Perché l’Islam vuole conquistare Roma
Un viaggio tra concezioni religiose, storia e geografia: dall’Islam medievale fino allo Stato Islamico, cronaca di una conquista vagheggiata e delle sue ragioni

«Conquisteremo la vostra Roma, faremo a pezzi le vostre croci, ridurremo in schiavitù le vostre donne»: la minaccia è di Abu Muhammed Al Adnani, portavoce del sedicente Stato Islamico guidato dal Califfo Ibrahim, noto anche come Abu Bakr al-Baghdadi. Può sembrare una farneticazione, soprattutto ora che le milizie del califfato (30.000 combattenti che coprono un’area abitata da 8.000.000 di civili) sono in ritirata dinanzi alla controffensiva guidata dagli Stati Uniti, dalla Russia, dai Curdi e dalle truppe irachene e siriane.

Il mondo islamico non è nuovo a questa minaccia: essa ha il tono di una promessa, che dalle pagine del Corano è giunta immutata fino ai nostri giorni. L’Islam è nato con l’ossessione di conquistare Roma, ed è deciso a farlo ad ogni costo, con tutti i mezzi, sia con la persuasione pacifica (convincendo i suoi abitanti della «giustezza» della fede islamica), sia con l’uso delle armi.

A questo punto, è più che lecito chiedersi: perché l’Islam ci tiene tanto ad avere Roma? Che significato ha, la Città Eterna, nelle loro concezioni religiose?

Per capirlo bisogna risalire alle origini della fede islamica, ovvero al libro che l’ha codificata: il Corano. Maometto disse di aver avuto le «rivelazioni», poi confluite in quel libro, nell’anno 610 dopo Cristo. Poiché egli era analfabeta, le cose che disse furono memorizzate da alcune persone o scritte su foglie di palma, rocce ed ossa. Non esisteva alcun manoscritto organizzato del Corano prima della morte di Maometto: esso apparve nella sua primitiva forma scritta intorno al 652; la copia più antica esistente oggi risale al secondo secolo dopo Maometto.

