Vasilij Grigor’evič Zajcev, un po’ «troppo» eroe
La vera storia del Nemico alle porte

Nel 2001 uscì nelle sale cinematografiche italiane il film di guerra Il nemico alle porte (Enemy at the Gates) del regista Jean-Jacques Annaud, basato essenzialmente sul saggio Enemy at Gates: The Battle for Stalingrad del romanziere e storico statunitense William Craig e sul romanzo storico Fortezza Stalingrado (War of the Rats) di David L. Robbins, edito due anni prima: il romanzo narra la sfida tra due cecchini, uno russo e uno tedesco, durante la battaglia di Stalingrado.

Iniziamo con un breve ma necessario inquadramento storico: il 17 luglio del 1942 le forze dell’Asse e dei suoi alleati (Germania, Italia, Romania, Ungheria e Croazia), dopo una rapida e vittoriosa avanzata in territorio sovietico, giungono alle porte di Stalingrado, importante centro politico ed economico nella regione strategica tra il Don e il Volga. Dopo una serie di fasi drammatiche e sanguinose, la 6ª Armata Tedesca rimane circondata nella città ed è costretta alla resa dopo aver perso gran parte dei suoi effettivi (2 febbraio 1943). La battaglia di Stalingrado è una delle più grandi battaglie della Seconda Guerra Mondiale (vi vengono impegnati oltre 3 milioni di uomini) e segna la prima importante sconfitta della Germania nonché l’inizio della controffensiva sovietica che sarebbe terminata due anni dopo con la conquista del palazzo del Reichstag e il suicidio di Hitler durante la battaglia di Berlino.

Nella battaglia di Stalingrado, un ruolo non indifferente ebbero i cecchini[1] che, appostati tra le macerie, scaricavano a colpo sicuro i loro proiettili sui nemici, rimanendo quasi invisibili, e aumentando il clima di insicurezza nei combattenti. I migliori tra di essi erano considerati veri e propri eroi.

Tra questi, il film narra la vicenda di Vasilij Grigor’evič Zajcev, riconosciuto come Eroe dell’Unione Sovietica e il cui fucile è esposto al Museo di Storia di Stalingrado (attuale Volgograd). Una storia vera… oppure no?

Qui non si parla delle ovvie interpolazioni fatte dal regista per rendere il film più «avvincente», quanto del fatto che il famoso duello tra Zajcev e il Maggiore Tedesco König, che costituisce per intero la trama del film, è assai poco credibile.

Cerchiamo di capire la verità. Vasilij Grigor’evič Zajcev nacque il 23 marzo 1915 a Eleninskoe, un piccolo villaggio sugli Urali, da una famiglia di contadini. Nonostante nel film sia presentato come scarsamente istruito e semi-analfabeta, a malapena in grado di scrivere, nella realtà conseguì un’istruzione completa, terminando nel 1933 le scuole superiori, e laureandosi in ingegneria tessile a guerra finita, fino a diventare direttore di una fabbrica.

Si arruolò volontario nelle forze armate sovietiche a soli 22 anni e il 22 settembre 1942 fu assegnato al 2º Battaglione, 1.047º Reggimento Fucilieri della 284ª Divisione Fucilieri, 62ª Armata Sovietica, di stanza a Stalingrado dal 17 settembre.

Servì come cecchino insieme al suo compagno Nikolai Kulikov e prima del 10 ottobre aveva già ucciso 32 soldati tedeschi con il suo fucile calibro 7,62 Mosin-Nagant. Nel corso della battaglia di Stalingrado uccise 242 tra soldati e ufficiali tedeschi. Fu ferito agli occhi da un colpo di mortaio nel 1943, ma recuperò la vista, tanto che poté prender parte ai successivi combattimenti sia in Unione Sovietica che in Germania.

La propaganda sovietica prestò su di lui grande attenzione: si diffuse il suo esempio nella «filosofia» dei tiratori scelti, e soprattutto per scambiare e discutere idee sui principi di una specialità che non si limitava alle sole capacità di tiro.

Dopo la guerra, Zajcev si trasferì a Kiev dove, come già ricordato, conseguita la laurea, divenne direttore di una fabbrica tessile locale. Si sposò con Zinaida Zajceva e da lei ebbe quattro figlie. Si spense a Kiev il 15 dicembre 1991, dieci giorni prima della dissoluzione dell’Unione Sovietica. Il suo corpo riposa al Mamaev Kurgan, vicino al monumento dei difensori di Stalingrado, come lui aveva chiesto.

