Le Crociate
Guerre sante o affari d’oro?

Combattimento

Combattimento tra cavalieri cristiani e musulmani

Un grande avvenimento turba la vita europea nel primo secolo dopo il Mille: la Crociata. Si tratta di una guerra atroce, una guerra che coinvolge ingenti masse d’uomini, ben diversa dalle guerre fra città e città, o fra feudatario ed Imperatore: è una guerra contro gli «infedeli», contro i musulmani. Una guerra «santa».

Il Mediterraneo dell’XI secolo poggia su un fragile equilibrio: ad Ovest, i Regni della Cristianità latina; a Nord-Est, l’Impero Bizantino; a Sud, il mondo arabo, dalla Spagna degli Almohadi fino al Vicino Oriente. Un mondo civile, quello arabo, dove i Cristiani – non gli Ebrei – devono pagare una tassa sulla religione e sono esclusi dall’istruzione superiore (così in Persia), ma che per quei tempi può anche definirsi «illuminato»; a Gerusalemme vivono Cristiani ed Ebrei a contatto coi musulmani, e i pellegrini hanno libero accesso ai Luoghi Santi.

Ma da Oriente giungono le orde dei Turchi Selgiuchidi, che, dopo aver strappato Gerusalemme e la Siria agli Arabi Fatimidi, nel 1071 annientano l’esercito bizantino nella battaglia di Manzicerta e invadono l’Anatolia. I Turchi si dimostrano padroni ben diversi dagli Arabi: impediscono ai pellegrini cristiani l’accesso ai Luoghi Santi, torturandoli od uccidendoli.


La Prima Crociata

Nel secolo XI, si è largamente diffuso in Europa il concetto di «guerra per la fede». Tra il 1062 e il 1064, Papa Alessandro II accorda un’indulgenza plenaria (il perdono di tutti i peccati) a coloro che combattono contro i musulmani; tale decisione suscita la partecipazione di numerosi cavalieri della Francia Settentrionale e della Borgogna alla «Reconquista» spagnola, che culmina nella presa di Toledo (1085). Nel 1074, Papa Gregorio VII progetta di accorrere in aiuto dei Cristiani Orientali alla testa di un esercito di cavalieri dell’Occidente, come Dux e Pontifex: la Chiesa ha un’autorità morale immensa presso i principi europei e il movimento della Pace di Dio, che tende a sedare la violenza della classe guerriera all’interno della società, permette di rivolgerla contro gli infedeli per liberare il Sepolcro di Cristo; oltretutto il Papa mira anche alla riunificazione della Chiesa greca con quella romana.

Nel 1095, dopo la costituzione in Asia Minore del Sultanato di Iconio, la stessa Costantinopoli è minacciata dai Turchi; è allora che l’Imperatore Bizantino Alessio I Comneno invia una legazione al Papa Urbano II, al sinodo di Piacenza, invocando aiuto. Il 26 novembre dello stesso anno, al Concilio di Clermont, il Papa chiama a raccolta tutti i principi della Cristianità. La sua voce autoritaria si leva accanto a quella appassionata di Pietro di Amiens (più noto come Pietro l’Eremita), un grande predicatore che infiamma il popolo, e subito una folla intera si mette in marcia verso l’Oriente al grido «Dio lo vuole!»; la parola d’ordine diventa «Gerusalemme» e a simbolo della Crociata viene scelta la croce bianca – da qui il nome di «Crociati» («segnati con la Croce di Cristo») a coloro che portano la croce dipinta sullo scudo: «prendere la croce» significa identificarsi con il Redentore, accettare, nella certezza della salvezza, di rivivere le Sue sofferenze e il Suo martirio negli stessi luoghi della Passione.

