Notte dei Lunghi Coltelli
Sei contro di me? Ti elimino!
La «Notte dei Lunghi Coltelli» («Nacht der Langen Messer») fu quella fra il 29 e il 30 giugno 1934 e fu teatro di un bruttissimo episodio messo in scena dalla Gestapo («Geheime Staatspolizei», «Polizia Segreta dello Stato») e dalle SS («Schutzstaffe», «Guardia Scelta») di Heinrich Himmler. Queste fecero irruzione nell’albergo Bad Wiesee di Monaco di Baviera, dove era stata organizzata una riunione delle SA («Sturmableitiungden», cioè «Squadre d’Assalto»), che costituivano la milizia di quel partito nazionalsocialista, che appoggiò Hitler nella sua ascesa al potere.
Si trattò di un fatto estremamente violento, crudele e sanguinario, che si protrasse per alcuni giorni, lasciando sorpresa e allibita l’opinione dell’intera Germania: fu un vero e proprio sterminio di persone, alla fine del quale si dovettero contare un paio di centinaia di morti e non meno di un migliaio di incarcerati.
Ma qual è stata la causa che ha indotto i membri delle due organizzazioni a intervenire in una maniera tanto drastica da attuare un tale eccidio?
Per capirci qualcosa, bisogna tornare indietro, risalendo a un individuo che ebbe un grande peso nella situazione politica di quel periodo. Si trattava di Ernst Röhm, il capo delle SA, un’organizzazione di natura paramilitare facente parte del partito nazionalsocialista e che ne era una spina nel fianco: infatti, i più stretti e fedeli collaboratori di Hitler lo avevano messo sull’avviso che questa stava pericolosamente crescendo, con i suoi circa tre milioni di adepti, con la possibilità di tarpare le sue aspirazioni future. Del resto, pure a Röhm non piaceva Hitler, le cui idee erano in netto contrasto con le sue, tanto che quest’ultimo le considerò eversive e, perciò, pericolose per il suo potere. Così Röhm, che in precedenza era stato collaboratore, oltreché amico di Hitler, per quest’ultimo divenne un traditore e, come tale, un potenziale concorrente da non perdere di vista. Infatti, Röhm aveva proposto che le SA, le cosiddette «Camicie Brune», fossero inserite e fuse nell’esercito regolare, in modo che questo diventasse un corpo nazionale unico e sotto il suo comando e, nello stesso tempo, lui fosse nominato Ministro della Difesa.
Intanto era ancora in vita, anche se piuttosto malconcio, il Presidente Paul von Hindenburg, per cui era impossibile per Hitler avere l’incarico che desiderava, al di là di essere Cancelliere del Reich, nomina avuta il 21 marzo 1933, vale a dire diventare anche Presidente.
Così, la carriera di Hitler era ferma e, inoltre, lui aveva la palla al piede dovuta a Röhm, le cui proposte erano da ritenere assolutamente fuori luogo e, perciò, inaccettabili. Egli, che nei suoi intendimenti aveva già previsto di togliere le SA dalla circolazione, figuriamoci se poteva essere disposto ad accettare le velleitarie ambizioni di Röhm.
In tal modo quest’ultimo firmò la sua condanna a morte, perché Hitler non ci pensò due volte ad approfittare dell’occasione, che involontariamente quello gli aveva offerta, e a togliere di mezzo la mala erba, come si vedrà di seguito.
In effetti Röhm, dopo aver aiutato Hitler a raggiungere la prima meta ambita, si allontanò da lui per idee politiche contrastanti. E Hitler, spalleggiato da altri grossi papaveri che la pensavano come lui, si oppose alle sue velleità, mettendo una pietra tombale sull’esercito delle SA e sulla carica di Ministro della Difesa.
Intanto, altri personaggi entrarono nello scenario politico a fiancheggiare i principi hitleriani: infatti, quale nuovo Ministro degli Interni fu nominato Hermann Göring e Joseph Goebbels ebbe il Ministero della Propaganda.
Mentre le SS dichiaravano apertamente la loro fedeltà a Hitler, al contrario le SA si dimostrarono inaffidabili, violente, incontrollabili, al punto che Hitler temette un colpo di Stato da parte di Röhm.