La parte del Corano che ci interessa prendere in esame è la Sura XXX, intitolata Ar-Rûm (I Romani): in essa si dice, ai versetti 1-5: «Alif, Lâm, Mîm. Sono stati sconfitti i Romani nel Paese limitrofo; ma poi, dopo essere stati vinti, saranno vincitori, tra meno di dieci anni – appartiene ad Allah il destino del passato e del futuro – e in quel giorno i credenti si rallegreranno dell’aiuto di Allah: Egli aiuta chi vuole, Egli è l’Eccelso, il Misericordioso». La Sura XXX è particolarmente interessante (è anche quella che dice che ogni bambino nasce musulmano, e se è Cristiano o Ebreo o zoroastriano è perché l’hanno voluto i suoi genitori: egli è dunque un apostata, e l’apostasia è l’unico peccato che Allah non può perdonare, per il quale è prevista la condanna a morte); il fatto a cui si riferisce la Sura XXX è realmente avvenuto. I Romani, cioè i Bizantini dell’Impero Romano d’Oriente, furono sconfitti nella battaglia di Antiochia del 613 dai Persiani, che erano di religione zoroastriana e quindi considerati dagli Arabi del tempo pagani ed idolatri. I nemici di Maometto alla Mecca cominciarono ad affermare che la vittoria persiana era la prova che il politeismo avrebbe prevalso sul monoteismo – cristiano, ebraico o musulmano –. A questo punto si pone la Sura XXX con la sua predizione che i Romani sconfitti nel giro di pochi anni si sarebbero ripresi ed avrebbero conseguito una grande vittoria: cosa che si verificò effettivamente sotto l’Imperatore Eraclio, che nel 622 e poi nel 627 combatté e vinse la battaglia definitiva in Iraq, nei pressi della città di Mossul. Peccato che la Sura sia stata scritta, come abbiamo detto, intorno al 652, decenni dopo questa campagna: una «profezia» composta dopo i fatti che profetizza non ha molto valore. Ma andiamo avanti: s’inserisce qui il mito islamico di Eraclio, basato su una lettera che l’Imperatore avrebbe scritto a Maometto riconoscendolo come «il messaggero di Dio citato nel nostro Nuovo Testamento: Gesù figlio di Maria ti aveva annunciato». L’Imperatore avrebbe cercato di convertirsi all’Islam con tutto il suo popolo: quando, sobillati dai nobili, i Bizantini si erano ribellati, Eraclio avrebbe fatto marcia indietro affermando che voleva solo mettere alla prova la fede dei suoi sudditi. Per questa doppiezza e codardia, Dio lo avrebbe punito e lo avrebbe fatto sconfiggere dai musulmani in battaglia. Di tutta questa storia, ampiamente leggendaria, l’unico dato vero è che l’armata di Eraclio fu effettivamente sconfitta a Yarmouk nel 636 dai musulmani. Ma la leggenda di Eraclio ha permesso a molti musulmani, fino ad oggi, di sostenere che nel piano divino «Roma» – cioè la capitale dell’Impero Romano, più o meno confusa con Costantinopoli – sarebbe dovuta divenire la quarta città santa dell’Islam (dopo La Mecca, Medina e Gerusalemme) e il luogo da cui l’Islam avrebbe conquistato tutto il mondo occidentale. Questo piano non si sarebbe realizzato nel VII secolo per la debolezza di Eraclio o per la malizia dei nobili che lo circondavano. Ma resta un irrevocabile disegno di Dio. Ahmad ibn Hanbal (780-855), fondatore della scuola giuridica detta «hanbalita» – una delle quattro principali scuole musulmane, la più rigorista e quella tuttora dominante in Arabia Saudita – riporta nella sua collezione di «hadith» («tradizioni»), cioè di detti attribuiti a Maometto, chiamata Musnad, che il fondatore dell’Islam avrebbe predetto che «la città di Eraclio (Costantinopoli) sarebbe caduta per prima, quindi Roma»; la collezione di Hanbal è autorevole per i musulmani, tuttavia nel corso della storia molte interpretazioni della profezia la collocano in un contesto apocalittico di cui nessuno conosce la data. Verso la fine dei tempi – si afferma sulla base di altri «hadith» – Cristiani e musulmani sconfiggeranno insieme le armate dell’Anticristo, dopo di che si scontreranno fra loro in una località della Siria chiamata Dabiq – un villaggio di 3.000 abitanti, tuttora esistente a Nord-Est di Aleppo –, e lì «le croci saranno spezzate» e i musulmani si apriranno la via di Roma e del trionfo definitivo.

Che, poi, Roma sia una città islamica deriva dal fatto che, se una terra diventa islamica, lo rimane per sempre: nell’agosto dell’anno 846 un corpo di spedizione arabo occupò Ostia e di lì si spinse fino alle porte di Roma saccheggiando la Basilica di San Paolo Fuori le Mura e la Basilica di San Pietro, portandosi via le famose decorazioni d’oro e d’argento che risalivano al secolo precedente; si raccontò poi che un’immagine del Redentore, percossa da una lancia saracena, aveva emesso sangue. La profanazione inaudita non mancò di sollevare indignazione ed allarme in tutto l’Occidente: fino a che nell’849 la flotta napoletana guidata da Cesario, figlio del duca Sergio, inflisse una dura sconfitta a quella nemica liberando Roma dal pericolo saraceno. Gli storici (anche islamici) hanno dimostrato che di quel saccheggio, per quanto clamoroso, non giunse alcuna notizia ai grandi centri medio-orientali dell’Islam, così che non ne rimane nessuna traccia nei loro testi dell’epoca. Nei primi secoli i musulmani s’interessavano molto di Roma come città-simbolo del Cristianesimo, ma praticamente nessuno c’era stato; i testi islamici arcaici contengono descrizioni sbagliate – la si dice circondata dal mare da tre lati, confondendola con Costantinopoli – o iperboliche: le si attribuiscono migliaia di chiese, 120.000 campane e 23.000 conventi; i primi musulmani credevano anche a leggende come quelle della «salvatio Romae», cioè delle statue prodigiose che avrebbero suonato i campanelli che avevano al collo o preso vita in caso di minacce per la città, o degli uccelli che recavano miracolosamente a Roma olive o direttamente l’olio per fare ardere le lampade nelle chiese, ed altre amenità del genere.