Nel linguaggio popolare, le Crociate sono spesso definite «guerre sante»; in realtà, il concetto di guerra santa, cioè di guerra comandata da Dio, se è presente nell’Ebraismo e nell’Islam, è del tutto estraneo al Cristianesimo. La Crociata è un «pellegrinaggio in armi»: ai pellegrini, che fin dai primi tempi della Chiesa si recano in Palestina (un flusso intensificatosi proprio nell’XI secolo, in seguito al rifiorire della devozione religiosa), viene fatto divieto di portare armi. Ecco, allora, che i Crociati dovrebbero essere semplicemente la loro scorta durante il viaggio in territori ostili, tra catene montuose, pianure desertiche, fiumi, agguati dei Turchi: in realtà, molte Crociate dureranno anni e i combattenti, vinti dal colera, dalla peste, dalla dissenteria, dalla fame, ritorneranno vecchi e stremati alle loro case.

Una serie di fattori favoriscono la spinta verso l’Oriente e lo sviluppo della Crociata, e non tutti hanno a che fare con la sfera del sacro: ascetismo, ma anche desiderio d’avventura, sentimento cavalleresco, bisogno di sottrarsi alle prepotenze feudali oppure brama di ingrandire il proprio dominio e la propria autorità, sviluppo commerciale e mercantile. Lo stesso termine di Crociata, se inizialmente riguarda la dimensione della fede, col trascorrere del tempo passerà ad indicare qualsiasi azione di propaganda fervida ed ampia per una causa ritenuta giusta; nel corso della prima metà del XX secolo, il termine avrà un impiego soprattutto in ambito politico-ideologico (si parlerà di crociate anticomuniste o antifasciste), venendo così a significare un impegno cieco ed ottuso contro la parte avversa; mentre negli ultimi decenni si è riscoperto un uso etico-umanitario del termine (crociata contro la fame nel mondo, crociata in favore dei diritti umani…), per una battaglia condotta in modo pacifico e senza spargimento di sangue.

Ma torniamo al Medioevo. Prima ancora che, in risposta all’appello papale, vengano formati gli eserciti, nel 1096 una marea entusiasta di gente umile, uomini e donne e persino ragazzi, prende la via dell’Oriente. È guidata da predicatori come Pietro l’Eremita, che infiammano l’ardore del popolo con le loro prediche, ma che si dimostrano guide totalmente inadeguate; a loro si uniscono anche avventurieri senza scrupoli che commettono molte atrocità: lungo il cammino hanno luogo numerosi massacri di Ebrei. Quando giungono sulle coste dell’Asia Minore, la fame e le malattie hanno decimato tutti questi fanatici volontari: traghettati oltre il Bosforo, si daranno al saccheggio e saranno facile preda dei Turchi.

Giungono invece alla méta le milizie cristiane «ufficiali», dalle quali sono esclusi i sovrani scomunicati Enrico IV di Germania e Filippo I di Francia. A guidarle sono Roberto di Normandia (Francesi del Nord), Goffredo di Buglione, Baldovino di Fiandra, Roberto II di Fiandra (Lorenesi e Fiamminghi), Raimondo di Tolosa (Francesi del Sud), Boemondo di Taranto e suo nipote Tancredi (Normanni d’Italia); a loro si uniscono contingenti minori d’ogni parte dell’Europa Occidentale. Adhemar, Vescovo di Puy, è il delegato pontificio alla Crociata. L’esercito, tipicamente feudale, è costituito da vari contingenti, ognuno dei quali obbedisce solo al proprio capo; si tratta, per lo più, di cadetti di nobili famiglie ansiosi di conquistarsi domini personali. Come si può notare, tutti i condottieri sono di lingua francese, donde il soprannome di «Crociata dei Francesi» dato alla Prima Crociata: e, nei Paesi Islamici, la parola «Ferenghi» (cioè «Franchi», «Francesi») è passata a designare tutti gli Europei.

Itinerario della Prima Crociata

L'itinerario seguito nella Prima Crociata

I Crociati seguono una via di terra: dopo il fortunato assedio di Nicea e la vittoria sul Sultano di Iconio presso Dorileo, Antiochia cade per tradimento dopo sette mesi di assedio. Un esercito di soccorso, guidato da Kerboga, Emiro di Mossul, viene messo in fuga da una vittoriosa sortita dei Crociati.

