La perfidia dei Borgia
Avvelenatori seriali

In una precedente nota, si è parlato di Lucrezia Borgia evidenziando le sue doti migliori, come abile governatrice, moglie, madre, protettrice di artisti e poeti, consolatrice di poveri e derelitti, brava allevatrice di bufale. Questo secondo il parere di tanti storici, studiosi e altri ancora.

Ma non mancarono i denigratori, coloro che ritennero tutto quanto di negativo si può incontrare in una donna. Questa volta, si resta dalla parte di questi ultimi.

Tanto per cominciare, molti ritengono che i Borgia avessero inventato un veleno (la cui la composizione è rimasta segreta) di grande efficacia, in grado di mandare al Creatore e con sicurezza, senza mancare un colpo e con rapidità; ma studi recenti sono giunti alla conclusione che essi non avevano inventato nulla di tutto questo. Pare che sia Papa Alessandro VI sia suo figlio Cesare, per compiere i loro delitti (secondo alcuni otto Cardinali, secondo altri «solamente» tre) abbiano usato un prodotto avente come base l’arsenico additivato da nitrato d’argento, antimonio, acetato neutro di piombo, vale a dire sostanze minerali che, alla fine del XIV secolo, avevano avuto un enorme «successo». A ogni modo, Cesare non aveva remore nell’uso della spada per lo stesso scopo. E sono parecchi coloro che ritengono che all’uso dei veleni sia ricorsa anche Lucrezia e che la sua preferenza ricadesse sulla cantarella, un veleno micidiale con il quale avrebbe eliminato i suoi nemici, facendola ingerire loro insieme con il cibo o le bevande. La cantarella è una variante dell’arsenico, efficace nelle sue prestazioni, difficile da individuare. Per produrla, si cospargeva l’arsenico sulle viscere ancora fumanti dei suini, si lasciava seccare il tutto e infine lo si polverizzava. Altro metodo per ottenerla consisteva nell’aggiungere arsenico all’urina di giovani, dopo averla fatta depositare in un catino di rame; si creava così una polvere bianca che, solo all’apparenza, aveva un aspetto del tutto non pericoloso, ma che nascondeva in sé un potere tossico da portare alla morte sicura il malcapitato, tra atroci tormenti e nel giro di 24 ore. Altra grave accusa nei confronti di Lucrezia era quella di incesto sia con il padre Rodrigo Borgia, Papa Alessandro VI, sia con il fratello Cesare.

Non tutti gli storici, però, sono dell’avviso che i Borgia usassero la cantarella per togliere dalla terra personaggi che dessero loro fastidio, bensì una variante, costituita da una sostanza semiliquida che si produceva da quanto colava dal grifo di un cinghiale, ammalato di rabbia oppure avvelenato da arsenico, appeso a testa in giù. Comunque, cantarella oppure no, il risultato era quello che ci si era prefissi di ottenere: il resto non contava!

Ormai, da diversi secoli si va avanti nel dubbio atroce se Lucrezia fosse una povera ragazza, immischiata in affari troppo grandi per lei, oppure se veramente si trattasse di una persona malvagia, spietata, crudele, perversa, disumana e chi più ne ha più ne metta. Sono molti a essere convinti che il suo comportamento alla Corte del Ducato Estense, quale consorte del Duca Alfonso II, sia stato irreprensibile, verso i suoi figli e i problemi della Signoria, nella bontà dimostrata nei confronti di poveri e derelitti, nell’allevamento delle sue bufale. Si riporta che si recasse alle case dei suoi sudditi, vestita di scuro, se non di nero, per ascoltare quali fossero le loro preoccupazioni e per dare loro conforto e aiuto. Importante fu il suo ruolo nella qualità di mecenate; fra i suoi protetti nomi di grande lustro: Ludovico Ariosto, Pietro Bembo, Gian Giacomo Trissino, Ercole Strozzi. Se si vuole, un paio di dubbi, però rimasti tali, sono dovuti ai suoi rapporti con il poeta Pietro Bembo, che i più sono convinti si sia trattato solo di un’infatuazione platonica, e con il Marchese Francesco Gonzaga di Mantova, il bel consorte della cognata Isabella d’Este, che le era sempre stata piuttosto ostile, con il quale forse andò oltre, pur senza prove. Resta comunque la convinzione in molti che sia stata una buona moglie, che abbia aiutato il marito nel governare il Ducato, che abbia seguito attentamente i figli e che regolarmente si sia dedicata alle pratiche religiose e alle funzioni spirituali, come terziaria francescana.

