Il Protestantesimo in Italia nella seconda metà del Cinquecento
Molti fedeli auspicano un ritorno al Vangelo, ma si pongono una fondamentale domanda: con la Chiesa di Roma o fuori dalla Chiesa di Roma?

Siamo nell’ottobre del 1555. La Cristianità s’è ormai definitivamente divisa fra Cattolici e protestanti (luterani, anglicani, calvinisti): sono rimasti cattolici l’Italia, la Spagna, la Francia, l’Irlanda, la Scozia, il Granducato di Lituania, il Regno di Polonia, i territori illirici; la Sassonia, la Prussia (uno Stato creato nel 1525), l’Inghilterra, la Svizzera, il Regno di Boemia, il Regno d’Ungheria, il Regno di Danimarca, quello di Norvegia e quello di Svezia si sono fatti protestanti. Ad Augusta, più che altro per la stanchezza delle parti in lotta, l’Imperatore Carlo V d’Asburgo e i principi tedeschi protestanti, è stata conclusa la pace: ciascun suddito – viene deciso – è tenuto ad uniformare le proprie credenze su quelle del suo principe o del suo Re («cuius Regio eius religio»). Con questo, molti Tedeschi sono costretti ad emigrare.

In Italia la bufera protestante si sente appena, perché le condizioni le sono sfavorevoli. Il Protestantesimo si presenta come troppo ostile alla latinità e a Roma; oltretutto nella Penisola sono diverse le caratteristiche economiche, politiche e sociali che ne hanno favorito il sorgere in Germania. Non mancano però circoli di dissenzienti, e non pochi chiedono una riforma del clero, una maggiore purezza di costumi, un «aggiornamento» di alcune pratiche ed anche della dottrina. È ben difficile riconoscere dove termini la fedeltà a Roma e dove inizi la simpatia per Lutero.

Il suo pensiero è infatti ben conosciuto fin dal 1519 nelle città settentrionali sedi di Università. A Pavia, fra gli studenti dell’Università, Lutero viene letto appassionatamente e discusso. A Venezia giungono studenti e mercanti tedeschi; ma, se facciamo il giro dei suoi conventi, troviamo che i protestanti hanno parecchi ammiratori fra lo stesso clero. Oltre Lutero, ha grande influenza un riformatore spagnolo, Juan de Valdés: riparatosi a Napoli per sfuggire all’Inquisizione Iberica, abbraccia un Cristianesimo mistico ed evangelico, e forma nella sua abitazione un circolo a cui aderiscono aristocratici, alti prelati, religiosi ed umanisti. È soprattutto nei ceti colti e fra la nobiltà che le idee di un ritorno al Vangelo, secondo una definizione tanto cara alla Riforma, hanno fatto proseliti.

Renata d’Este, figlia di Luigi XII di Francia, tiene corte a Ferrara. Il suo è il circolo protestante più forte in Italia, e presso di lei si danno convegno molti spiriti che auspicano una riforma e una conciliazione religiosa; nel 1536, per qualche settimana, si intrattiene persino Calvino. La principessa Caterina Cybo di Camerino, il marchese Galeazzo Caracciolo di Vico, Giulia Gonzaga sono fra i nomi che si segnalano per aver protetto la Riforma o per aver dato ospitalità a calvinisti o luterani perseguitati per le loro idee.

Ma in genere i protestanti italiani preferiscono rimanere nascosti (fenomeno del «nicodemismo»): si rischia il carcere ed il processo. Paolo III ha creato un nuovo organismo che si occupa prevalentemente di controllare la fede della popolazione, e di condannare chi non crede nella Chiesa: il Sant’Uffizio. Molti preferiscono emigrare: come Fausto e Lelio Socino, Pier Martire Vermigli, Pier Paolo Vergerio, Bernardino Ochino (ex Generale dei Cappuccini che abbandona il proprio posto e si rifugia in Moravia).

Sono invece poche, in confronto a quelle emanate in Spagna, le condanne a morte per eresia comminate dall’Inquisizione in Italia: Pietro Carnesecchi, nobile fiorentino già segretario di Clemente VII, divenuto amico personale di Juan de Valdés, viene chiamato a rispondere della propria fede e trovato in difetto – sarà decapitato ed arso a Roma come eretico nel 1567 –; Aonio Paleario; e, famosissima fra tutte, la condanna di Giordano Bruno, ex frate domenicano, bruciato a Roma, dopo sette anni di carcere, il 17 febbraio 1600.

Anche per i Cattolici, però, sta venendo il tempo di una nuova fede: il «ritorno al Vangelo» è la parola d’ordine per quanti veramente credono ancora.

(luglio 2016)

Tag: Simone Valtorta, Italia, Rinascimento, seconda metà del Cinquecento, Protestantesimo in Italia, ritorno al Vangelo, Chiesa di Roma, Carlo V d’Asburgo, pace di Augusta, riforma del clero, Martin Lutero, Juan de Valdés, Calvino, circoli protestanti, Renata d’Este, Caterina Cybo di Camerino, Galeazzo Caracciolo di Vico, Giulia Gonzaga, Riforma protestante, nicodemismo, Paolo III, Sant’Uffizio, Fausto Socino, Pier Martire Vermigli, Pier Paolo Vergerio, Bernardino Ochino, Lelio Socino, Pietro Carnesecchi, Aonio Paleario, Giordano Bruno.