Papa Gian Pietro Carafa
Non solo Controriforma

Il Pontefice Paolo IV, al secolo Gian Pietro Carafa, viene ricordato per aver approvato l’Ordine Gesuita e posto in essere il Tribunale del Sant’Uffizio. La sua opera politica in realtà è ben più complessa di quanto la storiografia abbia sin qui delineato. Facciamo un breve excursus. Nato a Sant’angelo a Scala o Capriglia, in Irpinia, il 28 giugno 1476, morì a Roma il 18 agosto 1559. La storiografia lo definisce impulsivo e ostinato, lo considera il «padre» del Sant’Uffizio, la «nuova» Inquisizione che egli condusse sin dal 1542 dopo averne perorato l’istituzione suggerendola al suo predecessore, Paolo III Farnese.

Apparteneva alla potente famiglia Carafa, e fu suo zio, il Cardinale Oliviero Carafa (1430-1511) a introdurlo negli ambienti romani. Veloce la sua ascesa politica: cameriere segreto nel 1500, con Papa Alessandro VI; protonotario apostolico nel 1503, sottocapo Giulio II; Vescovo di Chieti nel 1505, dove risiedette stabilmente dal 1507 al 1513. Fu in quel periodo che si dedicò particolarmente alla Riforma Cattolica. Numerose le sue missioni diplomatiche a servizio della Santa Sede a Napoli, in Inghilterra, nelle Fiandre. Fu anche proposto per il Vescovado di Brindisi nel 1518 senza rinunciare al Vescovado di Chieti. Partecipando a partire dal 1520 alle attività romane dell’Oratorio del Divino Amore, conobbe moli futuri amici e collaboratori. Tra questi Gaetano di Thiene, Paolo Consiglieri e Gian Matteo Giberti. È proprio con Gaetano di Thiene che fondò nel 1524 l’Ordine dei Chierici Regolari, conosciuti come Teatini e quello stesso anno rinunciò ai suoi due Vescovadi. Fu spettatore del Sacco di Roma del 1527. In quella circostanza riparò a Venezia e si stabilì presso i Teatini all’Oratorio di San Nicola da Tolentino, in provincia di Vicenza. Gian Matteo Giberti, grande amico del Carafa, fu sostenuto nella sua attività riformatrice dallo stesso Carafa. E fu Papa Clemente VII a incaricarlo di ottenere la sottomissione della comunità greca di Venezia alla Chiesa di Roma. Fu proprio il periodo veneziano che gli permise di elaborare quelle idee riformatrici che come Pontefice metterà in essere. Si prodigò in particolare a controllare e disciplinare l’attività dei frati predicatori, in primis i Francescani. Tornato a Roma, si affermerà come il capo indiscusso del partito degli «intransigenti», contrapponendosi ai conventuali dei quali si rese massima espressione il Cardinale Gaspare Contarini. Prevalsero gli «intransigenti» e Gian Pietro Carafa divenne il Cardinale a capo del Sant’Uffizio, di lì a poco istituito. Nel 1549 portò in Conclave documenti inquisitori contro il Cardinale Reginald Pole per impedirne l’elezione. Con i successivi Pontefici, Paolo III e Giulio III, Carafa continuò a spingere per incentivare l’affermazione del processo inquisitorio. Altro gruppo particolarmente inquisito dal Carafa una volta raggiunto il Soglio Pontificio, fu la comunità ebraica. Se verso Carlo V, I’Imperatore, si mostrò dapprima ostile, rimproverandolo di essere stato troppo blando con i protestanti tedeschi, successivamente, anche in seguito alla disfatta delle truppe pontifice nella battaglia di San Quintino, nelle Fiandre, il 10 agosto 1557, si risolse a più miti consigli. Possiamo tranquillamente affermare che tale fu la sua complessiva politica, fino alla sua morte.