A parte il fatto che, se basta un saccheggio perché una terra possa essere definita per sempre di qualcuno, i musulmani dovrebbero quantomeno mettersi in fila: Roma fu saccheggiata dai Galli Senoni guidati da Brenno nel 390 avanti Cristo, dai Goti di Alarico nel 410 dopo Cristo (due volte), e nel 455 dai Vandali. Annibale, durante la Seconda Guerra Punica, non riuscì a penetrare in città, ma scagliò una sua lancia oltre le mura.

In realtà, né Roma né Gerusalemme possono essere considerate città sante dell’Islam: esse non sono mai nominate nel Corano e Maometto non è mai stato in vita sua in nessuna delle due. «Devono» però appartenere all’Islam perché solo conquistandole militarmente e possedendole l’Islam integralista e guerriero potrà dimostrare che Maometto è il vero erede di Abramo e di Cristo. Quando Gerusalemme è stata nelle mani dei musulmani è decaduta, si è ridotta ad una città polverosa e miserabile: le descrizioni di Karl Marx e Mark Twain, nell’Ottocento, parlano di una città povera e sporca, abitata da Ebrei miserabili e poveri soprattutto nella parte Est. Gli Ebrei non hanno mai smesso di vivere in Israele e a Gerusalemme, ma sotto l’Islam le loro condizioni sono state durissime: i bambini musulmani si divertivano a tirare sassi contro gli Ebrei che non potevano rispondere né lamentarsi. Gerusalemme è una città esclusivamente ebrea, era la capitale dello Stato Ebraico secoli prima della fondazione di Roma e più di un millennio prima della nascita di Maometto; per gli Ebrei è Gerusalemme d’oro, la città fondata dal Re Davide; la gente è andata a morire nelle camere a gas naziste dicendo «l’anno prossimo a Gerusalemme» e solo se israeliana e protetta dall’esercito israeliano essa sarà sicura per Ebrei e Cristiani. In occasione del discorso tenuto da Papa Benedetto XVI a Ratisbona, il Ministro degli Esteri Turco e quello Saudita hanno ricordato che Roma deve appartenere all’Islam: è una prospettiva che farebbe rabbrividire chiunque sia dotato di un pizzico di raziocinio, in qualsiasi parte del mondo si trovi!

La città di cui i testi islamici arcaici prospettano la conquista non è Roma, ma Costantinopoli: questo perché gli Arabi prima e i Turchi poi consideravano l’Impero Bizantino come Roma. Il termine «bizantino» è un termine che nasce recentemente nella storiografia occidentale; l’Impero Romano d’Oriente veniva chiamato dagli Europei Occidentali del Medioevo semplicemente come Impero Greco. I Bizantini invece chiamavano se stessi «Romaioi», ovvero Romani, e questo a buon diritto visto che il loro Impero era la prosecuzione, senza interruzioni, dell’Impero Romano d’Oriente. Quando le truppe arabe si trovarono di fronte ai confini dell’Impero Bizantino, anche loro chiamavano i loro nemici «Romani» e il territorio da occupare «Rum». Né Maometto né i suoi seguaci avevano conosciuto l’Impero Romano nella sua interezza e quasi sicuramente non sapevano neppure dell’esistenza di una città chiamata Roma in una lontana penisola chiamata Italia. Tutto quello che sapevano era che c’era un Impero vastissimo a Nord che controllava la Siria, Gerusalemme, l’Armenia e l’Egitto e che si chiamava Impero Romano.

Quando i Turchi nel 1453 conquistarono Costantinopoli e ne fecero la loro capitale, si vantarono di aver conquistato ar-Rum, ovvero Roma. Secondo le profezie coraniche e le predizioni degli hadith, da quella data nel giro di 40 anni l’intero mondo sarebbe diventato islamico. Era la promessa di Allah. Che, però, non si è mai avverata!

(marzo 2016)

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