XC Adunata Alpina: una fede perenne
Riflessioni, speranze ed attese all’insegna dei valori non negoziabili – Treviso, maggio 2017

Nella nostra epoca, che per diffusi ed autorevoli riconoscimenti si caratterizza come momento di crisi etico-politica sempre più tangibile anche in Italia, esistono ricorrenze che assumono un potere quasi magico: quello di confermare che, nonostante tutto, non mancano spunti reattivi di significativo valore morale, e quindi, idonei ad aprire i cuori ad una rinnovata speranza. In questo senso, un appuntamento di particolare rilievo è stato espresso dalla grande Adunata Alpina, che nel 2017 è pervenuta alla novantesima edizione, tenutasi a Treviso nel ricordo della vittoriosa resistenza sul Piave durante lo scorcio conclusivo della Grande Guerra, di cui alle contestuali celebrazioni centenarie.

Ciò, non soltanto attraverso cifre da primato riassumibili nella sfilata di 100.000 Alpini provenienti da ogni parte del Paese e del mondo, e nel mezzo milione di cittadini che hanno applaudito ininterrottamente, durante tredici ore di affettuoso entusiasmo patriottico, gli eredi dei gloriosi eroi di tante guerre, e nello stesso tempo, i protagonisti di un impegno a tutto campo che continua nella quotidianità non meno meritoria del volontariato e del servizio sociale, costituendo un patrimonio autentico dell’Italia in campo umano e civile, ed un sicuro punto di riferimento per tutti.

La XC Adunata dell’Associazione Nazionale Alpini si è distinta, al pari delle precedenti, per tante iniziative collaterali, con riguardo prioritario a quelle per il centenario del Piave, ma innanzi tutto, per la Santa Messa in suffragio ed onore di tutti i caduti, concelebrata nella grande chiesa di San Nicolò – alla presenza del Medagliere Alpino, del Presidente Nazionale dell’ANA Sebastiano Favero e di tutte le Sezioni associative – dall’Ordinario Militare, Santo Marcianò, e dal Vescovo di Treviso, Gianfranco Gardin.

Nella sua omelia di alto spessore morale, iniziata con l’esortazione a non dimenticare la storia, e con essa le forti radici del Corpo, Monsignor Marcianò ha richiamato tutti gli Alpini a trarne spunto per affrontare al meglio impegni e pericoli, e per «proteggere la nostra Italia» senza indulgere alle ricorrenti tentazioni di perseguire traguardi importanti in deroga ai principi essenziali della Verità cristiana che «vale la pena di cercare, difendere e trasmettere» perché un patrimonio etico come quello degli Alpini deve necessariamente completarsi attraverso la testimonianza attiva, come quella nelle missioni di pace, nella protezione civile, e nell’assistenza a quanti si trovano in condizioni di bisogno: una testimonianza ricorrente, tale da «commuovere» chiunque.

Sono spunti di riflessione che lasciano il segno ed esprimono un riconoscimento di straordinario rilievo, traducendosi in speranze non effimere: l’opera degli Alpini, come è stato sottolineato nelle conclusioni dell’Ordinario Militare, dimostra che «la storia può cambiare attraverso il bene».

Le tante iniziative sulla Grande Guerra, dal canto loro, hanno avuto un momento di particolare ed emozionante visibilità nel ricordo della Medaglia d’Oro al Valor Militare Alessandro Tandura, Alpino da Serravalle di Vittorio Veneto, passato alla storia per essere stato il primo paracadutista italiano, ed il primo nel mondo ad essersi fatto paracadutare oltre la linea del fronte per svolgere al di là del Piave un’intensa attività di «intelligence» comprensiva di sabotaggi ai danni del nemico.

In un altro contesto, vale la pena di segnalare l’esternazione del Ministro della Difesa, Senatrice Roberta Pinotti, proprio durante l’Adunata, con l’auspicio che si possa giungere in tempi ragionevoli alla sostituzione della leva, tuttora «sospesa» e quindi non cancellata, con un servizio civile obbligatorio per tutti i giovani. In proposito, è ragionevole presumere che l’assunto sia condiviso a livello politico, tanto più che quel tipo di servizio non potrebbe indurre le obiezioni di coscienza che ebbero rilievo non marginale nella «sospensione» in parola, anche se la difesa patria costituisce pur sempre un impegno costituzionale (senza dire che altrove, come nella civilissima Svezia, il servizio militare è stato oggetto di motivato ripristino).

Come accade da un sessantennio, precisamente dall’ormai lontano 1957 in occasione dell’Adunata di Firenze, la prima Sezione a sfilare è stata quella Esule di Fiume, Pola e Zara, voluta da Don Luigi Stefani, indimenticabile cappellano della Divisione Tridentina, in onore degli Alpini profughi da Venezia Giulia, Istria e Dalmazia «vivi e morti». La nobile tradizione, avallata dai vertici dell’ANA e consolidata dall’apporto di figli e discendenti dei vecchi Alpini Esuli, continua a suscitare consensi commossi e diffusi, come è puntualmente accaduto anche a Treviso, tanto da fruire di una ritrovata e particolare visibilità nell’inserto che «Il Gazzettino» – massimo quotidiano della regione – ha dedicato all’Adunata. Qui, conviene aggiungere che Don Luigi non fu soltanto uomo di fede ed Alpino Zaratino tutto d’un pezzo, tanto da chiedere nel testamento spirituale di poter «andare avanti» col cappello del Corpo, ma prima ancora, testimone di quel volontariato fortemente attivo nel sociale, tipico degli Alpini ed oggetto di perenne e grato ricordo in specie a Firenze, sua città di adozione.

Per citare un antico aforisma, si potrebbe dire che se gli Alpini non fossero esistiti si sarebbe dovuto inventarli, quali campioni di coraggio e di benintesa cooperazione. In effetti, nello spirito del popolo la consapevolezza di poter sempre contare sul «patriottismo sociale» che caratterizza la loro presenza nella società italiana costituisce un motivo di fiducia, di conforto e di condivisione dei valori «non negoziabili» che esprimono l’anima profonda del Corpo e che vedono nella grande Adunata annuale, ben lungi da una semplice ritualità ripetitiva, l’attestazione del vincolo irreversibile con tutto il popolo. L’abbraccio dei 500.000 di Treviso ne ha costituito, se per caso ve ne fosse stato bisogno, una prova inconfutabile.

Il capoluogo della Marca, del resto, non è nuovo ad esperienze di altissimo valore patriottico e civile suffragate nei ricordi marmorei dell’antico palazzo comunale, a cominciare da quello in memoria del plebiscito tenutosi nel 1866 per l’unione all’Italia, che nella provincia trevigiana fu approvata con circa 85.000 suffragi contro due: di certo, un record difficilmente superabile. Ecco un ulteriore motivo per trarne auspici nel segno di una fede sicura, perché consapevole che «le vie dell’iniquità non possono essere eterne». Quella stessa fede che gli Alpini ribadiscono da un anno all’altro, o meglio di giorno in giorno, e che affidano quale esempio prescrittivo a tutti gli Italiani di buona volontà.

(giugno 2017)

Tag: Carlo Cesare Montani, Grande Guerra, Associazione Nazionale Alpini, Centenario del Piave, Sebastiano Favero, Santo Marcianò, Gianfranco Gardin, M.O.V.M. Alessandro Tandura, Roberta Pinotti, Don Luigi Stefani, Marca Trevigiana, plebiscito del 1866.