Insomma, da una parte i sostenitori che si sia trattato di un fuscello nelle grinfie dell’arroganza e della prepotenza dei Borgia e dall’altra, al contrario, quello che di peggio può essere una donna. Restando su questa cupa interpretazione, è chiaro il convincimento di persone illustri che espressero, a loro modo, il disappunto e la contrarietà nei suoi comportamenti, sempre riferendosi, però, alla vita prima del suo arrivo a Ferrara. Personaggi celebri come Francesco Guicciardini, Iacopo Sannazzaro e Giovanni Pontano furono fra coloro che per primi giudicarono in malo modo Lucrezia, accusandola d’incesto con il padre e con il fratello Cesare, accettando per vere le maldicenze che circolavano fra i nobili e il volgo. Calunnie che furono poi accettate nei secoli successivi come se si fosse trattato di verità cristalline. Victor Hugo scrisse il dramma Lucrezia Borgia interpretandone a modo suo la vita; da tale opera, Felice Romani prese le fila per la stesura del libretto servito a Gaetano Donizetti per l’opera omonima. Alessandro Dumas padre, nella sua opera Delitti Celebri, ne tracciò una figura veramente orribile e agghiacciante e parlò dei tre Borgia come di una «trinità diabolica». Anche il Francese Jules Michelet la descrisse come un «demone nello Stato Pontificio». Nemmeno Leibniz e Voltaire andarono tanto per il sottile. E tanti altri, scrittori e storici, parlarono di lei in senso negativo, mentre in tante pellicole del ’900 appare sotto una luce nefasta.

Concludendo, si può dire che sia stata – e sia tuttora – una delle donne del Rinascimento fra le più chiacchierate e argomento centrale di dialoghi, controversie, discussioni, dibattimenti fra quelle entrate nella storia. Ma la storia è stata spietata con lei? Oppure, dopo la dissolutezza, la depravazione, il vizio, forse non attribuibili alla sua volontà, Lucrezia è stata redenta da una vita anormale e squilibrata e quant’altro, per viverne una completamente diversa, basata sugli interessi dello Stato, della casa e della famiglia?

Purtroppo, nessuno potrà mai mettere una parola «fine» ai dubbi e alle perplessità fatti sorgere in tutti da questo famoso personaggio del passato. Non c’è che dire: fu una personalità amata nel bene e disprezzata nel male.

Però, forse sarebbe ora di lasciarla riposare in pace nella tranquillità del quattrocentesco monastero del Corpus Domini di Ferrara, dove trascorreva molte ore della sua vita. La costruzione, che fa bella mostra di sé esibendo ancora il suo caratteristico cotto originale, si trova in una stretta via, in una delle molte zone religiose della città; a distinguerla, però, è il fatto che Lucrezia giace in buona compagnia, trovandosi insieme con tanti Estensi, il cui ricordo è legato a quella antica Signoria che, nel Rinascimento, ha fatto parlare di sé, più spesso in bene che in male.

(febbraio 2021)

Tag: Mario Zaniboni, perfidia dei Borgia, avvelenatori seriali, Lucrezia Borgia, Papa Alessandro VI, cantarella, arsenico, Rodrigo Borgia, Duca Alfonso II, Ludovico Ariosto, Pietro Bembo, Gian Giacomo Trissino, Ercole Strozzi, Marchese Francesco Gonzaga di Mantova, Isabella d’Este, Francesco Guicciardini, Iacopo Sannazzaro, Giovanni Pontano, Victor Hugo, Felice Romani, Gaetano Donizetti, Alessandro Dumas padre, Delitti Celebri, Jules Michelet, Leibniz, Voltaire, monastero del Corpus Domini di Ferrara.