Il Libro di Enoch
Il più misterioso testo apocrifo della tradizione giudaica

Tra i vari testi che «gravitano» attorno alla Bibbia ma che non sono stati accolti nel canone (cioè non sono stati considerati ispirati da Dio, per quanto potrebbero contenere concetti o idee vicini a quelli cristiani), il più «misterioso», almeno per il grande pubblico, è quello conosciuto come Libro di Enoch.

L’opera è stata attribuita al patriarca antidiluviano Enoch, bisnonno di Noè, ma naturalmente si tratta di un’attribuzione fittizia: oggi si è generalmente concordi nel considerarla una rielaborazione di cinque testi precedenti autonomi. Sarebbe stata composta in un arco di tempo lunghissimo, le cui date – comunque discusse – andrebbero dal VI secolo avanti Cristo per le parti più antiche fino addirittura al III secolo dopo Cristo per quelle più recenti; secondo la maggior parte degli studiosi, comunque, la redazione definitiva sarebbe stata fatta nella prima metà del I secolo avanti Cristo.

Il Libro di Enoch non fu accolto tra i libri biblici della tradizione ebraica nel concilio di Jamnia (anno 70 dopo Cristo) probabilmente perché è scritto in aramaico e non in ebraico e per la data di composizione troppo recente. Anche la Chiesa (esclusa quella Copta) all’inizio del IV secolo non accolse Enoch tra i libri ispirati, nonostante fosse citato quasi esplicitamente nella Lettera agli Ebrei e nella Lettera di Giuda, entrambe nel Nuovo Testamento, e molti autori cristiani successivi vi si fossero ispirati: per esempio Giustino, Tertulliano, Origene...

La mancata accogliena del Libro di Enoch tra gli scritti canonici ne provocò la scomparsa, dato che copiare un’opera era un lavoro lento e costoso e la precedenza veniva data ai testi usati per lo studio o la preghiera: le ultime citazioni non frammentarie risalgono agli inizi del IX secolo nell’opera Chronographia Universalis dello storico bizantino Giorgio Sincello. Nel Rinascimento si cominciò a ricercare le fonti manoscritte del Libro (se ne interessò, tra gli altri, Pico della Mirandola); intorno alla metà del Cinquecento, sacerdoti etiopi giunsero a Roma portando la notizia che in quel Paese si conservavano copie del testo, ma fu solo nel 1773 che il viaggiatore scozzese James Bruce portò con sé dall’Africa tre copie del libro. La prima edizione critica affidabile del testo apparve nel 1851 a cura dell’orientalista tedesco August Dillmann, col titolo Libro di Enoch, edizione fedele dei cinque codici, con varianti di lettura.

Ma di che cosa parla il testo? Vediamone i tratti essenziali.

Il libro è composto da 150 capitoli raggruppati in cinque parti o sezioni: il contenuto ruota attorno alla caduta dei «vigilanti», cioè alcuni angeli che generarono i giganti (si tratta di un ampliamento di quanto narrato nel quasi enigmatico passo di Genesi 6, 1-4: «Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie, i figli di Dio [gli angeli] videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. Allora il Signore disse: “Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di 120 anni”.

C’erano sulla terra i giganti a quei tempi – e anche dopo – quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi»). Il libro contiene anche una descrizione dei movimenti dei corpi celesti, in tipico stile apocalittico.

La prima parte, il Libro dei Vigilanti, dopo aver descritto l’armonia del cosmo e aver minacciato la maledizione di Dio per gli empi che ne avrebbero turbano l’armonia, racconta di 200 angeli che discendono dal cielo per unirsi con le figlie degli uomini. Da questa unione nascono i giganti, esseri brutali e crudeli che corrompono l’umanità: «E accadde, da che aumentarono i figli degli uomini, in quei tempi nacquero a essi ragazze belle di aspetto. E gli angeli, figli del cielo, le videro, se ne innamorarono, e dissero fra loro: “Venite, scegliamoci delle donne fra i figli degli uomini e generiamoci dei figli”. E disse loro Semeyaza, che era il loro capo: “Io temo che può darsi che voi non vogliate che ciò sia fatto e che io solo pagherò il fio di questo grande peccato”. E tutti gli risposero e gli dissero: “Giuriamo, tutti noi, e ci impegniamo che non recederemo da questo proposito e che lo porremo in essere”. Allora tutti insieme giurarono e tutti quanti si impegnarono vicendevolmente ed erano, in tutto, duecento. […]

E si presero, per loro, le mogli e ognuno se ne scelse una e cominciarono a recarsi da loro. E si unirono con loro e insegnarono a esse incantesimi e magie e mostrarono loro il taglio di piante e radici. Ed esse rimasero incinte e generarono giganti la cui statura, per ognuno, era di tremila cubiti. Costoro mangiarono tutto il frutto della fatica degli uomini fino a non poterli, gli uomini, più sostentare. E i giganti si voltarono contro di loro per mangiare gli uomini. E cominciarono a peccare contro gli uccelli, gli animali, i rettili, i pesci e a mangiarsene, fra loro, la loro carne e a berne il sangue. La terra, allora, accusò gli iniqui.» (Libro di Enoch, VI, 1-VII, 6).

