L’apocrifo che avrebbe ispirato Dante: l’Apocalisse di Paolo
Tra spiritualità e letteratura

Molti credono che gli apocrifi, cioè i Vangeli e gli Atti degli Apostoli non riconosciuti dalla Chiesa Cattolica, siano stati messi da parte, occultati, distrutti o che comunque non abbiano avuto alcuna importanza nella storia della Chiesa, ma non è vero: vorrei proporne qui un esempio particolarmente suggestivo, uno scritto che potrebbe addirittura avere ispirato Dante per la Divina Commedia. Si tratta dell’Apocalisse di Paolo, un testo recentemente datato alla fine del IV secolo[1] e nato verosimilmente in un ambiente monastico egiziano, caratterizzato da un forte interesse per l’ascesi. Proprio in un convento della tradizione di San Pacomio avrebbe visto la luce in greco questo scritto, che intende colmare la lacuna creata dalle criptiche parole di San Paolo nella Seconda Lettera ai Corinzi 12, 2-4:

«Conosco un uomo in Cristo che 14 anni fa, se nel corpo non lo so, se fuori dal corpo non lo so, Dio lo sa, fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest’uomo, se nel corpo o se senza il corpo non lo so, Dio lo sa, fu rapito in Paradiso e udì parole indicibili che non è possibile a essere umano proferire»[2].

L’anonimo autore dell’Apocalisse di Paolo ha così deciso di ideare per l’Apostolo un intero percorso attraverso l’aldilà, prima al terzo cielo, in Oriente, poi attraverso l’Inferno nell’estremo Occidente, infine in Paradiso. Evidentemente, lo scrittore ha sdoppiato terzo cielo e Paradiso, mentre invece San Paolo probabilmente li intendeva più o meno come sinonimi. Dell’originale greco di fine IV secolo non abbiamo quasi nulla se non qualche lacerto e una rielaborazione medievale pubblicata da Costantin von Tischendorf nel 1866[3]; il testo ebbe però uno straordinario successo, tanto da essere tradotto in numerose lingue antiche. Abbiamo innanzitutto la versione copta, che straordinariamente conserva un finale in cui San Paolo prosegue la sua visita in Paradiso oltre il punto in cui le altre versioni si interrompono «ex abrupto»; approda infine al Monte degli Ulivi assieme agli altri Apostoli. Da decenni i coptologi difendono questo finale considerandolo autentico, mentre i loro colleghi filologi di altri ambiti negano tutto ciò considerandolo spurio[4]. Abbiamo poi almeno due versioni in siriaco, più versioni in arabo e in armeno, derivate dal siriaco, una in antico slavo, una versione etiopica in cui a San Paolo è stata sostituita la Vergine Maria e infine e soprattutto le versioni latine[5].

Difatti, il testo dell’Apocalisse di Paolo sembra avere goduto di grande successo proprio nell’Occidente latino fin dal V secolo e sempre in ambiente monastico, probabilmente a partire dalla Gallia e poi dalle Isole Britanniche. Sant’Agostino lo menziona con un certo disdegno in un’omelia scritta intorno al 416, l’Omelia su Giovanni 98,8:

«E a questo proposito alcuni millantatori con stoltissima presunzione si sono inventati una Apocalisse di Paolo, che la vera Chiesa non recepisce, piena di non so quali favole; e dicono che questa deriva dal testo dove aveva detto che fu rapito al terzo cielo e là udì parole ineffabili “che non è lecito a essere umano proferire”»[6].

Abbiamo innanzitutto 7 manoscritti che recano la «versione lunga»: il più importante, antico e completo è il manoscritto Parisinus 1.631, conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi e risalente alla fine del X secolo. Dopodiché, gli altri sei manoscritti con la versione lunga, cioè completa (salvo il finale) del viaggio in Paradiso e Inferno riportano una redazione più o meno rielaborata, perché i copisti medievali tendevano ad adattare un’opera del genere al loro pubblico, riassumendola, apportando aggiunte, operando dei tagli eccetera, secondo la tendenza alla rielaborazione continua tipica della letteratura latina medievale; perciò, queste 7 versioni lunghe rappresentano in sostanza 7 versioni autonome[7]. Ma il peggio deve ancora venire, perché la tradizione manoscritta di questo apocrifo è stata definita con ragione dal professor Enrico Norelli di Ginevra come un vero e proprio «ginepraio»[8]: e infatti, a partire dalle versioni lunghe, progressivamente, nel corso del Basso Medioevo, hanno avuto origine numerosissime redazioni brevi, riportate in più di un centinaio di manoscritti, che gli studiosi definiscono di solito col titolo latino di Visio Pauli e che ritagliano soltanto il viaggio di San Paolo all’Inferno. Si tratta quindi di poche pagine in cui l’Apostolo, accompagnato di solito da San Michele o alle volte da San Raffaele, all’imboccatura dell’Inferno si trova davanti le scene più macabre e terrificanti, con una lunga serie di peccatori rei dei peccati più disparati e sottoposti ai castighi più fantasiosi.