Gerusalemme, che nel frattempo è stata ripresa dagli Arabi, viene espugnata il 15 luglio 1099 dopo cinque settimane di assedio. Il massacro che ne segue è atroce: scrive un testimone oculare, il prete Raimondo di Agiles, che «si videro cose meravigliose. Numerosi Saraceni vennero decapitati… altri uccisi da frecce o costretti a gettarsi dalle torri; altri ancora vennero torturati per parecchi giorni e poi buttati nelle fiamme. Per le strade si potevano vedere pile di teste e mani e piedi. Si cavalcava ovunque tra cadaveri di uomini e cavalli». I vincitori si precipitano nella chiesa del Santo Sepolcro e qui, abbracciandosi l’un l’altro, piangono di gioia e ringraziano Dio misericordioso.


Le armi della vittoria

I Crociati giungono sotto le mura di Gerusalemme più di tre anni dopo la loro partenza. Hanno vinto tutte le battaglie ed hanno conquistato Nicea, Edessa, Antiochia, Tripoli di Siria. Il prezzo è stato però altissimo: di 100.000 fanti e 60.000 cavalieri ch’erano alla partenza, sono ridotti a soli 40.000. La conquista della città non si rivela affatto facile: nell’assedio e nella battaglia finale, i Crociati impegnano tutti i mezzi che la tecnica bellica del tempo pone a loro disposizione. E se la vittoria arride loro, ciò si deve non solo al valore dei combattenti (valore spronato anche dall’idea di combattere in difesa della Vera Fede), ma anche a questo grande dispiegamento di macchine da guerra.

In un assedio vengono usate macchine da gitto per il lancio di proiettili, macchine da percossa per aprire brecce e macchine da assalto per proteggere i soldati nell’avvicinamento alle mura.

Le principali macchine da gitto usate dai Crociati sono mangani e trabucchi: consistono in una robusta trave fissata su un perno fra due alti cavalletti, in grado di ruotare. All’estremità del braccio più lungo vi è una «tasca» capace di contenere il proiettile; all’estremità del braccio più corto vi è un pesante contrappeso, che tende a sostenere in alto l’altra estremità. Per far agire la macchina si abbassa, tirandola con funi, l’estremità provvista della tasca, nella quale si colloca il proiettile; il contrappeso viene ora ad essere portato in alto, ma appena si mollano le funi, esso ripiomba in basso facendo ruotare velocemente verso l’alto l’estremità dov’è posto il proiettile. Una sbarra opportunamente disposta arresta bruscamente ad un certo punto questa rotazione; il proiettile, allora, schizza violentemente in avanti. Da calcoli fatti risulterebbe che un trabucco, avendo il braccio che reca il proiettile lungo sei metri, quello col contrappeso lungo due metri, e un contrappeso di tre tonnellate, può lanciare un proiettile di cento chili a circa settantasei metri di distanza; ma si crede che i Crociati ne abbiano costruiti di ancora più potenti.

Trabucco

Trabucco a Château des Baux (Francia)

Sembra che i Crociati abbiano appreso a costruire queste armi a contrappeso dai loro stessi nemici, gli Arabi: quelle usate in precedenza avevano come mezzo di propulsione tendini di animali o corde ritorte.

I mangani e i trabucchi, oltre alle pietre, lanciano certi proiettili chiamati «bombe»: consistono in barili o recipienti di terracotta pieni di una sostanza incendiaria, chiamata «fuoco greco» (perché inventata dai Bizantini). Si tratta di un miscuglio di nafta, pece, resine e zolfo, che viene acceso prima del lancio. Il recipiente, giungendo a destinazione, scoppia spandendo la sostanza infuocata – si tratta di un primo rozzo lanciafiamme. Poiché tutte le macchine belliche sono costruite in legno, con queste bombe incendiarie si possono recare al nemico danni gravissimi. Il fuoco greco resterà per due secoli l’arma più potente del mondo, e sarà per merito suo che Costantinopoli riuscirà a resistere a tutti gli assedi fino al 1453.

