E se avessimo letto solo falsità?
Un Risorgimento da riscrivere

Mi spiace dover ammettere che quello che leggiamo in buona fede sui testi scolastici anche universitari spesso è frutto di demistificazione ed errata interpretazione. Talvolta anche di malafede e deliberata narrazione fantastica. Naturalmente se si presentano documenti che smentiscono categoricamente quanto è stato narrato si è presi o per visionari oppure per sensazionalistici; ma i documenti parlano da soli.

Proverò con pochi passaggi a descrivere una storia che un lettore può anche considerare, se vuole, non conforme. Tuttavia invito a leggere i documenti di quanto asserisco negli articoli che ho presentato sul sito www.storico.org a più riprese, con note dettagliate. Unico obiettivo: non far cadere nell’oblio realtà politiche essenziali ancora oggi e, ripeto, deliberatamente ignorate.

1826. Un sacerdote lucchese, Padre Gioacchino Prosperi, si trova di fronte, a Torino, al Generale dei Padri Gesuiti Fortis. Padre Prosperi è un quadro gesuita. Dirige e insegna in collegi piemontesi e partecipa attivamente alle Amicizie Cristiane del marchese Cesare d’Azeglio, padre dei noti liberali Massimo e Roberto, ma anche di Prospero, il Padre Gesuita che ebbe un ruolo essenziale nell’Ordine medesimo. Con lui Padre Prosperi aveva studiato a Roma, in Sant’Andrea al Quirinale. Dove per 5 anni entrambi avevano vissuto a contatto anche con Carlo Emanuele IV di Savoia, Sovrano Sabaudo che aveva abdicato in favore del fratello Carlo Felice, l’attuale Sovrano Sabaudo, attuale nel 1826, per dedicarsi a una vita di preghiera.

Padre Prosperi litiga col Generale Fortis. Perché? Perché Padre Prosperi è un «Gesuita non sano di mente», definizione che lui stesso dà dei Padri Gesuiti contrapponendo a essi i «sani di mente» intransigenti; ossia fa parte di quel gruppo di Padri Gesuiti che vuole un’Italia libera dallo straniero, con un Pontefice che si faccia carico di una confederazione di Stati Nazionali indipendenti e sovrani, ma capaci di posizionarsi in Europa ed essere parte attiva nello scacchiere internazionale. Carlo Felice nel periodo sta approntando il porto di Genova, certo di poter posizionare una flotta nel Mediterraneo agguerrita e con mire anche in Palestina e più in generale in Medio Oriente. Terra essenziale ieri come oggi, nelle dinamiche internazionali.

Ad Aleppo posiziona un religioso amico di Padre Prosperi, Monsignor Giovan Pietro Losana, Piemontese che poi diverrà il Vescovo di Ivrea. Che sempre sostenne i protestanti e gli Ebrei Piemontesi, che diresse un Circolo piemontese parallelo al Gabinetto Toscano del Vieusseux, l’Accademia Letteraria Pino, dove vivranno e passeranno i principali patrioti piemontesi di ogni colore. Padre Prosperi dunque nel 1826 esce dall’Ordine Gesuita per contravvenute controversie col Generale Fortis. Ma non lascia l’abito, diviene Padre Francescano.

I Padri Francescani hanno un importante ruolo proprio in Medio Oriente e in Italia sostengono le posizioni che con i fratelli Agostiniani ne faranno i principali fautori delle posizioni genericamente definite cattolico-liberali.

Ma attenzione, questi patrioti cattolici non sono soli. Collaborano direttamente con Giuseppe Mazzini.

Il rivoluzionario genovese è cresciuto presso i Padri Scolopi che l’hanno educato a precisi valori politici e sociali. Come l’amico e collaboratore Elia Benza, anche lui Genovese. Il Benza entrerà nel gruppo dell’Accademia Letteraria Pino, a Torino.

I Padri Scolopi Genovesi sono direttamente collegati con la realtà lucchese da cui Padre Gioacchino Prosperi proviene. A Lucca a più riprese i Padri Scolopi sono stati sciolti perché accusati di pedofilia. Tuttavia mai si sono arresi e hanno sempre costituito l’ossatura primaria dell’educazione popolare.

