Tommaso Moro, una vita per la politica
Un forte senso etico, un notevole coraggio personale, contraddistingue il personaggio che auspicava l’avvento di un mondo nuovo

Tommaso Moro

Hans Holbein il Giovane, Ritratto di Tommaso Moro, 1527, Collezione Frick, New York (Stati Uniti)

Evidentemente, il grande filosofo Bobbio, sta attraversando un periodo particolare: una intolleranza ed un ostracismo verso tutto e tutti. In particolar modo la scelta di San Tommaso Moro, come protettore dei Parlamentari e la definizione di Sua Santità Karol Wojtila «il Papa della Controriforma».

Secondo Bobbio, Tommaso Moro «non si capisce quale modello possa essere per uomini politici». Forse, con il passare degli anni, il filosofo non rammenta bene la vita di Moro, altrimenti non avrebbe azzardato simile affermazione.

Thomas More, umanista, magistrato e Gran Cancelliere d’Inghilterra, nacque a Londra nel 1478 e morì nel 1535. Figlio di un Giudice Regio, fu educato, prima dal Cardinale Morton, quindi ad Oxford, ove studiò filosofia e studi giuridici.

Il suo ingegno, il candore dei costumi, lo rese caro ad umanisti come John Colet ed Erasmo da Rotterdam.

Dedicatosi all’avvocatura ed incontrati successi, si diede alla vita politica, dopo aver superato una crisi religiosa. Venne eletto fra i rappresentanti della Camera dei Comuni e prese le difese dei contribuenti contro le esose pretese fiscali di Enrico VII. Caduto in disgrazia, subì persecuzioni; ma, con l’ascesa al trono di Enrico VIII gli si riaperse la via ai pubblici uffici: vice-sceriffo di Londra, tesoriere delle Scacchiere e Supremo Cancelliere del Regno. Missioni diplomatiche in Francia e nei Paesi Bassi, coltivò studi a lui più congeniali, mantenne legami con Erasmo (che in casa sua compose l’Elogio della pazzia), una storia di Riccardo III ed Enrico V, ed una recisa confutazione delle tesi sacramentarie di Lutero.

Data la sua ferrea tempra morale venne ad una rottura con Enrico VIII per il matrimonio con Anna Bolena. Contrario al divorzio, si ritirò fra i teneri affetti familiari, in dignitosa povertà. Respinse le pretese del Re di erigersi a Capo della Chiesa d’Inghilterra e ribadì la propria fedeltà alla gerarchia Cattolica Romana. Accusato ed incarcerato, salì al patibolo nella Torre di Londra il 7 luglio 1535. Leone XIII lo beatificò nel 1886 e Pio XI, nel 1935, lo proclamò Santo.

Scrittore latino, prosatore inglese, autore di trattazioni storiche, etiche ed apologetiche, il More deve la sua fama al Libellus vere aureus nec minus salutaris quam festivus de optimo reipublicae statu de que nova insula Utopia composto tra il 1510 ed il 1515, edito a Lovanio nel 1516.

Opera classica nella storia del pensiero politico, l’Utopia si divide in due libri: il primo è un esame spregiudicato del malessere economico e sociale dell’Inghilterra del primo Cinquecento. Il secondo è nutrito di amaro realismo e di una profonda fede nella bontà della natura e della ragione.

Il termine «utopia», usato per la prima volta nel 1516 da Tommaso Moro, significa, etimologicamente, «luogo inesistente» ed indica un mondo immaginario metastorico, fuori del tempo e dello spazio.

Si quieti, Norberto Bobbio, e cogiti sulla vita di San Tommaso Moro.

Lei è filosofo ed allora riconosca che tutta la nostra vita politica e sociale è mera utopia.

(anno 2002)

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