Ma fu soprattutto il rapporto dello stesso con i nipoti a definire sempre più il personaggio. Carlo Carafa fu da lui nominato Cardinale il 7 giugno 1557. Papa Carafa non ruppe affatto con la politica nepotista dei suoi predecessori. Anche Alfonso Carafa e Diomede Carafa si comportarono come il precedente nipote e la loro condotta esasperò lo zio a tal punto da spingerlo ad allontanarli da Roma, togliendo loro ogni carica.

Già in vita e soprattutto immediatamente dopo la sua morte, gli storici si divisero tra chi lo considerava un Santo, in particolare tra i Teatini; e chi viceversa lo vedeva come un Papa non degno del suo ruolo.

Eppure, soffermarci solamente sul ruolo «inquisitorio» e riformatore del Pontefice Paolo IV è ampiamente riduttivo. Solo uscendo da certi schematismi è possibile comprendere meglio sia il personaggio che il territorio di origine, che fa capo a Napoli, città in cui i Carafa ebbero sempre un ruolo importante, con diramazioni famigliari consistenti, in particolare al Sud.

Desidero porre l’accento soprattutto sulla fondazione da parte di Papa Gian Pietro Carafa, dei Teatini e più in generale dei Chierici Regolari. Ciò aiuta a definire l’insieme.

Le Congregazioni che fanno capo ai Chierici Regolari da quel periodo in poi non si contano: Barnabiti, gli stessi Padri Gesuiti, i Padri Somaschi, i Chierici Minori della Madre di Dio, detti Caracciolini. Successivamente troveremo i Padri Scolopi. Solo per citare i più celebri. Tra questi una particolare menzione ai Chierici Regolari Lucchesi della Madre di Dio, che ottennero piena approvazione e dunque diffusione a partire dagli ultimi anni del secolo XVII. I Leonardini, questo il loro nome dal Beato Leonardi, che sottoscrisse il loro atto di fondazione. Per un breve periodo, dal 1614 al 1617, uniti ai Padri scolopi. Una particolare riflessione infatti si rende necessaria.

Questi Padri sostituirono nello Stato Lucchese, indipendente per quasi mille anni, fino al 1847, i Padri Gesuiti nel ruolo inquisitorio, oltre che culturale, tanto da far dire a storici locali che qui, nella città toscana di pertinenza, i Padri Gesuiti non osarono mai «mettere il naso». Perché un Papa come Papa Carafa, e poi naturalmente il suo successore, che non fu meno propenso a fare dell’Inquisizione un’arma vincente, avrebbero dovuto fare in modo che uno Stato Indipendente, come lo fu sempre la città toscana, avesse a disposizione questa particolare autonomia?

La risposta sarebbe complessa e qui non intendo affrontare il tema; tuttavia mi preme sottolineare che i Chierici Lucchesi ebbero in Napoli proprio un’importante loro chiesa, e che il culto del Volto Santo Lucchese fu sempre particolarmente venerato dai Napoletani.

Un gemellaggio che riscontriamo ancora nel XIX secolo quando molte famiglie napoletane erano ubicate in Lucca, non ultimi i Carafa di Noia, ramo collaterale dei Carafa Napoletani, da cui lo stesso Papa Carafa nel Cinquecento traeva origine.

Qualche particolare secolare afflato?

Direi di sì. Certamente non ho risposte precostituite, mi limito a semplici osservazioni. Nel 1521 Tiberio Carafa, membro della celebre famiglia partenopea, divenne il Duca di Nocera de’ Pagani. Il Ducato si estinse nel 1648, con la morte di Francesco Maria Domenico Carafa, ultimo della sua dinastia a governare in città. I Carafa sostennero di essere discendenti di quell’Ugo de Paganis che gli studiosi identificano come il reale fondatore dell’Ordine del Tempio.

I Carafa mai smentirono mai, anzi sostennero tale appartenenza familiare.