In Lucca questo ruolo è stato ricoperto dai Chierici Regolari della Madre di Dio, in precedenza anche Padri Scolopi. A Lucca Giuseppe Mazzini è di casa. Frequenta una donna, Cleobulina Cotenna, che vive in un castello a Monte San Quirico, a soli tre chilometri dalla cinta muraria cittadina. Lo fa di nascosto con l’amante Giuditta Sidoli. Mazzini non può farsi vedere in giro come un comune mortale, è un ricercato internazionale. Padre Prosperi a Lucca ha diversi cugini. Tra questi i Pierotti, che sono come lui in prima linea nelle questioni risorgimentali. Cesare, nato nel 1808, è un Amico del Popolo di Domenico Guerrazzi. Ma anche in Mediavalle e Garfagnana, altri membri della famiglia di Cesare sono direttamente legati sia al mondo cattolico-liberale che a quello mazziniano. Addirittura in Castelnuovo Garfagnana e Pieve Fosciana troviamo patrioti, Francesco e Franceschino Pierotti, cugini dei celebri fratelli Fabrizi, originari di Sassi Eglio in Garfagnana e poi modenesi di adozione. Saranno i fratelli Fabrizi a fondare la Lega Italica che tanto peso avrà nei moti risorgimentali. Del resto lo stesso Padre Prosperi ha proprietà di famiglia in Bagni di Lucca, località Villa. Si tratta di famiglie nobili che hanno abbracciato i valori napoleonici prima e risorgimentali poi. Padre Prosperi è un contino, come si definisce lui stesso, come del resto i suoi cugini.

Avrebbero questi personaggi potuto lavorare così alacremente alla causa da soli? Certo che no. Un nome e una garanzia li sostiene: Luciano Bonaparte, fratello amato del grande Córso, e tutta la sua famiglia, compreso Luigi Napoleone Bonaparte, suo cugino. Hanno aderito alla fede mazziniana, ma soprattutto hanno importanti agganci in Vaticano.

In Vaticano nel 1826 il Segretario di Stato è il Cardinale Bartolomeo Pacca. Con un nipote a Parigi, accusato il nipote di essere un rivoluzionario e ladro. Rivoluzionario che qui si era rifugiato nei primi anni dell’Ottocento. E con un nipote che come lui diverrà Cardinale e sarà sepolto insieme a lui in Roma in Santa Maria in Portico in Compitelli, la chiesa che guarda caso appartiene proprio ai Chierici Regolari Lucchesi.

Eppure il Segretario di Stato Bartolomeo Pacca è finito a Fenestrelle in epoca napoleonica. E doveva persino diventare Papa nel conclave che proclamò Pontefice Pio VIII. Ma il Cardinale Bartolomeo Pacca da Benevento era figlio di una Malaspina. E i Malaspina nel Cinquecento si imparentarono con i Bonaparte, prima che questa famiglia parzialmente si recasse in Corsica. Reminiscenze storiche o altro?

Luciano Bonaparte non ha sempre agevolato il fratello Imperatore. E dopo la scomparsa di Napoleone si è rifugiato in Italia con la famiglia, in specifico a Canino, nell’Alto Lazio. Sostenuto a Roma proprio dall’amicizia col Cardinale Pacca.

Padre Gioacchino Prosperi, che è un prete rivoluzionario non di Montanelli, come lo accusano pubblicamente, ma di Luciano Bonaparte, ha aderito al partito bonapartista córso, rivoluzionario e mazziniano, che vuole sganciare l’Isola Bella dalla Francia e inserirla in una confederazione di Stati, con un Papato che si faccia garante della confederazione medesima. Sgombriamo il campo di fronte a questa dichiarazione su quanto conosciamo dell’ideologia cattolico-liberale descritta dalla storiografia ufficiale. Niente di tutto questo. Un Papa, quello voluto da tali patrioti, «super partes», come lo poneva all’epoca un grande cattolico-liberale ritenuto pericoloso dalle frange cattoliche più intransigenti, Rosmini.

Rosmini anticipa nelle sue note quello che sarà più di un secolo dopo il Concilio Vaticano II. I preti rosminiani, Padre Prosperi sarà un prete rosminiano, sono ritenuti pericolosi patrioti, deformatori non solo dell’ordine costituito ma anche dei parametri di fede, che troppo si avvicinano all’anima protestante europea. E in effetti queste frange politiche da sempre, addirittura dal Medioevo, come ho potuto dimostrare grazie alle mie ricerche pubblicate sul sito menzionato, sempre sono state legate a questi ambiti politici e sociali. Quindi le accuse sempre pubbliche di giansenismo sono sicuramente legate alla loro attiva esperienza politica.

Con Rosmini c’è un uomo cattolico-liberale insospettabile, anche lui considerato un moderato, Pasquale Galluppi, colui che Padre Prosperi cita come cita il Cardinale Bartolomeo Pacca, definendo Galluppi il «pio legislatore» di Nicotera da cui si sente ispirato. A dimostrazione della capillarità dei valori rivoluzionari sul territorio peninsulare.

