Una vita con il cappello alpino
La grande esperienza patriottica, militare e civile del Generale di Corpo d’Armata Silvio Mazzaroli si traduce in una coinvolgente rivisitazione nell’ottica storica e contemporanea

La storia del pensiero e dei valori che ne sono emersi non può prescindere da quella dell’uomo: a più forte ragione, quando i protagonisti si distinguono per un percorso etico suffragato dalla prassi. Da questo punto di vista, il caso del Generale Silvio Mazzaroli deve ritenersi esemplare: lo dimostra la sua opera autobiografica – ma non solo – che, pur non potendo prescindere dall’inquadramento in una stagione politica difficile e complessa, ne costituisce sintesi pertinente, destinata a promuovere riflessioni non effimere[1].

Silvio Mazzaroli

Foto del Generale Silvio Mazzaroli

Il Generale Mazzaroli, appartenente a famiglia esule dall’Istria, e proprio per questo, particolarmente sensibile ai «valori non negoziabili», ha percorso tutti i gradi della gerarchia militare fino ai massimi livelli. Ciò, distinguendosi quale Comandante che «comanda senza comandare» – come da felice definizione introduttiva di Enrico Poliero – grazie a una coerenza esemplare, al comportamento leale, alla capacità di comunicazione e di condivisione: un patrimonio non facilmente riscontrabile nella società contemporanea, ivi compresi gli ambienti militari, soprattutto di alto grado. Non basta: queste doti, per diventare trainanti e generalmente accettate, hanno bisogno di ispirarsi ai sacri principi di Dio, Patria e Famiglia, cui Mazzaroli è stato sempre fedele, come attesta questa «Vita» egregiamente interpretata nella perenne fedeltà alla sintesi risorgimentale di pensiero e di azione[2].

L’esperienza di Mazzaroli si è tradotta massimamente in un grande impegno nel Corpo degli Alpini: dapprima negli anni di formazione (1962-1967), poi in quelli con la penna nera (1967-1978) e con quella bianca (1978-1994), e infine con l’Aquila da Generale (1995-2002). Lo confermano i tanti documenti che il Generale Triestino ha offerto, offre e offrirà alla comune riflessione, con riguardo prioritario a quelli riferibili ai momenti fondamentali della sua straordinaria esperienza: tra gli altri, il triennio di permanenza a Belgrado quale Addetto Militare all’Ambasciata Italiana; il Comando del Contingente italiano «Albatros» per un altro biennio nella missione ONU in Mozambico; la partecipazione alla missione in Kosovo quale Vice Comandante delle Forze Armate della NATO. Non basta: nel corso della carriera, Mazzaroli ha comandato la Brigata Alpina «Julia», la Scuola Militare Alpina di Aosta, nonché le Regioni Militari del Piemonte e del Friuli-Venezia Giulia.

Conviene aggiungere che dopo il congedo del 2002 è stato particolarmente attivo nel complesso mondo esule, dapprima con la lunga Presidenza del «Libero Comune di Pola in Esilio» (2002-2012) e Direttore del mensile «L’Arena di Pola»; poi con l’incarico di Consigliere nell’Unione degli Istriani e responsabile dell’omonimo periodico. In detto ambito si è dedicato, con passione e competenza, alla ricerca storica improntata all’oggettività dell’informazione, con particolare riguardo a quella del grande Esodo, della tragedia delle foibe, e degli altri massacri partigiani, che coinvolsero duramente anche la sua famiglia[3].

In buona sostanza, nell’opera del Generale Mazzaroli è facile scoprire l’esistenza di un costante filo conduttore che si riassume nell’esemplare patriottismo idoneo a convivere con valori umani fondamentali come l’amicizia e il rispetto, per non dire dell’onore alla Bandiera.

In ogni caso, ciò è sempre avvenuto senza compromessi e senza curarsi delle possibili conseguenze di un motivato dissenso, come accadde improvvisamente nel febbraio 2000, quando fu sollevato «ex abrupto» dall’incarico in Kosovo «per avere denunciato lo scarso interessamento governativo nei confronti dei militari impegnati nella missione di pace». Alla stregua dei predetti principi fondamentali di una documentazione oggettiva e come sempre coraggiosa, non ha mancato di fare nomi e cognomi di autorevoli Ministri e di parlamentari che si resero corresponsabili di quel trattamento, e che ha consegnato non soltanto alla Storia, ma prima ancora, all’equanime giudizio dei cittadini in una valutazione resa a più forte ragione oggettiva dal fatto compiuto e da motivazioni del provvedimento che non avevano la benché minima copertura, ma obbedivano a una logica (si fa per dire) di bassa politica.

Mazzaroli non ha mai rinunciato alla chiarezza del giudizio, senza inutili circonlocuzioni e senza trepide ritrosie, essendo consapevole, sulle orme di un noto assunto del Vico, che alla fine «verum et factum convertuntur» anche se nel suo caso si sono dovuti attendere diversi anni prima di apprendere quasi fortuitamente che a volere la sua «testa» fu un Ministro poi assurto alla suprema Magistratura della Repubblica, non senza ampie connivenze.