Che fare? Hitler si affidò ai suoi più fedeli collaboratori. Innanzitutto, Heinrich Himmler, capo delle SS, impartì l’ordine al capo dei servizi segreti delle stesse, Reinhard Heydrich, di raccogliere tutto quanto era possibile su Röhm e i suoi fedeli seguaci: i risultati delle ricerche, che non furono gran che, furono fatti diventare allarmanti, mettendo in giro la diceria che si aveva un forte sentore che fosse «in fieri» un complotto contro il capo del partito nazista. Per questo, per mettere in chiaro la situazione attuale e quella che si sarebbe avuta in futuro, fu organizzata una riunione alla quale parteciparono gli alti gradi dell’esercito, i capi delle SA e delle SS, a conclusione della quale Röhm non poté rifiutarsi di firmare un documento in cui veniva chiaramente dichiarato che le SA dipendevano dalla «Reichswehr» («Forza Armata del Reich») e che ne sarebbero divenute una forza ausiliaria e non il contrario. Ma alla fine Röhm ci ripensò e, senza mezzi termini, dichiarò che mai e poi mai avrebbe rispettato quello scritto. Beh, non c’è da meravigliarsi se il gelo cadde sulla scena! E, infatti, ciò comportò una riunione tenuta a Neudeck, dov’erano presenti pure il Presidente von Hindenburg e il Ministro della Difesa Werner von Blomberg, a seguito della quale Hitler, tornato a Berlino, aveva già maturato l’idea di eliminare fisicamente Röhm e i suoi accoliti e, dopo un attimo di esitazione, fu sollecitato a decidere finalmente un’azione punitiva da parte dei fedelissimi Göring e Goebbels, giungendo alla preparazione delle modalità da seguire nell’attuazione della cosiddetta «Operazione Colibrì», nella quale furono inseriti i nomi di tutte le persone che erano indigeste al partito nazista, fra cui non mancarono pure ufficiali dell’esercito. E, per avere uno straccio di ragione verso l’opinione pubblica, fu diffusa la notizia, falsa, secondo la quale il Governo Francese aveva gratificato Röhm con un «grazie» del valore di 12 milioni di marchi, affinché le SA avessero rovesciato il potere di Hitler.
Era giunta l’ora di agire. Hitler, che in precedenza aveva destituito il capo delle SA bavaresi August Schneidhuber per non essere riuscito a far mantenere la calma durante la notte, andò a Monaco, dove fece arrestare Röhm in una pensione insieme con diversi capi delle SA e li fece trasferire nel carcere Stradelheim di Monaco, mentre le SS avevano arrestato altri pezzi grossi, sempre delle SA, e assassinato il comandante delle stesse, Karl Ernst. E, ciliegina sulla torta, fu fucilato uno dei capi delle SA, perché trovato a letto con un suo membro diciottenne.
Goebbels, che era stato a Monaco con Hitler, tornò a Berlino, dove contattò Göring per riferirgli che la parola d’ordine era «colibrì», da utilizzare per dare inizio all’operazione per trovare ed eliminare coloro che, per loro sfortuna, erano elencati nella lista nera.
Infine, convinti che bisognava agire in maniera tale da togliere il male partendo dalle sue radici, fu presa una drastica decisione: cancellare quanto più si poteva delle SA; quando giunse il momento, Gestapo e SS dimostrarono in pieno le loro capacità di eseguire gli ordini alla lettera.
E così, la notte del 29 giugno 1934, ebbe inizio l’operazione «Notte dei Lunghi Coltelli». I cani arrabbiati dei due enti fecero irruzione nell’albergo Bad Wiesee di Monaco di Baviera, entrarono nelle stanze da letto e fecero fuori tutti coloro che vi stavano riposando. Fu un eccidio di massa senza concedere la possibilità di una minima difesa, essendo state le vittime sorprese nel sonno e fatte transitare inconsapevolmente nella morte. Nella mattanza finirono ufficiali di una certa età che da sempre si opponevano al regime nazista e, disgraziatamente, finirono nel calderone anche civili, che furono vittime innocenti delle violenze che non andarono tanto per il sottile. Fu uccisa l’incolpevole moglie Elisabeth di Kurt von Schkeicher, per esempio. Fu ucciso il dottor Wilhelm Eduard Schmidt, che non aveva mai partecipato alla vita politica, solamente perché scambiato per l’omonimo capo delle SA locali; ci furono le scuse da parte del partito attraverso il Generale Rudolf Hess, che fece visita alla vedova, alla quale fu assegnata una pensione. Unico superstite del massacro fu un certo Franz von Papin, salvo per miracolo. Si pensa, inoltre, che qualcuno, approfittando dell’occasione favorevole, si sia tolto qualche sassolino dalle scarpe, facendosi vendetta personale.
Alla fine, il 13 luglio, il Cancelliere del Reich comunicò che, in quell’occasione, i morti furono 71 ma, considerando l’intero Paese, dove la mattanza era continuata fino al 2 luglio, sicuramente furono attorno a un paio di centinaia.
Hitler, visitando Röhm in carcere, gli concesse il privilegio di suicidarsi; il carcerato non ne volle sapere, ma quel diniego non scompose Hitler nemmeno per un momento, che, senza tanti complimenti, lo fece fucilare lì stesso.
Hitler, per rendere note le ragioni di ciò che era avvenuto e, forse, per giustificarlo nei confronti della popolazione, fece un discorso davanti all’esercito, chiarendo che uno Stato deve mantenere la sicurezza e l’ordine se vuole sopravvivere e che, appunto per questo, deve togliere di mezzo tutti coloro che ne minacciano l’esistenza.
Finalmente, per Hitler, il 2 agosto 1934, il Presidente del Reich Paul von Hindenburg morì, lasciandogli via libera per coprire la duplice carica di Cancelliere e di Presidente del Reich, mettendo in soffitta la Repubblica di Weimar per favorire la nascita del Terzo Reich. Il suo sogno era diventato realtà.