Nelle sue memorie Načalo puti (L’inizio della strada, pubblicato in italiano col titolo La battaglia di Stalingrado), il Generale Vasilij Ivanovič Čujkov, Comandante Supremo della 62ª Armata Sovietica a difesa di Stalingrado, narra come i Tedeschi, nel tentativo di uccidere Zajcev, le cui imprese stavano risollevando il morale dei soldati dell’Armata Rossa, mandarono a Stalingrado il miglior tiratore di cui disponesse la Germania, il Maggiore Konings, ex capo di una scuola di cecchini della Wehrmacht a Berlino. Zajcev, dopo una lotta durata pochi giorni e la morte di due compagni, con uno stratagemma poté intravedere il suo avversario appostato sotto una lamiera di ferro e lo uccise. Lo stesso Zajcev, nel suo libro di memorie Notes of a Russian Sniper: Vassili Zaitsev and the Battle of Stalingrad (Frontline, 2009), racconta del suo duello durante la battaglia con un certo Maggiore Konings, il cui nome e la cui missione il comando sovietico avrebbe appreso da un soldato tedesco prigioniero.

Tutto questo, però, appare abbastanza improbabile, privo com’è di qualsiasi conferma ufficiale. Lo storico Antony Beevor precisa che l’episodio del duello è poco convincente perché non compare in nessuno dei rapporti da Stalingrado ad Aleksandr Ščerbakov, capo del dipartimento politico dell’Armata Rossa, nei quali, pure, tutti gli episodi relativi alle gesta dei tiratori scelti sovietici a Stalingrado sono riportati con dovizia di particolari. Anche il giornalista e romanziere italiano Andrea Marrone (La disfatta del Terzo Reich. La battaglia di Stalingrado, Newton Compton, 2012) ritiene di dubbia attendibilità la storia del duello fra Zajcev e il cecchino tedesco, non essendo mai esistiti storicamente né la scuola per tiratori scelti di Zossen, né il personaggio dello Standartenführer SS Heinz Thorwald, né reparti delle Waffen-SS a Stalingrado (in realtà, Marrone attribuisce erroneamente al cecchino tedesco il grado e il nome di Standartenführer SS Heinz Thorwald, mentre nelle memorie di Čujkov è chiamato Maggiore Konings, senza che venga mai indicata l’appartenenza alle SS).

Anche la figura del Maggiore Konings è storicamente poco attendibile. Di lui, conosciuto anche come Heinz Thorvald, non sappiamo né la reale identità, né la biografia: nulla ci è noto della data e del luogo di nascita, mentre riusciamo a reperire qualche scarna informazione solo attraverso le memorie di Zajcev, che ne avrebbe conosciuto l’esistenza attraverso la confessione di un soldato tedesco diventato prigioniero di guerra, come sottolineato più sopra. Non esiste altra documentazione storica per gli eventi in questione. Zajcev lo identifica come il capo di una scuola di cecchini di Zossen, stando ai documenti trovati sul cadavere, ma nei registri del personale tedesco della Heer non è menzionato nessun cecchino chiamato Konings. Lo storico Frank Ellis, nel suo libro The Stalingrad Cauldron: Inside the Encirclement and Destruction of the 6th Army (Kansas, University Press of Kansas, 2013), mette in dubbio la sua esistenza, sia per la mancanza di fonti certe sia perché, come già ricordato, tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943 a Berlino non c’era nessuna scuola di cecchini. Ellis osserva anche che, nonostante le date precise fornite da Zajcev, nessuna documentazione sovietica riporta il duello tra i due, e aggiunge che la posizione descritta da Zajcev quando uccise Konings (o König) sarebbe stata verso Ovest, visto il riflesso del sole, quindi nelle linee naziste.

Zajcev, quindi, si sarebbe inventato tutto. Perché? Era già considerato Eroe Nazionale. Forse pensava di aggiungere una vittoria di alto prestigio al suo macabro «medagliere»? Voleva rendere ancora più avvincenti e memorabili le sue imprese? Aumentare ancora di più l’ammirazione che gli era stata tributata?

Questo non lo sappiamo; forse non lo sapremo mai. Zajcev rimane pur sempre un eroe, ma… un po’ «meno» eroe di quanto creduto fino a ora.


Nota

1 Tra i maggiori cecchini dell’Unione Sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale ricordiamo Ivan Michajlovič Sidorenko (500 nemici uccisi), Fëdor Matveevič Ochlopkov (429), Vasilij Ivanovič Golosov (422), Ljudmyla Mychajlivna Pavličenko (309).

(giugno 2025)

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