Nondimeno, il suo senso dello Stato e delle Istituzioni, che lo condusse ad accettare la prevaricazione, non può impedire, anche a distanza di un ventennio, di proporre alla comune attenzione il problema fondamentale di una «moralità della politica» che oggi è oltremodo lungi sia da quella machiavelliana basata sulla tutela dello Stato come valore fondante sia da quella cristiana, che non può prescindere dal fattore umano quale misura di tutte le cose.

Nell’esperienza di Mazzaroli non mancano tanti altri esempi di grande attenzione ai predetti valori «non negoziabili» tipici della vera civiltà. Basti citare la lettera che scrisse al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi rivendicando quelli del volontariato militare, e in modo particolare di quello alpino, in un’ottica di specializzazione e di professionalità oltre che di beninteso patriottismo, anche alla luce delle decisioni governative già assunte in materia di leva.

Considerazioni analoghe valgono per le premure manifestate dopo il disastro aereo di Pristina del 12 novembre 1999 in cui persero la vita 24 uomini della missione di pace, fra cui una decina di Italiani. Lo stesso si può dire per la coinvolgente storia del mulo Iroso e di un’altra ventina di quadrupedi che, dopo la decisione di radiarli dal servizio, erano già destinati al mattatoio, se non fosse stato per i loro bravi conducenti, che ne pagarono il «riscatto» consegnandoli a serena se non anche felice vecchiaia, allietata dalla partecipazione alle Adunate annuali del Corpo. Ecco una vicenda da libro Cuore comune a tante altre storie del Corpo degli Alpini, che avrebbe potuto trovare posto nelle pagine di Edmondo de Amicis rallegrando tanti ragazzi e suscitando la commozione di tanti adulti.

Si potrebbero citare molti altri episodi, ma qui preme attirare l’attenzione su quelli che Mazzaroli, dialogando con la nipotina, indica sin dall’inizio quali valori fondamentali: la fedeltà alle origini, la continuità col pensiero e con l’impegno degli Avi, l’amore per la terra nativa. Non è forse questo il vero patriottismo?

Il Comandante che «comanda senza comandare» – di cui si diceva a proposito della pertinente definizione coniata per il Generale Mazzaroli – richiama alla memoria alcuni condottieri d’indubbia fama, come Napoleone Bonaparte, Gabriele d’Annunzio, Junio Valerio Borghese, che tramite il carisma e l’esempio personale misero in luce una straordinaria capacità di farsi obbedire dai propri uomini, senza la benché minima imposizione. D’altronde, è pur vero che costoro operarono in condizioni d’emergenza come quelle belliche, mentre il Comandante Triestino è stato impegnato in missioni di pace, dove sono prioritari altri valori come quelli di umanità, di cooperazione, e soprattutto di giustizia. Quegli stessi valori – sia consentito aggiungerlo – che furono promossi da grandi Cappellani militari come Don Giulio Facibeni sul Monte Grappa, Don Reginaldo Giuliani a Fiume, Don Luigi Stefani in Dalmazia.

Silvio Mazzaroli ha avuto il supporto di una grande famiglia unita, dall’impareggiabile consorte Tatiana (autentico «angelo custode» come da ottimo e condivisibile giudizio espresso dal giornalista Fausto Biloslavo) al padre Luciano vero e proprio «maestro d’italianità», cui le memorie del Generale sono dedicate non certo casualmente, senza dimenticare madre e figli, anch’essi Alpini. Ecco un motivo non ultimo del fatto che, a differenza di quei Comandanti che non ebbero il privilegio di analoghe condizioni familiari e che conobbero anche la «polvere» di manzoniana memoria, il Generale ha avuto l’onore di poter mettere sempre in pratica l’antico invito romano: «Frangar, non flectar!»

Mazzaroli, nella sua vita multiforme, ha incontrato alcuni grandi della terra come Elisabetta di Windsor, Regina del Regno Unito, e Papa Giovanni Paolo II, già sofferente per il male che lo avrebbe condotto anzitempo alla Casa del Padre: nella sua «Vita con il Cappello Alpino» si trovano cenni ragguardevoli a questi momenti gratificanti ed emozionanti come quello col Sommo Pontefice, in specie a fronte della Benedizione all’atto del commiato. Di tutt’altra rilevanza, né avrebbe potuto essere diversamente, sono i riferimenti riservati ai suoi uomini, ai vari Comandanti con cui ebbe rapporti durante la lunga carriera militare, e per finire, all’Alpino-Segretario Andrea Beltramo, con una schietta e pertinente testimonianza, tradotta in un’affermazione davvero categorica: «Ne è valsa la pena»! Ecco un messaggio su cui è bene riflettere per apprendere i valori della fede e della speranza, ma non disgiunti dai fondamenti laici di un esemplare senso dello Stato e delle Istituzioni repubblicane.