L’arcobalista serve a lanciare contro i nemici frecce pesanti, sbarre di ferro incandescenti, aste di legno impregnate di materie incendiarie: non è altro che un grosso arco montato su un robusto telaio provvisto di ruote. L’arcobalista viene usata moltissimo perché è facile a spostarsi e consente una buona precisione nel tiro.

Le macchine da percossa per abbattere porte ed aprire varchi nelle mura sono gli arieti, identici a quelli usati dai Romani. Per proteggere gli uomini che li muovono, gli arieti vengono chiusi in gabbie coperte da pelli bagnate perché non possano venire incendiati.

Passiamo ora alle macchine da assalto. I mantelletti sono ripari di legno, resi mobili per mezzo di piccole ruote, dietro ai quali i Crociati si proteggono dalle frecce e dai proiettili nemici mentre avanzano verso la città assediata.

I gatti o tettoie mobili sono delle lunghe capanne mobili; avanzano scorrendo su rulli disposti sul terreno e servono a riparare gli assalitori dalle frecce, dalle pietre, dalla pece e dall’olio bollenti lanciati dagli assediati. Protetti da queste tettoie, i Crociati possono avvicinarsi al fossato scavato davanti alle mura di Gerusalemme e versarvi dentro materiale in quantità, fino a colmarlo, così che le torri mobili ed i soldati con le scale possono accostarsi ai bastioni.

Se un assalto deve essere effettuato di sorpresa, oppure con una gran massa di uomini, le torri mobili non possono servire: si ricorre allora alle scale. Con un fitto bombardamento effettuato dai mangani e dalle torri si tenta di costringere i difensori ad abbandonare un tratto delle mura; allora, rapidamente, si innalza un gran numero di scale dalla cima delle quali gli assalitori balzano sugli spalti. Vi sono scale di molti tipi: smontabili, pieghevoli, munite di uncini per aggrapparsi alle mura.

Ma le macchine belliche che determinano la vittoria dei Crociati nell’assedio di Gerusalemme sono le torri mobili, molte delle quali sono state portate da Guglielmo Embriaco, il capo dei Crociati genovesi. Costruite a Genova ed imbarcate, a pezzi, sulle navi della flotta ligure fino in Siria, sono state poi trascinate via terra dall’esercito fin sotto le mura di Gerusalemme; qui, abili carpentieri hanno provveduto a montarle.

È una di queste colossali macchine che, abilmente manovrata, determina la prima rottura nello schieramento difensivo musulmano. Infatti i guerrieri che stanno sulla cima di queste torri possono colpire dall’alto i difensori della città e, al momento opportuno, balzare sulle mura.


La Crociata vista dagli Arabi

È interessante a questo punto spostare il punto di vista, considerare la conquista di Gerusalemme con gli occhi dei vinti, vedendo così rovesciarsi la tavola dei valori. Il testo che segue è di Ibn al-Athir: «Gerusalemme apparteneva a Tag ad-dawla Tutùsh, che l’aveva concessa in feudo all’Emiro Suqmàn ibn Artùq il Turcomanno. Ma, quando i Franchi vinsero i Turchi sotto Antiochia e ne fecero strage, questi si indebolirono e dispersero e allora gli Egiziani, vista la debolezza dei Turchi, marciarono su Gerusalemme sotto il comando di al-Afdal ibn Badr al-Giamali, e la assediarono. Erano nella città Suqmàn e Ilghazi figli di Artùq, il loro cugino Sunig e il loro nipote Yaquti. L’Egiziano montò contro Gerusalemme più di quaranta macchine d’assedio, che demolirono vari punti delle mura; gli abitanti si difesero, e la lotta e l’assedio durarono più di quaranta giorni. Alla fine, gli Egiziani si insignorirono della città per capitolazione nello sha‘bàn del 489 [agosto 1096; in realtà l’anno è sbagliato, Gerusalemme fu presa dagli Egiziani nell’agosto del 1098]. Al-Afdal trattò generosamente Suqmàn, Ilghazi e i loro compagni, fece loro larghi donativi, e li lasciò andare; ed essi si recarono a Damasco, e poi passarono l’Eufrate, e Suqmàn si fermò ad Edessa, mentre Ilghazi se ne andò nell’Iraq. Gli Egiziani misero come luogotenente in Gerusalemme un certo Iftikhàr ad-dawla, che vi restò fino al momento di cui parliamo.