Chi legge l’opera nutre regolarmente una sensazione di «déjà-vu», perché questa elencazione di peccati e castighi rinvia inesorabilmente all’atmosfera dell’Inferno dantesco; e, in effetti, ci sono alcuni punti della versione lunga che Dante potrebbe avere conosciuto e ripreso. Stando alle mie ricerche, Dante dovrebbe avere ignorato le versioni abbreviate: una studiosa ceca le ha pubblicate alcuni anni fa in una monumentale edizione sinottica, suddividendole in tre gruppi a seconda del contenuto, A, B e C[9]. Mentre le consonanze tra gruppo A e poema dantesco sono vaghe, con B e C non ci sono praticamente punti di contatto, anche perché le punizioni infernali hanno continuato a cambiare, anche rispetto alla versione lunga; invece, Dante potrebbe avere conosciuto proprio quest’ultima[10].

Ora, l’Apocalisse di Paolo è la prima opera visionaria dell’Occidente latino, cioè che propone un viaggio in visione attraverso l’aldilà, e ha influenzato una ricca messe di altrettante visioni oltremondane successive, a partire dal IV libro dei Dialogi di San Gregorio Magno[11]. Questa è anche la prima opera visionaria occidentale che applica in qualche modo, anche se senza la sistematicità tipica di Dante, il famoso principio del «contrappasso», cioè quello secondo cui il peccatore viene punito o nel membro con cui peccò o in modo corrispondente al proprio peccato. Dante, che lo impiega in modo sistematico per tutto l’Inferno e il Purgatorio, lo menziona in Inferno 28, 142, a proposito dei seminatori di discordia che subiscono come punizione corrispondente mutilazioni di vario tipo; e il poeta Bertrand de Born, colpevole di avere seminato zizzania tra il Re d’Inghilterra Enrico II e suo figlio Enrico III, un po’ come aveva fatto nella Bibbia Achitofel tra il Re Davide e suo figlio Assalonne, viene punito conseguentemente a girare reggendo la propria testa mozzata a mo’ di lanterna (Inferno 28, 139-142):

«Perch’io parti’ così giunte persone,
partito porto il mio cerebro, lasso!,
dal suo principio ch’è in questo troncone.
Così s’osserva in me lo contrapasso».

Come Bertrand de Born ha separato il padre dal figlio, così nell’Inferno vaga decapitato, antecedente illustre del «cavaliere senza testa» di numerose leggende nordiche. Il contrappasso è in realtà un principio di origine giudaica o medio-orientale e applicato più volte in questo apocrifo:

«Qui più che altrove il destino che attende le anime dopo la morte è messo in stretta relazione con il loro comportamento in vita, e già prende forma quel principio di corrispondenza colpa-pena che troverà la sua più compiuta espressione nella Commedia dantesca»[12].

Presento qui un testo che potrebbe avere ispirato Dante, in particolare il celebre passo degli ignavi in Inferno III: infatti, anche se ufficialmente non approvato dalla Chiesa, come abbiamo visto questo apocrifo era molto popolare, specie in conventi e tra laici, tanto che a partire dalle redazioni brevi se ne diffusero anche numerosissime traduzioni in lingua volgare[13].

«Quando mi ritrovai all’esterno dell’Oceano, guardai e non v’era luce in quel luogo, bensì tenebre, tristezza e gravissimi sospiri. E vidi là un fiume ribollente di fuoco e dentro vi bruciava una moltitudine di uomini e di donne immersi fino alle ginocchia, altri fino all’ombelico, altri fino alle labbra, altri invece fino alle sopracciglia, altri fin sopra il capo. E interrogai l’angelo: “Signore, chi sono questi in codesto fiume di fuoco?” E l’angelo mi disse: “Costoro non sono né caldi, né freddi, cioè non sono stati trovati né nel numero dei giusti, né in quello dei peccatori, dato che per alcuni giorni si occupavano delle orazioni a Dio, in altri giorni invece di peccati”»[14].

