La croce di Maria Pasquinelli
Ricordo di una patriota italiana da non dimenticare

Nel Sacrario militare di Adegliacco, presso Udine, si trovano oltre 400 monumenti funerari in marmo bianco, tutti rigorosamente uguali, a custodia delle spoglie mortali di altrettanti caduti britannici nelle zone del confine orientale italiano durante gli ultimi mesi della Seconda Guerra Mondiale; e nello stesso tempo, a futura memoria. È un angolo di raccoglimento e di preghiera, lontano dalla frenesia del vivere contemporaneo, ma oggetto di cure premurose da parte del Governo di Sua Maestà, come si conviene per gli onori dovuti a tutti coloro che diedero la vita per la Patria: in qualche misura, una lezione per la deplorevole incuria in cui versano diversi Sacrari italiani.

Uno di quei monumenti presenta una visibile discrasia che lo caratterizza rispetto a tutti gli altri: infatti, alla sua base è installata una piccola croce, anch’essa di marmo bianco; si tratta della tomba in cui venne inumato il Brigadiere Generale Robert De Winton, ucciso a Pola il 10 febbraio 1947 in segno di estrema protesta nei confronti del trattato di pace, firmato a Parigi in quello stesso giorno con il sacrificio della Dalmazia e di gran parte della Venezia Giulia, trasferite dall’Italia alla Jugoslavia. Autrice di quel gesto fu Maria Pasquinelli[1], la professoressa fiorentina che aveva collaborato, prima a Redipuglia e poi a Spalato, all’esumazione e alla sepoltura di tante vittime italiane, e infine all’organizzazione delle partenze dei profughi, in specie dalla stessa Pola. Ciò, nel quadro di un amore patrio che, come aveva scritto nel testamento spirituale che portava addosso, era pari a quello per la propria anima (espressione identica a un’affermazione di Nicolò Machiavelli in una celebre lettera all’amico Francesco Vettori).

Ebbene, secondo la «vox populi» quella piccola croce sul sepolcro di De Winton sarebbe stata collocata proprio a iniziativa della Pasquinelli: processata da una Corte Britannica, condannata a morte con successiva commutazione della pena capitale in quella dell’ergastolo, affidata alla giustizia italiana, graziata dal Presidente Vicario Cesare Merzagora dopo 17 anni di detenzione, visse un lungo percorso di fede sino alla scomparsa, avvenuta a Bergamo nel 2014, dopo aver compiuto 100 anni. Un percorso compiuto prioritariamente a Firenze, in cui ebbe il supporto spirituale di Don Giulio Facibeni, Cappellano della Prima Guerra Mondiale e fondatore dell’Opera Madonnina del Grappa, oggi in odore di santità; e quello di Don Luigi Stefani, Cappellano della Divisione alpina «Tridentina» e figura di analogo spicco nel volontariato fiorentino quale fondatore di Opere come il «Fraterno Soccorso» e «Assistenza ai profughi ungheresi» del 1956; ma in cui non fu estraneo un altro sacerdote, fratello della vittima, con il quale Maria ebbe un importante incontro in carcere, dei cui contenuti nulla sarebbe mai trapelato.

A questo punto, è facile comprendere il ruolo altamente simbolico assunto dalla piccola croce della Pasquinelli, quale testimonianza perenne di un ricordo indelebile, ai confini dello strazio, tradotto in un distacco quasi assoluto dalle cose del mondo e nella sofferta sublimazione della fede giovanile in meditazioni certamente non effimere. Si tratta di una croce molto semplice, ma proprio per questo espressione di alti pensieri e di forti sentimenti, che non è dato conoscere ma che si possono facilmente intuire.

Al pari di quanto accade in opere di alta fama artistica ed estetica, quel marmo bianco è diventato espressione di forza morale, di espiazione, e di profonda preghiera, ma nello stesso tempo, si propone come un «memento» storico e politico su cui è utile soffermarsi: alla stregua di quanto aveva scritto il grande poeta inglese Thomas Gray, «i sentieri della gloria conducono solo alla tomba»[2].


Note

1 Maria Pasquinelli (Firenze 1913-Bergamo 2014) ebbe momenti di grande notorietà in occasione del 10 febbraio 1947, giorno del trattato di pace, quando si rese protagonista del solitario gesto di estrema protesta nei confronti degli Alleati tramite i colpi di rivoltella contro il Comandante della piazzaforte di Pola, e subito dopo, durante il processo concluso con la condanna capitale poi commutata. Sulla sua vicenda sono stati versati fiumi d’inchiostro, tra cui quelli particolarmente significativi di Stefano Zecchi, Carla Carloni Mocavero e Rosanna Turcinovich Giuricin. Da parte nostra, un contributo dettagliato alla coinvolgente storia della patriota fiorentina è stato proposto da chi scrive, nel sito www.storico.org, con il saggio Maria Pasquinelli: un percorso di dolore e speranza cristiana nel segno della Fede e della Patria (marzo 2013), cui si fa rinvio per quanto di competenza, e per il relativo corredo bibliografico.

2 Thomas Gray (Londra 1716-Cambridge 1771) ebbe familiarità coi classici e con diverse letterature straniere, fu docente universitario, viaggiò in Italia iterando gli usi del tempo, e ha legato gran parte della propria fama alla celebre Elegy written in a country Churchyard improntata a riflessioni malinconiche ma non effimere, da cui trassero ispirazione Ugo Foscolo e altri poeti romantici.

(gennaio 2020)

Tag: Carlo Cesare Montani, Maria Pasquinelli, Robert De Winton, Nicolò Machiavelli, Francesco Vettori, Cesare Merzagora, Don Giulio Facibeni, Don Luigi Stefani, Thomas Gray, Stefano Zecchi, Carla Carloni Mocavero, Rosanna Turcinovich Giuricin, 10 febbraio 1947, Sacrario militare di Adegliacco, Udine, croce di Maria Pasquinelli.