Contro Gerusalemme mossero dunque i Franchi dopo il loro vano assedio di Acri, e giunti che furono la strinsero d’assedio per oltre quaranta giorni. Montarono contro di essa due torri, l’una delle quali dalla parte di Sion, e i musulmani la abbruciarono uccidendo tutti quelli che c’eran dentro; ma l’avevano appena finita di bruciare che arrivò un messo in cerca d’aiuto, con la notizia che la città era stata presa dall’altra parte: la presero infatti dalla parte di Settentrione, il mattino del venerdì ventidue sha‘bàn [15 luglio]. La popolazione fu passata a fil di spada, e i Franchi stettero per una settimana nella terra menando strage dei musulmani. Uno stuolo di questi si chiuse a difesa nell’Oratorio di Davide [la Torre di Davide, nella cittadella di Gerusalemme], dove si asserragliarono e combatterono per più giorni; i Franchi concessero loro la vita salva, ed essi si arresero, e, avendo i Franchi tenuto fede ai patti, uscirono di notte verso Ascalona, e lì si stanziarono. Nel Masgid al-Aqsa invece i Franchi ammazzarono più di settantamila persone [cifra, questa, gonfiata oltremisura], tra cui una gran folla di imam e dottori musulmani, devoti e asceti, di quelli che avevano lasciato il loro Paese per venire a vivere in pio ritiro in quel Luogo Santo. Dalla Roccia [la Moschea d’Omar, costruita sulla roccia da cui secondo i musulmani Maometto ascese al cielo] predarono più di quaranta candelabri d’argento, ognuno del peso di tremilaseicento dramme, e un gran lampadario d’argento del peso di quaranta libbre siriane; e dei candelabri più piccoli centocinquanta d’argento e più di venti d’oro, con altre innumerevoli prede.

I profughi di Siria arrivarono a Baghdad nel mese di ramadan, col cadi Abu Sa‘d al-Hàrawi, e tennero nella Cancelleria califfale un discorso che fece piangere gli occhi e addolorò i cuori. Il venerdì vennero nella moschea cattedrale, e chiesero aiuto, piansero e fecero piangere, narrando quel che i musulmani avevan sofferto in quella Città santa: uomini uccisi, donne e bambini prigionieri, averi predati. Per i gravi disagi sofferti, arrivarono a rompere il digiuno».


Conquiste effimere

I principi crociati che hanno partecipato alla Prima Crociata si spartiscono le terre conquistate costituendo diversi Stati Feudali; ciascuno dei principi assegna feudi minori ai suoi vassalli. Si crea così il Regno di Gerusalemme: i Crociati eleggono sovrano Goffredo di Buglione, uomo di eccezionale onestà, che assume però soltanto il titolo di «Difensore del Santo Sepolcro»; alla sua morte gli succede il fratello Baldovino, che accetta il titolo di Re; un codice feudale, l’Assise di Gerusalemme, regola i rapporti fra il Re e i suoi vassalli. Stati Feudali minori sono il Principato di Antiochia, le Contee di Edessa e di Tripoli; Antiochia e Gerusalemme diventano sedi di patriarcati latini. Ma la vita di questi Stati Latini d’Oriente non è facile, minata dalle continue lotte dei principi normanni di Antiochia con i Bizantini, e di quelle intestine tra i vari signori feudali, nonché dai persistenti contrasti tra i vari gruppi etnici.

Levante dopo la Prima Crociata

Da ora in avanti, il rilancio della Crociata porrà sempre in primo piano la difesa di questi territori. Viene peraltro sempre utilizzata la via marittima, più rapida – che presuppone l’esistenza di accordi commerciali e politici con le Repubbliche Marinare Italiane, le sole che dispongono di flotte adeguate. Prima ad intervenire è Genova, poi Pisa ed infine Venezia, che ne ricaverà il maggior utile: le tre città si affrettano a stabilire sulle coste dell’Asia molte rappresentanze commerciali.