Fornisco qui la versione del manoscritto Escorial, Real Biblioteca San Lorenzo a.II.3, della metà del X secolo, quella più vicina a Dante: infatti, a differenza che nelle altre versioni lunghe vi sono menzionati i sospiri, mentre i dannati non sono detti immersi nel fuoco fino ai «capelli», bensì fino alle «sopracciglia». Molto vicini sono due passi danteschi, innanzitutto Inferno 3, 22-24 e 34-36:

«Quivi sospiri, pianti e alti guai
risonavan per l’aere sanza stelle,
per ch’io al cominciar ne lagrimai.
[…] Ed elli a me: “Questo misero modo
tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ’nfamia e sanza lodo”».

Sia Dante che l’Apocalisse di Paolo guardano però ad Apocalisse 3, 15-16 (quella canonica), dove è detto alla Chiesa di Laodicea:

«Conosco le tue opere, che non sei né freddo, né caldo. Fossi tu freddo o caldo! Così, poiché sei tiepido e non sei né freddo, né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca»[15].

Evidentemente, si tratta di un prototipo di Cristiani inerti, biasimevoli, che non fanno né il bene fino in fondo, ma neanche il male; Dante potrebbe avere tratto l’idea degli ignavi proprio dall’Apocalisse di Paolo, perché la versione lunga è l’unica opera visionaria a descrivere questi dannati e proprio all’inizio dell’Inferno, come Dante. D’altro canto, la cosiddetta «immersione graduata», cioè il fatto di punire dei dannati con l’immersione nel fiume infernale a vari livelli a seconda del peccato, si ritrova un po’ più in là a proposito dei tiranni (confronta Inferno 12, 103-105), immersi proprio fino alle ciglia:

«Io vidi gente sotto infino al ciglio;
e ’l gran centauro disse: “E’ son tiranni
che dier nel sangue e ne l’aver di piglio”».

Certo, Dante è un poeta incomparabilmente più ricco e complesso, senza paragone con questi umili scritti di matrice popolare: eppure, come sostiene anche qualcuno dei suoi commentatori, deve avere conosciuto questo apocrifo e averlo impiegato quale materiale grezzo da cui ricavare spunti per inventare i castighi del suo Inferno. Conferma Francesco Buti nel suo commento al poema del 1385:

«Trovasi in uno libro, che non è approvato, che san Paolo andasse all’inferno, e per questo ne fa qui menzione l’autor nostro»[16].

In definitiva, l’Apocalisse di Paolo aiutò a formare l’immaginario occidentale sull’aldilà, specie a proposito dell’Inferno e, in qualche misura, dovrebbe essere stato impiegato persino da Dante: ed è strano come ne sia stata progressivamente selezionata la parte «infernale», laddove nei primi secoli pare che i monaci prediligessero quella «paradisiaca».


Note

1 Per la datazione più recente, si veda Pierluigi Piovanelli, Les origines de l’Apocalypse de Paul reconsidérées, «Apocrypha» 4 (1993), pagine 25-64. In precedenza, prevaleva la datazione stabilita da Theodore Silverstein in The Date of the Apocalypse of Paul, «Medieval Studies» 24 (1962), pagine 335-348. Silverstein pensava a una doppia redazione, con un primo strato del III secolo e uno di metà del V secolo dopo Cristo.

2 Confronta Seconda Lettera ai Corinzi 12,2-4 in Eberhard Nestle-Erwin Nestle-Kurt Aland edd., Novum Testamentum Graece, Stuttgart, Deutsche Bibelgesellschaft, 197926, pagina 489. La traduzione è mia.

3 Confronta Constantin Von Tischendorf, Apocalypses apocryphae Mosis, Esdrae, Pauli, Iohannis item Mariae Dormitio additis Evangeliorum et actuum apocryphorum supplementis, Leipzig, Mendelssohn, 1866, XIV-XVIII (prolegomena) e 34-69 (testo; si noti che l’abituale suddivisione in paragrafi dell’apocrifo segue questa edizione).

4 Per la prospettiva dei coptologi si veda a esempio la conferenza online di Jacques van der Vliet, The Apocalypse of Paul (Visio Pauli) in the Literary Landscape of Egypt, Online Lecture Series: Material and Written Culture of Christian Egypt, 26 maggio 2021, https://www.youtube.com/watch?v=J6iOT3jOqEw&t=15s