Si tratta di valori essenziali, che Mazzaroli ebbe modo di testimoniare anche alla fine del 2003, quando il suo ritorno in servizio parve possibile per la destinazione in Iraq come Consigliere Militare dell’Ambasciata Italiana di Bagdad: ebbene, quando l’incarico era stato confermato con fissazione della data di partenza, proprio all’ultimo momento venne meno l’avallo politico da parte di un sistema in antitesi all’etica sia civile sia militare, e sostanzialmente autoreferenziale, che «pur nell’esercizio del proprio potere discrezionale non si è sentito in dovere di fornire la benché minima spiegazione». Ciò, per dirla con le stesse parole del Generale, fino a negare «la dignità, oltre che la professionalità, di chi aveva prontamente dato la propria disponibilità a ricoprire un incarico delicato e non esente da rischi». Ancora una volta, Mazzaroli doveva prendere amaramente atto, suo malgrado, che un dissenso tanto immotivato quanto iniquo poteva allignare nell’ambito di una politica non certo alta, né tanto meno conforme all’antica definizione di attività preposta al perseguimento del bene comune, bensì nell’ambito di una pervicace violenza morale dove il lupo può perdere il pelo ma non il vizio.

Ne emerge la figura di un «vir bonus cum mala fortuna compositus» autentico e vero come quello di Seneca e della sua nobile filosofia, con un messaggio maturo e consapevole da cui consegue il riconoscimento che si deve – senza preposizioni dubitative né tanto meno avversative – a chi ha interpretato l’arte del comando in primo luogo come servizio, ma tenendo sempre dritta la schiena «al pari di una lama». In definitiva, quello del Generale Silvio Mazzaroli costituisce un esempio per chiunque, e in primo luogo per una classe politica che sembra aver perduto ogni cognizione del suo eletto compito di ogni tempo: quello di gestire la «res publica» nel solo vincolo all’interesse generale, e prima ancora, a quello di un impegno etico idoneo a trascendere, nella certezza della propria continuità, la disordinata ed effimera stagione delle consorterie e delle logomachie autoreferenziali.


Note

1 Silvio Mazzaroli, Una vita con il Cappello Alpino, Aviani & Aviani, Udine 2021, 496 pagine. Si tratta di un’opera che corrisponde in modo aderente all’aforisma di Tiziano Terzani riportato in copertina, secondo cui è grandemente commendevole «vivere una vita in cui potete riconoscervi»: cosa obiettivamente non facile ma proprio per questo, a maggior ragione degna di nota. Giova aggiungere che il volume è stato presentato a Trieste davanti a un attento e folto pubblico, con adeguata anticipazione dell’iniziativa in una pagina del quotidiano locale «Il Piccolo» (26 ottobre 2021).

2 Alto significato assume l’importante riconoscimento che la Giuria del Premio Letterario a carattere nazionale «Alpini Sempre» ha attribuito a Mazzaroli per la grande opera che costituisce la sintesi esaustiva di un lungo impegno militare, civile e patriottico; e prima ancora, l’attestazione di una commendevole scelta di vita all’insegna di valori perenni.

3 Nel novero delle vittime infoibate, oppure altrimenti massacrate dalle forze titoiste, si deve annoverare l’Ingegner Onorato Mazzaroli, zio del Generale, che nella primavera del 1944 si era reso promotore d’iniziative volte a conferire all’Istria caratteri di autonomia con parità di diritti e doveri per le varie popolazioni che vi risiedevano, a prescindere dai tempi di insediamento (Italiani, Slavi, Austriaci). Tale ipotesi, particolarmente invisa ai partigiani di Tito, che perseguivano l’annessione alla Jugoslavia comunista di Venezia Giulia, Istria e Dalmazia, gli costò la vita: caduto in un tranello, fu fatto scomparire, al pari di quanto accadde a tanti altri patrioti (sull’argomento, si veda il contributo storiografico di Rodolfo Manzin, in «L’Arena di Pola», 18 settembre 1957, e l’apporto dello stesso Silvio Mazzaroli nel medesimo periodico, in data 30 dicembre 2007).

(dicembre 2021)

Tag: Carlo Cesare Montani, Silvio Mazzaroli, Enrico Puliero, Silvio Berlusconi, Edmondo de Amicis, Napoleone Bonaparte, Gabriele d’Annunzio, Junio Valerio Borghese, Don Giulio Facibeni, Don Reginaldo Giuliani, Don Luigi Stefani, Fausto Biloslavo, Luciano Mazzaroli, Tatiana Mazzaroli, Elisabetta di Windsor, Papa Giovanni Paolo II, Andrea Beltramo, Tiziano Terzani, Onorato Mazzaroli, Josip Broz detto Tito, Rodolfo Manzin, Ambasciata Italiana di Bagdad, Ambasciata Italiana di Belgrado, Corpo degli Alpini, Brigata Alpina Julia, disastro aereo di Pristina, Esodo giuliano istriano e dalmata, Jugoslavia, Libero Comune di Pola in Esilio, Missione NATO in Kosovo, Missione ONU in Mozambico, Regione Militare Friuli-Venezia Giulia, Regione Militare Piemonte, Scuola Alpina di Aosta, Unione degli Istriani, Una vita con il cappello alpino.