Per mantenere le conquiste cristiane, sorge un nuovo tipo di monaco, che concilia l’ideale ascetico con quello cavalleresco: monaco e guerriero allo stesso tempo. Il compito di questi nuovi Ordini cavallereschi è essenzialmente la difesa dei Luoghi Santi, la protezione degli oppressi e la guerra agli infedeli. Il loro voto è quello monastico: povertà, castità e obbedienza.

I Cavalieri di San Giovanni sorgono dalla confraternita dell’Ospedale di Gerusalemme. Riconosciuti nel 1113 dal Papa Pasquale II, vengono trasformati in Ordine dal 1120 sotto Raimond du Puy. I loro compiti sono assistenziali e militari, comprendendo la cura degli infermi e la difesa della fede. Indossano un mantello nero con croce bianca, in guerra una giubba rossa. Nel 1291 l’Ordine è trasferito a Cipro, nel 1309 a Rodi, nel 1530 e fino al 1798 a Malta, da cui il nome di «Cavalieri di Malta».

I Templari sorgono nel 1120 dall’associazione di Hugo de Payns con alcuni cavalieri francesi allo scopo di proteggere in armi la Terra Santa e i pellegrini. Portano il mantello bianco con croce rossa. Nel 1312 l’Ordine viene soppresso da Papa Clemente V.

L’Ordine Teutonico viene fondato a San Giovanni d’Acri come confraternita per la cura degli infermi. Diventa Ordine cavalleresco nel 1198. Viene contraddistinto dal mantello bianco con croce nera. Dopo una residenza temporanea nella Transilvania, dove l’Ordine viene confinato da Andrea II d’Ungheria, i cavalieri teutonici si trasferiscono in Prussia. Le residenze del Gran Maestro sono prima San Giovanni d’Acri, poi Venezia (dal 1291) ed infine Marienburg (dal 1309).

Ma le continue dispute e le contese tra i Cristiani in Oriente permettono la riscossa dei musulmani: nel 1144 l’Emiro Imadeddin Zenkis di Mossul conquista Edessa. Tre anni dopo, sotto le esortazioni di San Bernardo di Chiaravalle, viene organizzata la Seconda Crociata, sotto la guida del Re di Francia Luigi VII e dell’Imperatore Corrado III. La cooperazione dei due eserciti viene però turbata dall’alleanza tra Luigi VII e Ruggero II di Sicilia, fautore di una politica di forza contro Bisanzio; Corrado III reagisce alleandosi col cognato Michele Comneno, avversario dei Normanni. I due eserciti, separati, vengono sconfitti più volte; i Sovrani uniscono nuovamente le loro forze, ma le spedizioni contro Damasco e Ascalona hanno esito infelice.

Nel 1187, il Sultano Salah Ad-Din (il «feroce Saladino» della tradizione) sconfigge l’avventuriero Guido di Lusignano, usurpatore del trono di Gerusalemme alla morte del cognato Baldovino IV, nella battaglia di Hattin; il 21 ottobre, la stessa Gerusalemme cade nelle mani del Saladino. La risonanza dell’evento in tutta Europa è enorme. Nel 1189 Federico Barbarossa, coerente con la sua idea del primato universale dell’Imperatore, si pone alla testa della Terza Crociata, che riunisce tutti i principi cristiani. Dopo una brillante vittoria presso Iconio nel 1190, l’esercito si sfascia quando l’Imperatore muore traversando un fiume a guado, in Anatolia. Suo figlio, il duca Federico di Svevia, conduce una parte delle truppe nei pressi di San Giovanni d’Acri, dove muore, nel 1191. La città viene conquistata nello stesso anno dal Re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone e dal Re di Francia Filippo II Augusto. Riccardo conclude una tregua col Saladino e ottiene il territorio costiero fra Tiro e Giaffa, nonché la promessa che non saranno ostacolati i pellegrinaggi a Gerusalemme. Ma le rivalità d’interessi tra i Crociati, sempre più accentuate, hanno come vittime anche i Bizantini, a cui Riccardo Cuor di Leone sottrae l’isola di Cipro, che diventa un Regno Franco concesso in feudo a Guido di Lusignano.