5 Per un’introduzione all’Apocalisse di Paolo, si vedano Claudio Moreschini-Enrico Norelli, Storia della letteratura cristiana antica greca e latina, volume II.1, Brescia, Morcelliana, 1996, pagine 325-327; Andrew Gregory et alii edd., The Oxford Handbook of Early Christian Apocrypha, Oxford, University Press 2015, pagine 122, 347-355 e 183 (con datazione al III secolo); Hugo Duensing-Aurelio de Santos Otero, Apocalypse of Paul, in Edgar Hennecke-Wilhelm Schneemelcher edd., New Testament Apocrypha II. Writings Relating to the Apostles. Apocalypses and Related Subjects (traduzione inglese E. Mc L. Wilson), Louisville, Kentucky, Westminster John Knox Press, 1992, pagine 712-748; Claude-Claire Kappler-René Kappler, Apocalypse de Paul, Introduction, in François Bovon-Pierre Geoltrain edd., Ecrits apochryphes chrétiens (Bibliothèque de la Pléiade 442), Paris, Éditions Gallimard, 1997, pagine 777-781; Claudio Zamagni, L’Apocalisse di Paolo: un’introduzione, Paulus 2.0, 16 dicembre 2011, https://letterepaoline.net/2011/12/16/apocalisse-di-paolo/; Claudio Zamagni, I tanti volti di due Apostoli negli scritti apocrifi, in «Gli apocrifi cristiani: seminari estivi 1998» (Frascati, Villa Campitelli, agosto 1998) (a cura di Biblia, associazione laica di studi biblici), Settimello, Firenze, 1999, pagine 125-168 (153-165).

6 Per il testo (traduzione mia), confronta http://www.augustinus.it/latino/commento_vsg/index2.htm

7 Per una revisione critica della tradizione latina, molto importante Claudio Zamagni, La tradition textuelle latine ancienne de l’Apocalypse de Paul, in Francesca P. Barone-Caroline Macé-Pablo A. Ubierna edd., Philologie, herméneutique et histoire des textes entre Orient et Occident. Mélanges en hommage à Sever J.Voicu («Instrumenta Patristica et Mediaevalia» 73), Turnout, Brepols, 2017, pagine 755-776, saggio che prelude al lavoro di edizione critica dell’opera.

8 Confronta Claudio Moreschini-Enrico Norelli, Storia della letteratura cristiana antica greca e latina, volume II.1, Brescia, Morcelliana, 1996, pagina 325.

9 Confronta Lenka Jirouškova, Die Visio Pauli. Wege und Wandlungen einer orientalischen Apokryphe im lateinischen Mittelalter unter Einschluß der alttschechischen und deutschsprachigen Textzeugen, Leiden-Boston, Brill, 2006. L’altra edizione, che raccoglie anche i manoscritti lunghi, è Theodore Silverstein-Anthony Hilorst, Apocalypse of Paul. A New Critical Edition of Three Long Latin Versions, Cramer, Genève, 1997.

10 Ho presentato i risultati della mia ricerca al recentissimo Congresso Internazionale Dantesco, tenutosi a Ravenna tra 17 e 20 maggio scorsi (di preciso la mattina del 19 maggio), ma interrotto per i noti disastri provocati dal maltempo nella provincia ravennate.

11 Confronta Maria Pia Ciccarese, Le visioni dell’aldilà come genere letterario: fonti antiche e sviluppi medievali, «Schede medievali» 19 (1990), pagine 366-377.

12 Confronta Maria Pia Ciccarese, Visioni dell’aldilà in Occidente. Fonti, modelli, testi, Bologna, EDB, 1999 (I edizione Firenze, Nardini, 1987), citata pagina 44.

13 Il repertorio di esse è riportato da Peter Dinzelbacher, La «Visio Pauli». Circulation et influence d’un apocryphe eschatologique, «Apocrypha» 2 (1991) pagine 165-180.

14 Per il testo del manoscritto Escorial, confronta Theodore Silverstein-Anthony Hilorst, Apocalypse of Paul. A New Critical Edition of Three Long Latin Versions, Cramer, Genève, 1997, pagina 137. Traduzione mia. Ha segnalato il contatto già Theodore Silverstein, Did Dante Know the «Vision of St. Paul»?, «Harvard Studies and Notes in Philology and Literature» 19 (1937), pagine 231-247.

15 Confronta Eberhard Nestle-Erwin Nestle-Kurt Aland edd., Novum Testamentum Graece, Stuttgart, Deutsche Bibelgesellschaft, 197926, pagina 639. Traduzione mia.

16 Vedi Commento di Francesco da Buti sopra la Divina Commedia di Dante Allighieri, curato da C. Giannini, Pisa, Nistri, 1858-1962, ristampa anastatica Pisa, Nistri, 1989 https://dante.dartmouth.edu/search_view.php?doc=138551020100&cmd=gotoresult&arg1=1

(giugno 2023)

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