L’incontro di Lutero con una spiritualità ottimistica
Tra Magdeburgo ed Eisenach, la «devotio moderna» e il movimento francescano

La severità con cui il giovane Lutero si scontrò in alcuni ambienti (la rigidità di quello contadino da cui proveniva la sua famiglia, un certo legalismo diffuso in quello monastico), non costituivano tuttavia l’unica versione disponibile della fede dell’epoca, anzi. Da questo punto di vista, è anzi bene operare alcuni «distinguo».

La religiosità dei genitori del Riformatore era arcaizzante, un po’ rudimentale, non immune dalla superstizione; si intonava più che altro alle condizioni di vita nelle campagne, tanto che essi, per quanto avessero raggiunto un certo benessere, continuavano a temere gli stenti, a vivere di sacrifici: un motivo ricorrente nelle descrizioni di Martin e nella mentalità di chi viene dal basso e si è affrancato con successo da una condizione difficile. D’altronde, la durezza nell’educazione all’epoca era ubiqua, anche perché era ricorrente l’idea che i bambini fossero dei piccoli malvagi, inclini al male in quanto portatori della corruzione risalente al peccato originale[1]. Il legalismo vigente in alcuni monasteri era invece frutto di un certo inaridirsi della vena interiore durante il tardo Medioevo, un inaridirsi parallelo alla decadenza del Papato, allo Scisma d’Occidente e al progressivo insterilirsi della Scolastica.

D’altro canto, non esisteva ancora l’irrigidimento dottrinale e disciplinare che si sarebbe imposto solo nel tardo Cinquecento, come reazione alla Riforma e ai suoi sconvolgimenti, ma soprattutto per il consolidarsi dello Stato di «Ancien Régime» e un insistente disciplinamento sociale:

«L’insistenza pesante e oppressiva su dogmi e dottrine e lo stretto e invasivo controllo disciplinare sui comportamenti (specie quelli sessuali) sarebbero arrivati solo in un momento storico successivo, con l’età della Controriforma»[2].

Perciò, l’educazione religiosa di Martin fu rigida, ma meno soffocante di quanto possiamo pensare. La religione faceva parte della vita quotidiana, era un po’ come l’aria che si respirava: spesso, alimentava anche ottimismo e gioia. Per comprendere la formazione di Lutero, bisogna risalire quindi anche alle correnti spirituali che lo circondavano, tra cui alcune possedevano una nota assai rasserenante: tra esse la «devotio moderna»[3] o il movimento francescano. Vediamo dunque i contatti che il Riformatore ebbe con esse.


Lutero e l’incontro con la «devotio moderna»

Quando Lutero giunse in contatto con la «devotio moderna»?

Un testo contenuto nella Weimarer Ausgabe delle opere del Riformatore sintetizza così la sua infanzia e giovinezza[4]:

«Sui genitori e gli studi di Lutero. Ebbe genitori poveri. Il padre fu figlio di un contadino a Morn (= Möhra), un villaggio non lontano da Eisenach. Quindi, partì con la moglie e il figlio per Mansfeld e divenne lavoratore nelle miniere di metallo; allora nacque Lutero. Studiò a Eisenach e mendicò il pane porta a porta, quindi giunse da Enrico, cittadino di Eisenach, e accompagnò suo figlio a scuola. Infine, giunse a Erfurt e divenne monaco contro la volontà del padre».

Il testo fa riferimento a un fratello maggiore di Lutero; Enrico è Heinrich Schalbe, agiato cittadino di Eisenach che, come vedremo, ospitò Lutero e il cui figlio si chiamava Kaspar. La notizia sul fatto che il giovane Martin mendicasse porta a porta è frutto di un fraintendimento: gli studenti tedeschi, infatti, intonavano spesso canzoni sotto i balconi e le finestre dei cittadini, per ottenere qualche regalo o un invito a pranzo, ma era un uso corrente; ciò non ha niente a che fare con una presunta miseria in cui versasse l’allievo venuto da Mansfeld.