Il Levante al tempo della Terza Crociata

Una nuova Crociata viene bandita dall’Imperatore Enrico IV nel 1197, non solo per riconquistare la Terra Santa, ma anche per assoggettare l’Impero Bizantino. L’improvvisa morte dell’Imperatore determina il fallimento dell’impresa: l’acquisto si limita ad una striscia di costa presso Antiochia.

Dal 1202 al 1204 si svolge invece la Quarta Crociata. Papa Innocenzo III chiama i principi d’Europa a riprendere le armi. Gran parte dei nobili francesi, tra cui il marchese Bonifacio di Monferrato e Baldovino di Fiandra, rispondono al suo appello. I Veneziani assicurano il trasporto dei Crociati via mare, pretendendo però un prezzo esorbitante per il noleggio delle navi; per evitare di pagare, i Crociati sono dirottati alla conquista della città bizantina di Zara, che passerà sotto Venezia. Lo stesso Doge Enrico Dandolo assume la guida dell’esercito crociato per aderire alla richiesta d’aiuto del principe Alessio Angelo, figlio dello spodestato Isacco, ma soprattutto per tutelare gli interessi commerciali veneziani nel Levante. La spedizione, che avrebbe dovuto avere per méta l’Egitto, viene così deviata verso l’Impero Bizantino. Nel 1203, Costantinopoli viene conquistata per la prima volta nella sua storia; l’anno successivo i Crociati, cacciati per breve tempo, riprendono la città e la sottopongono ad un feroce saccheggio: viene costituito l’Impero Latino d’Oriente, con Re Baldovino di Fiandra. Venezia si insedia nei porti maggiori ed ottiene il predominio commerciale, mentre i nobili franchi ottengono una serie di feudi nella Románia (Principato di Morea, Ducato di Atene, Regno di Tessalonica). L’Impero Bizantino, però, non scompare: esso trasferisce la capitale a Nicea, in Anatolia, dove continuano i fasti e la tradizione della corte bizantina; sarà solo nel 1261 che Michele Paleologo riuscirà a rovesciare l’Impero Latino d’Oriente con l’aiuto di Genova, che si stabilisce saldamente nel Levante come seconda potenza commerciale.

Presa di Costantinopoli

L'entrata dei crociati a Costantinopoli in un'incisione di Gustave Doré

Dal 1208 al 1213 si svolge una Crociata contro i catari albigesi.

Nel 1212 viene organizzata la grottesca «Crociata dei Fanciulli»: migliaia di adolescenti vengono imbarcati a Marsiglia da armatori privi di scrupoli e inviati ad Alessandria, dove sono venduti come schiavi.

Nel 1217, Papa Onorio III impone all’Imperatore Federico II una spedizione in Palestina. Gli indugi dell’Imperatore spingono il Re Andrea II d’Ungheria e il duca Leopoldo VII d’Austria a partire per l’Oriente associandosi il conte di Brienne, Re titolare di Gerusalemme. L’obiettivo diventa la presa di Damietta, la città-forziere d’Egitto, che viene presa e poi perduta, facendo così fallire l’impresa. Coi Crociati è presente anche San Francesco d’Assisi, che rimane disgustato dai massacri perpetrati dai cavalieri cristiani nei confronti dei civili.

Nel 1228 Federico II, scomunicato dal Papa per non aver mantenuto la promessa, prepara la Quinta Crociata. Il Sultano d’Egitto Elkamil rimane grandemente colpito dalla cultura araba di Federico, tanto da cedergli Gerusalemme (ma smantellata e indifendibile), Betlemme e Nazareth. Federico si incorona da solo Re di Gerusalemme, titolo che rivendica per aver sposato Jolanda di Brienne (Regina di Gerusalemme, ma già defunta al momento dell’incoronazione di Federico).

I musulmani riconquistano Gerusalemme nel 1244: la città non tornerà più in mani cristiane.