I Carafa negli Archivi Napoletani sono imparentati con l’altra celebre dinastia dei Caracciolo. Ma per alcuni esiste un filo conduttore che riporta tale famiglia ai Sigismondo Pisani che nel Medioevo ebbero ruolo primario nella città, Repubblica Marinara. Accostamenti legati proprio all’appartenenza agli Ordini Cavallereschi. Quello che conosciamo per certo è che Gregorio Carafa, vissuto nel XVII secolo, fu Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri di Malta. Troviamo poi un Sigismondo Carafa, conte di Montecalvo, la cui nascita è stimata intorno al 1404. E Sigismondo non è un nome qualsiasi. Recenti studi e scoperte hanno consentito allo storico Marco Pellicani a Faenza di incontrare l’Ordine Templare sulla Via Emilia per incontrare non solo Ugo de Paganis che parrebbe sepolto a Ferrara nella chiesa di San Giacomo, ma soprattutto un legame stretto con la chiesa di San Sigismondo a Faenza. Pare che Ugo de Paganis per testamento abbia lasciato beni proprio a questa chiesa faentina templare. Un filo di Arianna complesso ma sicuramente affascinante. Dove trovare risposte? Forse proprio a Napoli. Un blog in rete ci viene incontro.[1]

«Tra i vicoli di Napoli, nel cuore del suo centro storico, c’è una chiesa sconsacrata, ricca di simboli alchemici ed esoterici, celati nei marmi e negli affreschi che adornano il tempio e considerata un gioiello del nostro patrimonio artistico. Internazionale: stiamo parlando della Cappella di Sansevero, detta anche Cappella di Santa Maria della Pietà o Pietatella. Restaurata e riorganizzata grazie alla geniale idea di Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero, è conosciuta in tutto il mondo per essere la depositaria di una delle opere più spettacolari, il Cristo Velato, anche se in realtà ospita numerosi capolavori degni di nota, ciascuno dei quali è dedicato ai componenti della dinastia del principe e ciascuno con un duplice significato, sia massonico che alchemico. Qui troviamo l’Amor divino, il Decoro, il Dominio di se stessi, l’Educazione, la Liberalità, lo Zelo della ragione, la Soavità del giorno coniugale, la Sincerità, la Pudicizia, il Disinganno, oltre alle ambigue Macchine anatomiche. Ma quali sono le vere origini di questa chiesa? Molte sono le leggende ma recentemente si accredita l’ipotesi che la chiesa sia stata eretta in seguito a un omicidio compiuto nella notte tra il 16 e il 17 ottobre 1590 da Carlo Gesualdo da Venosa, in cui persero la vita Maria d’Avalos, moglie di Carlo Gesualdo, e l’amante di lei, Fabrizio Carafa, figlio di Adriana Carafa della Spina, moglie in seconde nozze di Giovan Francesco di Sangro, e prima principessa di Sansevero. Fu la madre di Fabrizio dunque a far erigere la chiesa. Nel XVIII secolo fu Raimondo di Sangro, uomo di grande cultura ed esponente del primo Illuminismo Europeo, grande letterato e primo Gran Maestro della Massoneria Napoletana e prolifico inventore, considerato ancora oggi personaggio perverso ed enigmatico, che diede avvio alla ristrutturazione della cappella gentilizia».

Forse i Carafa furono dunque davvero al centro di vicende tutt’oggi mai chiarite. Nella famiglia allargata di Papa Carafa, dunque, un mondo variegato, ancora da esplorare. Che proverò a definire più compiutamente in un prossimo articolo.

Nota

1 Dal Blog letterario «Il mondo incantato dei libri». In rete. 25 maggio 2020, autrice Fabiana Manna.

(marzo 2022)

Tag: Elena Pierotti, Papa Paolo IV, famiglia Carafa, Reginald Pole, Gaspare Contarini, Sansevero, Napoli, Gesuiti, Ferrara, Faenza, Pisa, Ugo de Paganis, Gian Pietro Carafa, Tribunale del Sant’Uffizio, Inquisizione, Ordine Gesuita.