Allorché concluse il ciclo di studi a Mansfeld, a 14 anni, Martin fu inviato a Magdeburgo assieme a un amico, Hans Reinecke, la cui famiglia viveva pure dei proventi delle fornaci in cui si fondeva il metallo estratto dalle miniere; a Magdeburgo trascorse un anno circa, tra il 1496 e il 1497. Questa era una città di quasi 30.000 abitanti, quindi, in paragone con Eisleben e Mansfeld, quasi una metropoli. È verosimile che la scuola di Magdeburgo fosse quella del capitolo della cattedrale, ma non ne abbiamo la certezza; fra i canonici, Paul Mosshauer era di Mansfeld ed era anche in contatto con i Fratelli di Vita Comune. Forse fu proprio grazie a lui che Martin entrò nel pensionato gestito da loro, qui chiamati popolarmente «Nullbrüder» (forse da «Nollen» = «capucci a punta»). In una lettera del 15 giugno 1522 indirizzata a Claus Storm, borgomastro di Magdeburgo[5], Lutero ricorda di avere conosciuto il suo destinatario quando questi era ospite presso Mosshauer, che aveva casa vicino ai Fratelli; all’epoca egli frequentava appunto la scuola dai «Nullbrüder» assieme ad Hans Reinecke.

I «Nullbrüder» vivevano del loro lavoro e senza chiedere l’elemosina; perciò, spesso organizzavano piccoli pensionati per accogliere studenti e aiutarli nel loro studio, tanto che soggiornò presso di loro per ben nove anni anche il grande avversario di Lutero, Erasmo da Rotterdam. Probabilmente, entrambi i personaggi subirono un duraturo influsso da parte dell’atmosfera interiorizzata della confraternita; è nota l’avversione successiva di Erasmo per l’esteriorità[6], mentre, a proposito di Lutero, la Nitti osserva che la «devotio moderna… dovette lasciare un segno nella sua religiosità»[7]; era una comunità «austera, ma che gli aveva fatto conoscere una dimensione speciale della spiritualità, e che comunque non mancava del necessario»[8].

Certo, Lutero era troppo giovane per approfondire la dottrina del gruppo, però sicuramente deve avere aspirato la loro atmosfera: del resto, essi mettevano in atto una pedagogia avanzata e prossima all’Umanesimo.

Per i Fratelli di Vita Comune, la scienza doveva essere al servizio della spiritualità: quindi, copiavano assiduamente le storie sui Padri del Deserto e i Padri della Chiesa, come Bernardo e Agostino, di cui ritennero il forte accento sull’interiorità e che poi avrebbero molto influenzato Lutero; fra i moderni, privilegiavano il Domenicano Enrico Suso (1295-1366). Un altro teologo tra loro assai popolare era il Francese Jean Gerson, già cancelliere della Sorbona alla fine del Trecento. Siccome queste comunità laicali destavano sospetti a causa della loro composizione mista, durante il concilio di Costanza (1414-1418) i Domenicani provarono ad accusarle di eresia. Fu allora che Jean Gerson ne prese le difese: colto, ma deciso a porre la cultura al servizio della fede e a renderla accessibile, preso dall’ansia riformista e dalla preoccupazione di edificare i semplici, questo teologo divenne rapidamente un modello all’interno del movimento della «devotio moderna»; Lutero stesso l’avrebbe definito in seguito «il dottore della consolazione»[9]. Del resto, il Riformatore lesse sia Gerald Zerbolt, che il Rosetum di Johannes Mombaer[10].


Quanto influì la «devotio moderna» su Lutero

Qual è stato l’influsso dei Fratelli di Vita Comune su Lutero? Traccerò qui un rapido bilancio sulla base di quanto abbiamo visto.

1) Sicuramente, almeno per un anno Lutero respirò l’atmosfera di profonda spiritualità, quasi di misticismo, tipica delle comunità dei Fratelli di Vita Comune. Può essere stato qui che, per la prima volta, egli entrò in contatto con un ambiente che sottolineava così tanto l’importanza dell’interiorità, una dimensione che, considerato il suo carattere introspettivo, deve averlo affascinato. Questo deve avere lasciato in lui un’impressione profonda e duratura, anche se, come già osservato, non è possibile che egli abbia approfondito il senso della dottrina di Groote, Zerbolt e Mombaer se non più tardi. Qui egli deve avere percepito il bisogno profondo di conversione, molto diffuso all’epoca, la necessità di fare un salto oltre le pratiche esteriori in cui molti si rifugiavano allora con ossessivo scrupolo, l’attrazione per la spiritualità.

