Anche Alesso non fece eccezione.

«Si affaticò molto nel trovare nuove pratiche [il Baldovinetti], specialmente nel Mosaico, tanto che fu eletto, sua vita durante, conservatore e racconciatore di quelle di San Giovanni.[6] Morì il 30 agosto 1499 [era nato il 14 ottobre 1427] e fu ascritto alla Compagnia de’ pittori il 1448.[7] Il suo testamento fu rogato [si tratta di una curiosità che fotografa ulteriormente il periodo] da Ser Piero di Leonardo da Vinci,[8] notaio fiorentino. Lasciò un libro di Ricordi, che si conserva nell’Archivio di Santa Maria Nuova a Firenze, notevolissimo per la storia dell’arte, che non giova a stabilire le date di alcune sue opere, ma a fornire importanti notizie sopra altri maestri».[9] Lo stile di vita di questi pittori ed uomini d’arte era legato a scambi commerciali talvolta anche frugali, altre volte dettati esclusivamente dalla loro professione.

«Riceve [il Baldovinetti] da Bernardo da Agabito de’ Ricci un pugna in vendita, del quale pugnale gli debbe dare uno zolfo di Maso Tommaso Finiguerra.[10] Tornito a sue spese per sei grossi d’argento. [Tra i numerosi personaggi di cui si circondava annoveriamo] nel 1454 Andrea di Bartolo da Castagno dipintore.[11]

Dipinse egli [Andrea di Bartolo] nella Cappella Maggiore di Santa Maria Nuova una parte; essendo stata l’altra allogata ad Alesso Baldovinetti e la terza a Domenico da Venezia, de’ dare a dì 16 di giugno 1414 lire quaranta, e que’ denari sono per uno panno grande, che io [il Baldovinetti] lavorai in una camera nella infermeria de’ Servi; nel qual panno vi è dentro un inferno con molti ignudi e furie infernali, e qual panno si è del Signore di Mantova;[12] el qual panno ci fece fare Boccolino Cancelliere di detto Signore.

Giuliano di Nardo da Maiano legnajuolo de’ dare a dì 14 maggio 1863 fiorini cinque larghi, e’ quali sono per uno colmo.[13] Gli dipinsi da camera, entrovi [si trova] una nostra Donna col Bambino colorita».

I riferimenti sono a Piero degli Alberti, Bernardo Ruccellai[14]. Continuano di seguito a venir descritte le indicazioni del Baldovinetti, rivolte ai suoi contemporanei, fra i quali il Tiraboschi, storico della letteratura. Nel 1491 Alesso fu tra i cittadini chiamati a giudicare dei disegni della facciata di Santa Maria del Fiore. Le «transazioni commerciali» su cui il nostro pose l’accento sono innumerevoli, segno evidente della vitalità professionale della Compagnia d’appartenenza. Siamo nel 1463 e su Giuliano di Nardo da Majano il suo «ricordo» è particolarmente significativo. Riguarda infatti il lavoro bellissimo di tarsia fatto per il Duomo di Firenze dallo stesso Giuliano da Majano, «la cui allogazione fu pubblicata dal Rumbor nel secondo volume delle Ricerche Italiane […]. Nel 1487 l’Arte dei mercatanti – prosegue Baldovinetti – deve fiorini 94,3; tre d’oro in oro, per libbre 273 d’oro invetriato da mosaico, tagliato e adoperato [da Alesso], e messo nella tribuna e cupola di San Giovanni Battista […], in braccia 13 e mezzo». Le osservazioni riprodotte sono rivolte a parecchi Maestri di Mosaico che ebbero parte in San Giovanni fra cui [se ne fa menzione nei libri dei Consoli delle Arti] Apollonio, Agnolo di Taddeo Gaddi, lo stesso Alesso Baldovinetti, Domenico Ghirlandaio, Zaccaria di Andrea. Nel 1482 il Baldovinetti vi aveva già lavorato e ricevuto ottanta fiorini, avendo Domenico Ghirlandaio riveduto e approvato il lavoro: «Sin dal 1443 i Consoli, non essendoci in tutto lo Stato fiorentino chi conoscesse tale arte, elessero il Baldovinetti per tutta la sua vita racconciatore e conservatore di detti mosaici con lo stipendio di trenta fiorini l’anno.

