Emilio Gentile, Mussolini contro Lenin
Il futuro duce ebbe delle intuizioni diverse e superiori agli ex colleghi del partito socialista

La storiografia italiana è stata sempre piuttosto riluttante ad affrontare la questione dell’allontanamento di Benito Mussolini dal socialismo. Generalmente si limita a riportare l’espulsione del futuro capo del fascismo dal partito socialista in quanto sostenitore dell’interventismo, ma la posizione interventista era condivisa da molti esponenti della sinistra moderata e non, da Bissolati a Gramsci, ai molti sindacalisti rivoluzionari come Alceste De Ambris, nonché dal partito repubblicano che vedeva allora fra i suoi esponenti di rilievo Pietro Nenni. Non esiste alcuna ragione per pensare che l’espulsione dal partito socialista abbia portato Mussolini a maturare una posizione politica diversa, sappiamo che «Il Popolo d’Italia» fondato immediatamente dopo dal leader romagnolo ha riportato fino all’agosto 1918 la denominazione «quotidiano socialista».

Interessante per far luce sulle posizioni politiche del giovane Mussolini, il nuovo libro di Emilio Gentile Mussolini contro Lenin. Lo storico in questione, di cui il sottoscritto è stato allievo, ha sempre dimostrato nei suoi scritti grande originalità e la capacità di andare oltre le consuete fonti storiche, adoperando scritti anche non strettamente politici che mettevano in luce le componenti emotive della società dell’epoca. Il suo lavoro è sempre stato piuttosto al di fuori degli schemi, anche se rigoroso dal punto di vista della documentazione, con un unico lato che non trovavo condivisibile, la sua sottovalutazione del comunismo negli eventi del Novecento. Movimenti politici moderati ed estremisti nel periodo fra le due guerre come in quello successivo hanno sempre dovuto fortemente relazionarsi in positivo o in negativo con il movimento capeggiato da Lenin. Con il suo nuovo lavoro Gentile riporta il comunismo e l’Unione Sovietica a una posizione più rilevante nella storia drammatica e spesso terribile del secolo appena concluso. Le vicende della Russia e del mito che subito si creò intorno ad esse sembra abbiano influito in maniera determinante sull’evoluzione politica del futuro capo del fascismo e ci portano a ritenere che il medesimo abbia avuto una personalità originale e capacità intuitive non modeste.

Mussolini di certo non poteva essere considerato un moderato, fu uno dei maggiori artefici della Settimana Rossa del 1914, un movimento violento che ebbe delle cause (la punizione di un soldato per il ferimento di un ufficiale) molto banali. Diversamente dalla maggioranza dei socialisti ebbe la perspicacia di comprendere che la rivoluzione di Lenin al di là dei proclami non era né un movimento a favore delle classi popolari, né libertario o progressista. Mussolini uomo passionale, spesso guidato dalle emozioni, aveva comunque intuito quello che personaggi considerati grandi intellettuali della sinistra (fra i quali Antonio Gramsci) non vedevano o cercavano di nascondere agli altri oltre che a se stessi.

La dura polemica del «Popolo d’Italia» contro i bolscevichi ebbe origine dal fatto che questi sostenevano l’idea di sganciarsi dalla guerra con grave danno per l’Italia e gli altri paesi dell’Intesa. Prima ancora della Rivoluzione d’Ottobre Mussolini esprimeva le sue riserve su Lenin, ma anche superata la questione della guerra, il giornale parlava del nuovo governo bolscevico come di un governo repressivo, militarista, contrario alla volontà dei lavoratori, antisocialista nei fatti.

Nel luglio del 1917, quindi prima della Rivoluzione d’Ottobre, il «Popolo d’Italia» scriveva: «I leninisti han ricorso ai mezzi più ignobili per pugnalare alle spalle la democrazia russa... Questo complotto era stato organizzato d’accordo con i tedeschi». Nelle settimane e nei mesi immediatamente successivi al colpo di stato militare bolscevico, Mussolini e i suoi collaboratori iniziarono una campagna contro Lenin intensa e come nel loro stile molto colorita, dove si parlava del «forcaiolismo di Lenin», di «un’autocrazia peggiore di quella zarista», il nuovo governo era «prettamente autocratico. Lo czarismo peggiorato. È la politica del terrore. Della disorganizzazione. Del caos. È il trionfo degli istinti più bestiali». Il «fosco asiatico» ha abusato dell’ignoranza e della credulità popolare, ha dato vita alla «esplosione di istinti zoologici: ci sembra che la definizione sia esatta. Se il socialismo ha da essere la realizzazione d’una forma superiore di civiltà, il bolscevismo ch’è la risorgenza e la sopraffazione degli istinti di ferocia primitiva, di annientamento, di distruzione, è la negazione del socialismo». Il giornale in alcun modo sosteneva il ritorno a passati regimi, anzi dava voce ai socialisti russi che parlavano di regime del terrore, del terribile peggioramento delle condizioni di vita e della fame diffusa. Il governo Lenin non era il superamento dello stato borghese, ma una dittatura brutale che aveva utilizzato i metodi repressivi più sanguinari e aveva imposto ai lavoratori, operai e contadini, un regime particolarmente disumano. Mussolini attaccò duramente sulla questione i socialisti leninisti italiani, ma ancora nell’aprile del 1919 non sembrava essersi schierato a destra o con quelli che si definiscono generalmente i sostenitori dell’ordine, si dichiarava ancora rivoluzionario e scriveva «opporsi al bolscevismo è fare l’interesse del proletariato» e a fine dell’anno: «Il bolscevismo si appoggia sul militarismo, sulla burocrazia aumentata spaventosamente», mentre espressamente si mostrava contrario alle Armate Bianche. Interessante quanto scritto da Mussolini alla fine del 1919 contro i socialisti che vedevano in Lenin «una specie di Messia apportatore di un paradiso in terra con eterna baldoria» nonché di essere contrario a «tutti i cristianesimi da quello di Gesù a quello di Marx» e a favore della vita moderna «nelle forme pagane del culto della forza e dell’audacia».

Per un certo periodo sembrò che Mussolini si fosse orientato politicamente verso i radicali, scriveva contro lo statalismo soffocatore dell’economia e delle libertà, ma tale scelta non fu perseguita a lungo, successivamente con l’affermarsi del suo regime ritornò all’idea di uno stato forte e accentratore, la polemica contro Lenin venne quindi ridimensionata notevolmente, in qualche modo il suo regime ricordava lontanamente quello comunista.

(aprile 2018)

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