2) Al tempo stesso, lo deve avere impressionato positivamente l’assoluta centralità del Cristo e del rapporto con Lui, che precede qualsiasi iniziativa umana. Si è molto discusso, come abbiamo visto nell’articolo precedente, sulle motivazioni dell’entrata in convento di Lutero: probabilmente, in un momento difficile della sua vita, egli deve avere ritrovato in sé anche le tracce di queste esperienze spirituali precedenti o della testimonianza cui aveva assistito. Da lì Lutero deve avere assorbito forse per la prima volta l’idea che l’essere umano dipende completamente dalla grazia divina.

3) Questa può essere stata la prima volta in cui il giovane Martin è entrato in contatto con istanze genuinamente ispirate dall’esigenza di una riforma ecclesiale, in un ambiente culturalmente più ricco e variegato della sua natia Eisleben o di Mansfeld.

4) Infine, non deve essere andata persa per lui l’accentuazione dell’importanza della vita quotidiana e laicale.

5) Pare dunque che Lutero abbia immerso le sue radici in un «humus» spirituale comune alla «devotio moderna», di cui ha condiviso le istanze fondamentali. D’altro canto, le differenze tra quest’ultima e il successivo pensiero del Riformatore sono pure evidenti. Al di là del generico pessimismo ascetico sull’uomo, che comunque dipende dalla grazia divina, la prospettiva dei Fratelli di Vita Comune o dei canonici di Windesheim era ottimistica: l’essere umano può entrare in comunione con Dio attraverso Cristo, può, nonostante i propri limiti, compiere opere buone, può soprattutto irradiare l’amore di Dio intorno a sé. Tutto questo in Lutero viene meno: focalizzandosi sulla «sola fide», egli finisce per negare radicalmente anche la possibilità di compiere opere buone ed è abitato da un pessimismo antropologico molto profondo, figlio piuttosto del pensiero di Sant’Agostino. Tutto, secondo lui, nell’essere umano è inesorabilmente corrotto e l’amore gioca nel suo pensiero un ruolo nettamente più ridotto che nella «devotio moderna».

6) Anche per questo, certe analogie nascondono in realtà delle differenze. Nella sua analisi delle emozioni dei Devoti, condotta setacciando le loro biografie, Mathilde Van Dijk parla di timore e di amore come nuclei della loro vita emotiva[11]: come in gran parte delle opere spirituali medievali, ivi si legge di fratelli ansiosi prima dell’ordinazione sacerdotale o della nomina a superiori perché si sentivano indegni, si parla di timore di Dio, del peccato e dell’inferno; eppure, essi appaiono meno incisivi delle angosciose «Bekohrungen» di Lutero, decisamente più accentuate. Troviamo così tra le fonti consultate dalla Van Dijk che un maestro dei novizi consigliava i suoi discepoli di non continuare ad angosciarsi per i peccati del passato dopo averli confessati, cosa che Lutero riuscì a fare ben più tardi e dopo una svolta teologica del tutto divergente. Ancora una volta, Lutero pare avere assorbito più a fondo il pessimismo agostiniano.

7) In terzo luogo, la «devotio moderna» eccelle per la sua dimensione contemplativa, in armonia ed equilibrio con l’impegno quotidiano. Questo equilibrio manca completamente a Lutero, che vive piuttosto di paradossi: egli non è mai stato un contemplativo e, come si può notare dall’accumularsi indefesso di opere nel corso della sua esistenza, lavorava senza requie, in quantità che ricordano quasi il «workaholism» odierno[12]. Vedremo in seguito che ciò era anche la sua maniera di reagire alle difficoltà: tuttavia, rispetto alla subordinazione della cultura alla spiritualità, tipica della «devotio moderna», pare quasi che Lutero sia stato molto più «accademico» e intellettuale, anche se ha impiegato il suo sapere indefessamente a scopo pastorale. In fin dei conti, egli rimase un teologo, abituato alle dispute universitarie. Inoltre, per quanto egli valorizzasse l’impegno quotidiano dei laici, non portava la dimensione contemplativa dei Fratelli nella vita quotidiana. Di nuovo, a furia di parlare di «sola fide», parlava molto più di rado di amore.

Questo confronto è interessante, perché ci mostra quali possibilità di riforma ecclesiale fossero insite in realtà diverse da quelle successivamente sviluppate da Lutero in poi: una riforma che, al di là di radici e istanze comuni, viaggiava su binari divergenti e che probabilmente non avrebbe portato a rotture a livello europeo.


La sosta a Eisenach e la spiritualità francescana

Se la «devotio moderna» doveva apparire al giovane Lutero una forma di spiritualità più serena, non fu tuttavia l’unica con cui ebbe a che fare.