Dal 1248 al 1254 si svolge la Sesta Crociata. Luigi IX il Santo, Re di Francia, contro l’opinione generale capeggia una spedizione contro l’Egitto, roccaforte dei musulmani. Nel 1249 conquista Damietta, ma viene sconfitto a Mansura e fatto prigioniero con tutto l’esercito. Dopo la sua liberazione dietro la corresponsione di un forte riscatto, trascorre quattro anni in Terra Santa, fortificando San Giovanni d’Acri.

Nel 1270 si svolge la Settima Crociata, l’ultima. Luigi IX parte alla volta di Tunisi, dove il suo esercito è decimato da una pestilenza. Anch’egli muore, per realizzare un sogno personale divenuto ormai anacronistico. Carlo d’Angiò torna in Sicilia coi resti della spedizione.

Nel 1291, l’atto finale: San Giovanni d’Acri, ultimo baluardo cristiano, viene conquistato dai Mamelucchi. Tiro, Beirut e Sidone vengono sgomberate dai Cristiani. Cipro rimane fino al 1489 sotto la Casa dei Lusignano; la signoria dei Cavalieri di San Giovanni sussiste a Rodi fino al 1523.

Il sostanziale fallimento di due secoli di Crociate è dovuto al prevalere degli interessi particolari dei singoli principi, alla loro incapacità di darsi una guida unitaria e di raggiungere una stabile intesa con Bisanzio, il cui concorso è indispensabile per la condotta delle operazioni belliche. Il pericolo della concorrenza commerciale di Venezia e le mire territoriali dei Normanni di Sicilia spingono l’Impero Bizantino a schierarsi contro gli eserciti crociati. Le Crociate non solo non riescono a mantenere una conquista duratura della Terra Santa, ma indeboliscono l’Impero Bizantino rendendolo incapace di difendersi dai Turchi ed affrettandone la caduta. Il Papato raggiunge il culmine della sua potenza temporale, ma proprio il suo prestigio mondano contribuisce a minare la devozione verso la Santa Sede in ampi strati della popolazione; la tremenda catastrofe della Seconda Crociata ha molto nuociuto al prestigio del Papato, e San Bernardo di Chiaravalle appare a molti come un falso profeta. Acquistano invece notevole influenza alcune correnti spirituali secolari, le quali sostengono che le Crociate non devono volgersi a fini di conquista, ma soltanto di difesa contro l’avanzata dell’Islam.

Ma non tutto è negativo. Dopo le Crociate, spira in Europa un’aria nuova: tra Oriente ed Occidente cominciano a stabilirsi molte relazioni. Non si tratta solo di scambi commerciali, che vedono protagoniste le Repubbliche Marinare Italiane, ma avviene anche una mescolanza di cultura, un apporto reciproco che gioverà allo sviluppo della civiltà comunale. Dall’Oriente si riversano in Italia i prodotti locali che migliorano il tenore della vita, il commercio prospera, i mercanti fanno affari: il fiorire dell’economia monetaria favorisce il sorgere di una ricca borghesia. Il contatto con l’Asia segna per tutta l’Europa una vera e propria rivoluzione: l’orizzonte si allarga e la ristretta vita medioevale si fa sempre più lontana, sempre più remota.

Inoltre, senza le Crociate probabilmente noi oggi parleremmo arabo e pregheremmo sul Corano: il blocco islamico rischiava di strangolare il commercio e l’economia europei. L’invasione in Europa degli eserciti turchi viene arginata per due secoli: solo più tardi gli Ottomani riprenderanno la loro corsa spaventosa per giungere nel 1683 fino a Vienna e poi essere spezzati dalla spada di un principe di Savoia.

Le lotte per riconquistare la Terra Santa, inoltre, hanno portato in evidenza la posizione strategica che l’Italia occupa protendendosi nel Mediterraneo: attraverso di essa passano i fermenti dell’incontro fra Oriente ed Occidente. Forse è anche per questo motivo che in Italia sono nati i due più grandi viaggiatori della Storia, destinati a toccare le estreme propaggini dell’Est e dell’Ovest: Marco Polo e Cristoforo Colombo.

(febbraio 2012)

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