I Carafa
Il filo di Arianna dell’Ordine del Tempio

Paolo IV, al secolo Gian Pietro Carafa, è il Papa Nero per antonomasia. Nel Cinquecento fondò la Santa Inquisizione e l’Ordine Gesuita, oltre naturalmente ai principali Ordini afferenti ai Chierici Regolari che colmarono la «debacle» che la Chiesa Cattolica dovette sostenere in Europa a seguito della Riforma Protestante.

Gli storici giustamente non parlano più di Controriforma ma di Riforma Cattolica, ufficialmente perché la Riforma Cattolica modificò precedenti realtà geopolitiche e soprattutto dottrinali della Chiesa Romana, riforme che scaturirono proprio dalle iniziali 95 tesi luterane.

Particolare interessante: un Carafa si apprestò a rendere operativa la Riforma Cattolica.

I Carafa nel Cinquecento, ossia quando iniziò a regnare sul Soglio di Pietro la stella di Gian Pietro Carafa, vollero mettere in chiaro di essere stati loro i fondatori dell’Ordine del Tempio, sciolto da Papa Clemente V nel 1314, ufficialmente per vicende di sodomia e di traffici bancari, ufficiosamente perché ormai i Templari avevano in mano un autentico impero finanziario, che dettava legge in tutta Europa e non consentiva alle nascenti Monarchie nazionali, Francia in testa, di emergere e sopravvivere.

Una mondializzazione, quella templare, «ante litteram», che aveva trovato terreno fertile nella costituzione di traffici bancari organizzati dagli stessi aderenti e proprio queste procedure avevano consentito una profonda espansione dell’Ordine medesimo. Di fatto in regime di monopolio.

Che cosa poteva mai aver indotto i Carafa a descriversi come gli antesignani dell’Ordine?

Proprio quando un loro «congiunto» stava per salire sul Soglio di Pietro?

Piuttosto singolare. Un modo per legittimare la Riforma Cattolica del Cinquecento? Un ritorno a quei valori iniziali che l’Ordine del Tempio aveva sostenuto quali povertà, obbedienza, servizio, e poi non mantenuto completamente?

È certo che lo scioglimento dell’Ordine del Tempio fu un brutto colpo per la Chiesa. Non ci furono vantaggi concreti. Altri presero a correre in Europa, Monarchie emergenti che nel giro di due secoli dimostrarono quanto la Riforma Protestante avesse loro consentito di egemonizzare economia e sistema politico.

L’Ordine Templare era stato certamente argine e filtro di una generale corruzione che era dentro la Chiesa stessa da sempre, e che gli Ordini rimasti dopo lo scioglimento dei cavalieri rosso crociati non poterono frenare. La simonia, il nepotismo, la vendita delle indulgenze rimasero e si accentuarono fino alle estreme conseguenze, che condussero, queste sì, alla Riforma Protestante.

Nei due secoli che intercorsero tra tale Riforma e lo scioglimento templare sicuramente altri Ordini già presenti avevano assunto ruoli strategici ricoperti nel passato dall’Ordine dai Templari, e chi aveva fatto parte dei cavalieri rosso crociati confluì spesso in quegli stessi Ordini.

I Carafa ne sono fulgido esempio. Poniamo per assurdo che nel Cinquecento i Carafa abbiano detto la verità. Come ho descritto in un precedente articolo, oggi si rivaluta completamente la possibilità che davvero l’Ordine del Tempio sia nato in Italia, in Lucania, e che abbia visto nelle Repubbliche Marinare del tempo, Pisa compresa, la fonte della crescita, oltre che spirituale, di sistema che abbiamo conosciuto.

A Pisa i Sigismondi potrebbero, il condizionale è d’obbligo, essere proprio quei Carafa di cui un ramo ancora nel XIX secolo è presente nella limitrofa Lucca, e le lotte intestine tra le due città toscane non devono distoglierci dal fatto che ci fu piena collaborazione tra le antiche Casate ex Longobarde presenti sul territorio, sia pisano che lucchese, con le medesime appartenenze familiari e l’appartenenza medesima a questi Ordini. Non avevamo solo il Templare, ma il Tau, i Cavalieri di Malta, i Cavalieri del Santo Sepolcro, e così via. Il Tau addirittura riuscì a restare in vita fino al Cinquecento, grazie alla lotta dei Capponi Fiorentini che furono spesso Gran Maestri di quest’Ordine e che, a lungo, lottarono con gli emergenti Medici per permetterne la sopravvivenza. Se in Lucca, come sostiene lo storico Paolo Mencacci[1], i Templari dopo lo scioglimento dell’Ordine continuarono a fare quanto facevano prima, è plausibile che anche a Pisa le cose non siano andate molto diversamente. Non è complicato capire che i da Pagano Pisani presenti nel Parlascio cittadino furono confinanti e concomitanti con Casate ex Longobarde che gestirono tutto il territorio toscano, su più fronti: pisano, lucchese, livornese, grossetano, ad esempio.