A fronte di tutto ciò possiamo ammirare la sua maestria in alcune vetrate della Cappella dei Pazzi in Firenze. La sua opera si svolse in molti siti oggi [1863] non più visionabili come il ciclo, andato distrutto, degli affreschi della chiesa di Sant’Egidio a Firenze. Ciclo questo iniziato da Domenico Veneziano e da Piero della Francesca e continuato da Andrea del Castagno. Alcune tracce di tale ciclo le troviamo nel museo di Sant’Apollonia. Fu maestro del Ghirlandaio, e questo da solo farebbe di lui un personaggio degno di venir ricordato.

Quali gli aspetti che più coinvolgono in questa ormai datata ma ancor interessante pubblicazione?[15] Innanzi tutto il senso della testimonianza dell’autore, carico emotivamente, come lo fu l’amico ed ex compagno di studi, il grande Carducci, di amor di Patria.

A seguire il ruolo delle corporazioni delle Arti o Mestieri, che qui viene certamente evidenziato minuziosamente, grazie ai continui riferimenti dello stesso Baldovinetti.

Inoltre si intende rimarcare il ruolo dell’arte come massima espressione di un artigianato di alto valore simbolico e, diremmo noi oggi, commerciale. L’autore dello scritto seppe esaltare infatti, sul piano storico, quanto l’arte fosse un lucroso affare, immergendoci in un mondo dove le differenze sociali dettate dalle stesse professioni divennero espressione di un’epoca.


Note

1 Ricordi di Alesso Baldovinetti, pittore fiorentino del secolo XV, a cura di Giovanni Pierotti, Lucca, tipografia Landi 1868.

2 Ibidem. Questa visione è certamente datata.

3 Giosuè Carducci, Discorso introduttivo alle Stanze e le Rime del Poliziano, Firenze, Edizioni Barbèra 1863.

4 Chi volesse un più ampio panorama di questo secolo legga per le lettere il discorso sopra citato, e per le arti la Storia del professor Renalli, Libro II e III.

5 Vasari, Vite, Firenze, Le Monnier 1848, volume IV, pagina 104.

6 Ivi, pagina 105, nota numero 1.

7 Come dice il Vasari, «avvicinandosi Alesso alla Vecchiezza, e volendo con animo quieto attendere agli studi della sua professione, si commise nell’ospedale di San Paolo, ove morì. Nel Regio Arcispedale di Santa Maria Nuova, Archivio dell’Ospedale di San Paolo, libro bastardello intitolato Testamenti dal 1399 al 1526, Segnato B. a carte 16 recto si trova questo ricordo. Alexo Baldovineto Baldovinetti è facto oggetto questo dì 23 marzo 1499 donazione allo Spedale nostro di tutti e sua beni mobili et immobili dopo la sua vita».

8 Il padre di Leonardo da Vinci.

9 Ricordi di Alesso Baldovinetti, pittore fiorentino del secolo XV, a cura di Giovanni Pierotti, Lucca, tipografia Landi 1868.

10 Maso Finiguerra, famoso artefice di Niello. Di lui dice il Cellini nel Trattato dell’Oreficeria. Vedere anche Vasari.

11 Vasari, Vite, Firenze, Le Monnier 1848, volume IV.

12 Lodovico Gonzaga che fu Capitano della Repubblica Fiorentina, dopo fermata la pace con Niccolò V, comandò si appendessero nel tempio dell’Annunziata le spoglie di guerra, e il residuo del militare stipendio, che dalla Repubblica dovuto gl’era in circa duemila fiorini d’oro fosse assegnato alla edificazione della tribuna di detta chiesa, nella quale opera fu adoperato Leon Battista Alberti.

13 Cuspide o triangolo posto in alto e nel mezzo dei trittici, dove per lo più era rappresentato in mezza figura il Redentore. Poi dettero questo medesimo nome alle tavolette alte più di un braccio.

14 Potrebbe essere Bernardo Rucellai, lo storico. Nato nel 1449, egli nel 1466 prese per donna Giovanna di Piero de’ Medici, e nel 1514 morì.

15 Ricordi di Alesso Baldovinetti, pittore fiorentino del secolo XV, a cura di Giovanni Pierotti, Lucca, tipografia Landi 1868.

(aprile 2013)

Tag: Elena Pierotti, Alesso Baldovinetti, pittura, Firenze, XV secolo, Umanesimo, Rinascimento, Italia.