Gli ultimi studi sulla Sindone di Torino
Emanuela Marinelli (a cura di), Nuova luce
sulla Sindone, Edizioni Ares, San Giuliano Milanese (MI)
2024 (nuova edizione aggiornata)
Dei documenti che ci ha lasciato il passato, la Sindone oggi conservata a Torino è sicuramente il più sconcertante: si tratta di un telo di lino sul quale è rimasta impressa l’immagine di un uomo che la tradizione indica come Gesù figlio di Giuseppe, detto il Cristo, vissuto in Palestina e morto il 7 aprile dell’anno 30 dopo Cristo in seguito a crocifissione. Un documento che ha prodotto una particolare branca delle scienze: la Sindonologia (i sindonologi sono coloro che si dedicano a uno studio accurato e senza riserve della Sindone e di ciò che alla Sindone è in qualche modo collegato: si tratta di medici, storici, archeologi…).
La Sindone è un’immagine superficiale, dettagliata, tridimensionale, presente anche dove il telo non ha toccato la pelle.
Nessuno è riuscito a spiegare in maniera convincente come si sia potuta formare l’immagine, né a riprodurla artificialmente: ci sono diversi tentativi che hanno portato alla produzione di artefatti che hanno alcune caratteristiche della Sindone, ma mai tutte le caratteristiche (alcuni sono stati fatti da studiosi che dichiaravano di poter provare che la Sindone fosse un falso medievale o rinascimentale). L’ipotesi più plausibile è che l’immagine sia stata prodotta da un’irradiazione di protoni (un fenomeno fotoradiante) provocata da un’energia a noi sconosciuta.
Sono molte le caratteristiche della Sindone che lasciano perplessi gli studiosi. In primo luogo il fatto che il corpo che vi fu avvolto è rimasto tonico, mentre un cadavere si sarebbe afflosciato su se stesso; che non presenta il minimo segno di putrefazione sul lenzuolo. Inoltre, sulla Sindone vi sono macchie di sangue impresse prima che si formasse l’immagine: si tratta di sangue umano maschile, di gruppo AB (presente solo tra il 5% dei Caucasici), che all’analisi del DNA è risultato molto antico (tre scienziati, un ateo, un Ebreo e un musulmano hanno fatto l’esame del carbonio 14 dichiarando che il telo sindonico risalirebbe al XIII secolo, non tenendo conto però di molti elementi, escludendo alcuni esami che sarebbero stati importanti e altri ricercatori, e non mostrando i risultati); è sangue dello stesso tipo del Sudario di Oviedo (che la tradizione indica come il sudario posto sul volto di Gesù per raccogliere il sangue) e del miracolo di Lanciano (VIII secolo: un’ostia consacrata è diventata in parte di carne umana e ha lasciato colare alcune gocce di sangue; ostia e sangue sono tuttora mostrati a pellegrini e visitatori). La Sindone non presenta sbavature di sangue, come se il corpo non fosse stato asportato dal lenzuolo, ma fosse passato attraverso il lenzuolo: le fasce in cui era avvolto il corpo sono state trovate distese, afflosciate su se stesse.
L’Uomo della Sindone, come viene ancor oggi chiamato, per tratti somatici e altezza è un Ebreo. Porta il segno di una flagellazione romana, che non aveva limitazione di colpi (mentre per gli Ebrei non potevano superare il numero di 39). Sul volto presenta una frattura provocata da un colpo di verga (ciò che nella traduzione odierna dei Vangeli viene definito «schiaffo»). Sulla schiena, sono visibili le impronte del «patibulum» (la trave orizzontale della croce, che il condannato doveva portare sul luogo dell’esecuzione) con alcune escoriazioni.
La scoperta forse più «sconvolgente» è che l’Uomo della Sindone non è morto per crocifissione, ma ha avuto un infarto (mentre era crocifisso). I tre Vangeli sinottici (quelli attribuiti a Matteo, Marco e Luca) ricordano che Gesù mori dopo aver dato un alto grido, mentre Giovanni precisa che fu colpito al costato da una lancia e dalla ferita uscì «sangue e acqua»: non si tratta di acqua, ma di siero, che l’Autore del Vangelo non poteva però conoscere.
Le probabilità che l’Uomo della Sindone sia il Gesù della storia sono del 99,9% periodico!
Queste notizie, insieme a molte altre, sono contenute nell’interessante testo Nuova luce sulla Sindone, curato da Emanuela Marinelli (Autrice di numerosi libri sulla Sindone, Medaglia d’Oro al merito della Cultura Cattolica e Cavaliere della Repubblica Italiana) con il contributo di numerosi altri studiosi: non si tratta solo della Sindone, ma anche di altre importanti reliquie a essa collegate, prima fra tutte il Mandylion di Edessa. Un itinerario tra storia, scienza e resoconti evangelici, con un linguaggio il più possibile accessibile al pubblico ma anche scientificamente preciso, per cercare di «leggere» tutto quello che la Sindone ci può dire, senza aver la presunzione di aver già «letto» tutto.