E i Carafa, Napoletani di origine? Le città marinare erano quattro.

Amalfi, prima sulla scena, non lontana da Napoli e il suo entroterra, non si limitò a rappresentare il fanalino di coda: tali città erano interconnesse, non solo in competizione.

Nei due secoli intercorsi dunque tra i fatti ascritti le importanti famiglie che afferirono all’Ordine Templare presenti sulla Penisola si prodigarono per mantenere i «diritti» acquisiti, certamente sotto mentite spoglie, in modo diverso rispetto al passato. I fatti del Cinquecento Riformato li colsero certamente preparati. Da chiedersi se Gian Pietro Carafa fu un Pontefice «improvvisato» (gli storici lo negano) oppure ben calcolato, per rispondere «dal di dentro» a vicende che probabilmente stavano sfuggendo di mano.

Chi meglio degli ex afferenti all’Ordine Templare conosceva la «mondializzazione» che i Re Riformati si apprestavano a finanziare e mettere in campo? Pensiamo alle scoperte geografiche di quegli anni e a un Mar Mediterraneo sempre più «piccolo».

Nelle sue varie missioni diplomatiche, prima di diventare Pontefice, Papa Carafa fu anche presente alla Corte Inglese dove regnava quell’Enrico VIII Tudor che, emerso dalla Guerra delle Due Rose, aveva vinto l’anarchia feudale e imposto la sua volontà a Roma. Volontà che sua figlia Elisabetta I renderà vincente.

Papa Carafa dunque si preparava a divenire, con la sua rete diplomatica, il vero paladino della Riforma Cattolica. Ma nessuno si faceva illusioni. Un nuovo processo era iniziato, una mondializzazione di cui gli ex Templari ben conoscevano vantaggi e svantaggi. Non era qualcosa di assolutamente nuovo, nuova era l’incapacità di Roma di governare queste vicende.

E infatti non furono governate se non in via «emergenziale», grazie al Sant’Uffizio e all’Inquisizione, i quali non dappertutto funzionarono.

I Padri Gesuiti si resero i primi promotori della nuova impalcatura, ma solo parzialmente. Teatini e Chierici Regolari, che in quel periodo emersero, talvolta sostituirono l’opera dei Padri Gesuiti stessi. Come? Un esempio, la città di Lucca.

Qui i Padri Gesuiti mai entrarono e il loro ruolo fu assunto dai Chierici Regolari Leonardini. Senza che mai però il Sant’Uffizio prendesse davvero piede e con un’Inquisizione poco praticata, sicuramente indipendente in qualche modo da Roma.

In alcuni periodi della loro storia i Chierici Regolari Leonardini inglobarono l’Ordine degli Scolopi. Ma soprattutto mantennero la città di Lucca, peraltro indipendente fino al 1847, capace di confrontarsi col resto d’Europa. In città le partite di giro dei protestanti cittadini, che tali erano divenuti con la Riforma Protestante, quando in massa si erano trasferiti a Ginevra, continuando però a tenere rapporti con le famiglie di origine rimaste in città, evidentemente erano tollerate in via ufficiosa.

Il filone illuminista che investì la città e che nel Settecento ne fece un luogo importante per l’editoria, tanto da vedervi pubblicare, tra le prime in Italia, l’Enciclopedia, ci mostra un quadro che riuscì a conciliare i diversi Riformismi Europei.

E a Napoli? Città che sembra quasi gemellata con Lucca, visto che diverse famiglie napoletane qui si trasferirono e si legarono, anche con rapporti parentali, al contesto toscano. Gemellata anche in questo, se è vero che qui la Santa Inquisizione venne combattuta e Roma fu costretta ad affidare ai Vescovi locali il ruolo di Inquisitori. I «ribelli» napoletani mai si piegarono a quel tribunale.

Mi riallaccio in proposito a quanto descritto circa la Cappella di Sansevero, con riferimento alla rete,[2] cappella detta anche Santa Maria della Pietà o Pietatella. Questo per spiegare come nella città partenopea l’esoterismo, che era stato caro al Tempio, fu parte attiva di un processo di rinnovamento.


Note

1 Paolo Mencacci, Templari a Lucca, Lucca Maria Pacini Fazzi editore.

2 Blog letterario «Il mondo incantato dei libri», articolo di Fabiana Manna del 25 maggio 2020 dal titolo La Cappella di Sansevero. Storia e leggende della chiesa del Cristo Velato.

(marzo 2022)

Tag: Elena Pierotti, Gian Pietro Carafa, Sigismondi, Capponi, Templari, Elisabetta I, scoperte geografiche, Paolo IV Carafa.