Le mura di Lucca: tutto quello che
solitamente non viene detto
Un simbolo sottovalutato
La città di Lucca contiene tre cinte murarie: quella romana, quella medievale più ampia e in ultimo quella maggiormente visibile del Cinquecento.
Delle prime due rimangono alcune parti; e anche porte antiche. Mentre l’imponente cinta muraria cinquecentesca ben visibile rappresenta per tutti i Lucchesi, e non solo, luogo di passeggiate, manifestazioni e celebrazioni. È costituita da baluardi che sono elementi difensivi della cerchia muraria. Nell’attuale cerchia muraria se ne contano 11. Si compongono di 12 cortine a terrapieno che congiungono tra loro gli 11 bastioni, detti baluardi. Le mura di Lucca, sorte nel periodo rinascimentale, corrono per più di quattro chilometri intorno alla città. Elisa Baciocchi e successivamente Maria Luisa di Borbone Parma ne fecero a inizio XIX secolo un camminamento pedonale immerso nel verde. Lungo il percorso si incontrano ippocastani, querce, platani, tigli e altri innumerevoli alberi secolari. Mai utilizzate a scopo difensivo, furono anche concepite anche come deterrente. In particolare la Repubblica di Lucca temeva le mire espansionistiche prima di Firenze e, successivamente, del Granducato di Toscana.
Ma quali furono le più recondite verità che vollero la creazione di un così impotente monumento?
Pare, secondo quanto la storiografia ufficiale tramanda, che i Lucchesi si siano svenati per costruire la loro cinta muraria. Proviamo a formulare in proposto possibili scenari.
Nel Cinquecento Lucca divenne luogo monitorato sul piano religioso perché molti suoi concittadini si convertirono al calvinismo e si trasferirono massivamente a Ginevra. Nello stesso periodo il tentativo di un colpo di Stato da parte dei di Poggio generò incertezze politiche, per quanto sempre capace la Repubblica di mantenere in vita le proprie istituzioni.
Ma la «Libertas» che campeggia sulle porte cittadine doveva la sua presenza a situazioni pregresse assolutamente da valutare.
Federico Barbarossa aveva concesso a Lucca la sua indipendenza. Un Hoenstaufen, che dominava in Svevia, ma anche nella Bresgovia dove è presente la Friburgo tedesca, distante solo 50 chilometri da un’altra Friburgo, quella svizzera.
Proviamo a immaginare il periodo e la situazione, facendo un passo indietro.
Nel pieno Medioevo Lucca si era trovata in mezzo alla lotta per le investiture. E ci furono proclamati scismi che interessarono proprio la città. Il Barbarossa rappresentò per Lucca un fiore all’occhiello che le permise di ottenere un proprio posto in Europa continuando a perorare quella causa indipendentista che la caratterizzò. L’essere realtà così indipendente è probabile che dette l’opportunità anche agli Ordini Cavallereschi ivi recenti di destreggiarsi bene in mezzo a Ordini eccellenti della Chiesa e Papati degni di nota. Se Clemente V si permise di lasciare in Lucca il suo ingente tesoro personale, ne consegue che la città medesima dava in fondo garanzie, più che di fedeltà al Pontefice, di indipendenza politica acclarata. Secondo lo storico Paolo Mencacci qui gli stessi Templari, anche dopo il loro scioglimento, continuarono ad avere campo libero e a perorare le medesime cause. Ma soprattutto a intrattenere buoni rapporti sia con i Frati Francescani che con i Frati Domenicani locali. Potremmo anche pensare che si trattasse di un monopolio, ossia che le famiglie afferenti a tali Ordini fossero le medesime. Non possiamo escluderlo. Ma sicuramente gli Ordini in quanto tali riuscivano comunque a intrattenere proficui rapporti. Si trattava di fiori all’occhiello niente affatto trascurabili.
Sulla scia di queste osservazioni, per lo Stato Indipendente Lucchese cambiavano i secoli ma non i caratteri che gli erano propri. La stampa al suo sorgere fu subito per Lucca «stampa libera», che si mantenne tale nel tempo al punto da permettere a Cesare Beccaria, secoli dopo, di pubblicare qui «in primis» Dei delitti e delle pene. Città con cui il celebre uomo di cultura ebbe sempre anche rapporti parentali.
La Riforma Protestante aveva lambito Lucca. L’aveva lambita così tanto che molti suoi illustri concittadini dovettero abbandonarla rifugiandosi a Ginevra, dopo aver aderito al credo calvinista. Lasciando in città quei membri delle medesime famiglie, rimasti più in disparte e che per tale motivo erano riusciti a cavarsela. In quello stesso periodo qualcuno tentò in città un colpo di Stato. Si trattava della famiglia di Poggio, che a ben vedere avrebbe potuto, il condizionale è d’obbligo, appartenere a quella cerchia cittadina che aspirava a un ulteriore allontanamento della città dall’orbita bianca papalina. Per quanto Lucca abbia mantenuto sempre una sua autonomia gestionale anche sul piano curiale.
Poteva, ma quest’ultima è una mia supposizione perché non ho trovato prove che possano confermarlo, trattarsi di membri provenienti da quella Poggio Garfagnina che aveva ospitato ai tempi della Tuscia Longobarda le grandi Casate Medioevali del territorio.
Se vogliamo trovare un tratto comune e soprattutto un filo conduttore comune tra Medioevo e imponenti mura cinquecentesche della città, dove campeggia ancora la scritta «Libertas», dobbiamo avventurarci nelle reali motivazioni che spinsero i Lucchesi a costruirle. Paura del nemico, probabile. I Lucchesi non avevano un vero esercito. E i cambiamenti in campo bellico nel periodo erano imponenti. Desiderio di marcare il territorio senz’altro. Dare quella dimostrazione di forza e di imponenza che solo una cinta muraria così corposa poteva sostenere.
Ma la reale motivazione vedrei di cercarla altrove, in questi ancestrali rapporti Papato-Impero; in questa capacità di saper restare ancorata al passato nonostante i cambiamenti in corso; ma ancor più nella ostinata ricerca di indipendenza tessendo legami solidi con chi rappresentava i suoi interessi fuori dalle mura cittadine: non ultime le stesse famiglie locali presenti a Ginevra che non avevano del tutto tagliato i fili con quei parenti rimasti a vivere in città. Legami che continuarono a costituire motivo di orgoglio, di rinascita, di forza. Nessun visionario dunque. Anche se il progetto iniziale pare fosse del grande Leonardo da Vinci che Lucca peraltro aveva ben conosciuto. A volte può essere utile apparire, Lucca e i Lucchesi lo avevano capito. Altre volte far credere di essere poco accorti, di sperperare senza costrutto i denari per un’imponente opera monumentale è altrettanto utile per mascherare situazioni ben più complesse e antiche. Ciò è altrettanto auspicabile.