Nel 1497 il giovane si trasferì ancora, stavolta a Eisenach, città più piccola di Magdeburgo (solo 4.000 abitanti), ma dove vivevano numerosi parenti dal lato materno dei Lindemann: fra di essi erano annoverati medici e giureconsulti, come quel cugino che, dopo aver studiato persino a Bologna, oltre che a Lipsia e Francoforte, divenne medico personale dell’Elettore di Sassonia. Qui Martin rimase per quattro anni (dal 1498 al 1501) e intrecciò amicizie durevoli, prima di trasferirsi a Erfurt per frequentare l’Università. L’atmosfera era serena: grazie all’intervento di un prozio di sua madre Margarethe, cappellano di San Nicola, Martin era ospite fisso a casa del succitato mercante Heinrich Schalbe, poi borgomastro della città. In questa casa fu accolto affettuosamente, così come in quella della figlia degli Schalbe, Ursula, sposata a Konrad Cotta; in cambio, accompagnava il figlio della famiglia, Kaspar, in chiesa e a scuola. La madre Schalbe e la famiglia in generale lo impressionarono per il loro affetto; ancora anni dopo, Lutero ricordava Ursula Cotta, la sua ospite di Eisenach, nell’ambito di un testo molto importante sul matrimonio[13]: Ursula affermava infatti che non c’è niente di meglio al mondo dell’amore di una donna, per colui che ella sposa (di cui «diventa una parte», la metà, diremmo noi).

Il padre Heinrich, benefattore di alcune delle numerose chiese locali, seguiva la pietà francescana, quindi una spiritualità incline alla gioia, al fattivo impegno quotidiano e all’interiorità, non così lontana da quella dei Fratelli. Anzi, negli anni successivi, Lutero avrebbe ricordato il cosiddetto «Schalbense Collegium», il gruppo che si riuniva a casa di Schalbe e che era probabilmente legato ai Francescani di Eisenach; a quel gruppo Martin fa riferimento nel post-scritto di una lettera indirizzata al suo ex insegnante, Johannes Braun, vicario a Eisenach, in occasione della propria ordinazione sacerdotale del 2 maggio 1507 e della sua prima Messa.

Nella lettera, datata 22 aprile 1507[14], egli conta di vedere Braun e che la sua richiesta venga esaudita non tanto per i propri meriti, quanto per la grande benevolenza di Braun stesso nei suoi confronti. Quindi, dopo i saluti, aggiunge un post-scritto:

«Non oso disturbare poco opportunamente il cenacolo di Schalbe, quegli ottimi uomini, che hanno riportato certamente grandi meriti nei miei confronti: mi sono infatti del tutto persuaso che non si addica alla dignità della loro posizione essere convocati per un impegno di tanto umile deferenza, anzi essere disturbati per i voti di un monaco ormai morto al mondo. Inoltre, il mio animo rimane incerto ed è in dubbio se ciò possa essere loro gradito o molesto. Perciò ho deciso di mantenere il silenzio e tuttavia vorrei che tu esprimessi la mia gratitudine nei loro confronti, purché l’occasione lo richieda. Vale».

Il testo lascia capire che Lutero considerava il «cenacolo di Schalbe» come una sorta di élite, sia a livello sociale, che culturale e spirituale: non osava quindi disturbarne gli appartenenti neanche per un evento così importante come la propria ordinazione. Anche in questo caso, l’impressione di questo ambiente sul giovane deve essere stata positiva e duratura.

Così, qui Lutero «capì che la religione poteva essere praticata in molti modi»[15].


Note

1 Si veda in merito Jean Delumeau, Il peccato e la paura: l’idea di colpa in Occidente dal 13° al 18° secolo, Bologna, Il Mulino, 2000, pagine 479-488. Però, proprio questa consapevolezza indusse vari educatori religiosi a pazienza e benevolenza nei confronti dei loro allievi.