Nei documenti del religioso rivoluzionario lucchese ci sono precisi riferimenti rivoluzionari. Con tanto di benedizione di armi e patrioti il 26 marzo 1846 sul sagrato della chiesa di San Rocco di Ajaccio, in Corsica, dove Prosperi si trovava con l’incarico ufficiale di predicatore, incarico che tenne per ben 9 anni, dal 1839 al 1846. Inutile dire che Luciano Bonaparte e i suoi figli, e i membri vaticani che vedevano in tale soluzione una possibile crescita spirituale e sociale, non erano dei visionari. Mazzini era sì un rivoluzionario intransigente ma pur sempre disponibile con chi poteva dare sufficienti garanzie di genuina adesione rivoluzionaria, pur con varianti sul tema. Definire i fratelli Fabrizi dei mazziniani scomodi diventa perciò poco congruo. Così come è poco congruo definire i Bonaparte mazziniani dei mazziniani annacquati. Erano sicuramente, i figli di Luciano, dei veri patrioti, legati anche a valori repubblicani, pur accogliendo, come fecero i membri della Lega Italica, possibili sostegni dai Sovrani della Penisola che di casata non facevano Asburgo. Sicuramente i Borbone, in particolare il tanto criticato e ridicolizzato Carlo Ludovico di Borbone-Parma, Duca prima di Lucca e poi di Parma, che sostenne in Lucca questi rivoluzionari. I documenti dimostrano che non era poi così sprovveduto e inetto. Poi Carlo Alberto di Savoia, amico-nemico di suo cugino Carlo Ludovico di Borbone-Parma, che con lui collaborò a lungo ma che spesso dovette trovarsi anche in conflitto per le rispettive esigenze di dominio.

E anche per il comportamento altalenante di chi all’estero sosteneva tali patrioti, soprattutto dalla Gran Bretagna. Mi riferisco a Sir Panizzi, come i documenti comprovano, espressione della Corona Inglese, ma anche a Sir Henry Holland, sempre presente con la sua antichissima famiglia nella realtà italica e lucchese in specifico, anche qui come ho potuto dimostrare. E vicinissimo alla famiglia Bonaparte.

E gli Stati Uniti nascenti, in tutto questo così estranei come descritto storicamente? Niente affatto. Un nome su tutti, il rivoluzionario Giuseppe Binda, prima una spia murattiana vicina ai Bonaparte, non ultimo proprio Luciano, poi a servizio di Sir Holland in Londra in qualità di bibliotecario ufficiale, successivamente cittadino americano sposando la figlia del Generale Sumter e di riflesso ufficialmente Console Onorario Statunitense a Livorno. Al seguito qui dei patrioti della penisola e toscani in particolare, come ho potuto rinvenire, e che la storiografia ufficiale nega. Sempre negli Stati Uniti troviamo un Leonetto Cipriani, personaggio controverso per la storiografia ufficiale, ma forse, date le ricerche intraprese, assolutamente vicino a tali patrioti che ho citato. Al punto che un Lucchese celebre, il mazziniano Carlo Massei, ha intitolato una parte di una sua proprietà in Lucca «La California» come aveva fatto prima di lui l’amico Leonetto che intitolò «La California» una sua proprietà in Livorno. La California era stata essenziale nelle dinamiche politiche e sociali dello stesso Leonetto che era diventato vicino a San Francisco il «Boss» di Belmont, località non distante dalla città californiana. Anche il Córso Cipriani, così come il Lucchese Binda, finirono nel tritacarne di una storiografia posteriore che fece della realtà storica italiana essa stessa tritacarne.

Accusare solo i fatti del 1870 e la presa di Roma è troppo semplicistico. Sono poi trascorsi 150 anni e forse tante verità potrebbero essere rivelate. Non solo, ma evidentemente chi costruì l’unità nazionale e non solo Casa Savoia, ebbe tutto l’interesse a nascondere e imbrigliare lo stesso Vaticano in tali dinamiche. Perché il Gattopardo parla da solo, ma un Paese gattopardo non credo possa andare da nessuna parte. E il gattopardo non era solo attribuibile al Sud della Penisola.

(ottobre 2024)

Tag: Elena Pierotti, Risorgimento Italiano, Leonetto Cipriani, Luciano Bonaparte, Giuseppe Binda, Sir Henry Holland, Carlo Massei, Padre Gioacchino Prosperi, Bartolomeo Pacca.