2 Confronta Guido Dall’Olio, Martin Lutero, Roma, Carocci editore, 2017, citazione a pagina 40.

3 Confronta l’articolo sull’argomento qui pubblicato; Rob Faesen, Tentamen vitae contemplativae in actione. The Doctrine of the «Devotio moderna», in Gert Melville-Josep Ignasi Saranyana Closa, Lutero 500 anni dopo. Una rilettura della Riforma luterana nel suo contesto storico ed ecclesiale. Raccolta di studi in occasione del V centenario (1517-2017), Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2019, pagine 68-89; Mathilde Van Dijk, The «Devotio moderna», the Emotions and the Search for «Dutchness», «Low Countries Historical Review» 129/2 (2014), pagine 20-41; Martina Wehrli-Johns, Devotio moderna, «Dizionario storico della Svizzera» (DSS), versione del 23/04/2009 (traduzione dal tedesco), https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/011417/2009-04-23/; Devotio moderna, «Encyclopaedia britannica», https://www.britannica.com/topic/devotio-moderna; Modern devotion, https://www.titusbrandsmainstituut.nl/eng/modern-devotion/ (il «Titus Brandsma Institute», dedicato a Nimega al martire del nazismo, è il centro internazionale di studi sulla «devotio moderna»). Si veda infine il libro molto dettagliato di John Van Engen, Sisters and Brothers of the Common Life: The «Devotio Moderna» and the World of the Later Middle Ages (The Middle Ages Series), Philadelphia, University of Penssylvania Press, 2008, molto attento al contesto del movimento.

4 Come sempre, faccio riferimento alla Weimarer Ausgabe, indicata con sigle inizianti con WA (WAT sono i Tischreden, WABr le lettere = Briefe): essa si trova al sito http://www.lutherdansk.dk/WA/D.%20Martin%20Luthers%20Werke,%20Weimarer%20Ausgabe%20-%20WA.htm La traduzione dal latino o dal tedesco è mia. In questo caso si rinvia a WAT 5 5362, 95, 1-7.

5 Confronta WABr 2, 563, 7.

6 Confronta Jon Bolserak, L’eredità medievale in Martin Lutero, in Alberto Melloni editore, Lutero. Un cristiano e la sua eredità. 1517-2017 (volume 1), Bologna, Il mulino, 2017, pagine 105-118, qui pagina 111.

7 Su questa parte, confronta Silvana Nitti, Lutero, Roma, Salerno Editrice, 2017, pagine 18-19, citazione a pagina 18; Heiko A. Oberman, Martin Lutero. Un uomo tra Dio e il diavolo (traduzione italiana), Roma-Bari, Laterza, 1987, pagine 85-88; Adriano Prosperi, Lutero. Gli anni della fede e della libertà, Milano, A. Mondadori, 2017 (edizione online, la cui numerazione è del tutto differente dalle pagine), pos. 438; Scott H. Hendrix, Lutero. Un riformatore visionario (traduzione italiana), Milano, Hoepli, 2017 (anch’essa citata in versione digitale), pos. 852-860; Guido Dall’Olio, Martin Lutero, Roma, Carocci editore, 2017, pagine 38-40.

8 Confronta Silvana Nitti, Lutero, Roma, Salerno Editrice, 2017, citazione a pagina 19.

9 Confronta Heiko A. Oberman, Martin Lutero. Un uomo tra Dio e il diavolo (traduzione italiana), Roma-Bari, Laterza, 1987, pagina 87.

10 In WA 56, 313, 13-16, a proposito del peccato di concupiscenza, Lutero rinvia a uno scritto attribuito a Geert Groot, il trattatello Beatus vir, e cita con stima l’autore come un «sanus theologus».

11 Confronta Mathilde Van Dijk, The «Devotio moderna», the Emotions and the Search for «Dutchness», «Low Countries Historical Review» 129/2 (2014), pagine 20-41, qui pagina 33.

12 Numerosi a questo proposito i riferimenti, a esempio, nell’opera di Silvana Nitti, Lutero, Roma, Salerno Editrice, 2017.

13 Confronta WAT 6, 264,23 – 65, 4.

14 Confronta WABr 1, pagine 4-5, 22 aprile 1507. Anche WA 30, III, 491,37 fa riferimento alla permanenza di Lutero a Eisenach, presso Schalbe, quando Martin aveva 14-15 anni, e al fatto che Schalbe fosse legato ai Frati Minori: ma il testo latino è un po’ involuto.

15 Confronta Silvana Nitti, Lutero, Roma, Salerno Editrice, 2017, citazione a pagina 19. Sulla casa di Schalbe, si veda anche Heiko A. Oberman, Martin Lutero. Un uomo tra Dio e il diavolo (traduzione italiana), Roma-Bari, Laterza, 1987, pagina 89; Hendrix, pos. 890-894; Guido Dall’Olio, Martin Lutero, Roma, Carocci editore, 2017, pagina 38 (per la datazione).

(marzo 2021)

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