Dio preannuncia il diluvio universale che cancellerà il male degli uomini, poi ordina a Gabriele di far annientare l’un l’altro i giganti e a Raffaele e Michele di legare gli angeli vigilanti che hanno abbandonato il cielo e imprigionarli sotto terra fino al giorno del giudizio universale.

Si passa poi alla descrizione di alcuni viaggi e visioni di Enoch in cielo e fino ai confini della terra, dove vede Dio (la Grande Gloria), la punizione degli angeli vigilanti e i luoghi del giudizio universale: «E vidi, là, un luogo al di là della grande terra, ove si radunano le acque. E vidi una spaccatura della terra, profonda, in colonne di fuoco del cielo e vidi, nel loro interno, colonne di cielo di fuoco, che discendevano e non si potevano contare, né verso l’alto né verso il basso. E, sopra quella spaccatura, vidi un luogo senza firmamento sopra né fondamenta terrestri sotto e, al di sopra, non vi era né acqua né uccelli: era un luogo deserto. […] E l’Angelo mi disse: “Questo è il luogo della fine del cielo e della terra. […]”.

E Uriele mi disse: “Qui stanno gli spiriti degli angeli che si sono uniti con le donne e che, assumendo molti aspetti, hanno reso impuri gli uomini e li inducono in errore sì che essi offrano sacrifici ai demoni come agli dèi; staranno qui fino al giorno del grande giudizio nel quale saranno, fino al loro compimento, condannati. E anche le loro donne, avendo fatto errare gli angeli del cielo, sono trattate come i loro amici”. E io, Enoch, io solo, ho visto la scena, i confini di tutto e non vi è, tra gli uomini, chi abbia visto come ho visto io. […] E di là andai in un altro luogo e mi mostrò a Occidente un monte grande e alto e vi erano pietre dure e quattro belle località e, nell’interno, era profondo, vasto, liscio assai al punto da essere sdrucciolevole e, a guardarlo, era profondo e tenebra. Allora Raffaele, uno degli angeli che era con me, mi parlò e mi disse: “Queste belle località ci sono affinché, in esse, si radunino gli spiriti, le anime dei morti. Sono state costruite qui, per loro, per raccogliere tutte le anime dei figli degli uomini. E questi luoghi dove le si faranno stare, li si son fatti per loro fino al giorno del loro giudizio e fin quando durerà il loro tempo. E il tempo sarà grande, fin quando vi sarà, contro di esse, il grande giudizio”» (Libro di Enoch, XVIII 10-XXII 4).

Nella seconda parte, il Libro delle Parabole, il tema del giudizio finale riguarda gli empi e i Re della Terra: solo i giusti saranno con gli angeli e avranno in premio un nuovo cielo e una nuova terra, mentre per gli altri vi sarà un profondo burrone e una fornace di fuoco ardente (l’Inferno).

Noè vede la corruzione degli uomini e si reca ai confini della terra per parlare con Enoch, che gli annuncia la venuta del diluvio e la sua sopravvivenza, mostrandogli gli angeli pronti a liberare le acque. Poi Enoch viene innalzato in cielo.

La terza parte è il Libro dell’Astronomia: si tratta di una serie di nozioni astronomiche in uso presso gli esseni – si mostra l’ordine perfetto del cosmo, il sole e la luna con le sue fasi, il cielo coi suoi venti. È un testo che potremmo senz’altro definire «scientifico», ovviamente si tratta della scienza del tempo. A differenza degli altri popoli, per i quali il sole, la luna e le stelle erano divinità, per gli Ebrei si trattava di semplici luci e li si poteva quindi osservare in modo oggettivo: «E per prima usciva la luce maggiore, chiamata sole, e la sua orbita è come la circonferenza del cielo e tutto era pieno di fuoco splendente e ardente.

[…] E il sole tramontava dal cielo e tornava per il Nord per andare a Oriente ed era guidato per entrare in questa porta e illuminava la faccia del cielo. Così sorgeva nel primo mese per la porta grande e usciva per la quarta di quelle sei porte che erano verso Oriente del sole. E in questa quarta porta da cui usciva il sole nel primo mese vi erano dodici finestre aperte da cui usciva la fiamma quando esse, al loro tempo, si aprivano. Quando il sole sorgeva dal cielo, usciva per quella quarta porta per trenta mattine e scendeva direttamente attraverso la quarta porta che è a Occidente del cielo. E, in quei giorni, il giorno si allungava e la notte si accorciava, per trenta giorni» (Libro di Enoch, LXXII 4-9). A Enoch viene mostrato anche il turbamento dell’armonia del cosmo causato dalle azioni dei peccatori e gli viene concesso di tornare sulla terra per raccontare al figlio Matusalemme quanto ha appreso.

Il Libro dei Sogni (la quarta parte) contiene un sogno-visione in cui Enoch racconta a Matusalemme di aver visto la terra sommersa e una grande distruzione, e un secondo sogno-visione in cui si ripercorre la storia dell’umanità in modo allegorico: i bovini al pascolo sono i primi uomini, il bue bianco è Noè che costruisce una grande arca con altri tre buoi (i figli). Dopo il diluvio i buoi generano dodici pecore (i figli di Giacobbe) che rischiano di essere uccise dalle iene (gli Egizi) ma vengono liberate da un’altra pecora (Mosè). In Palestina sono difese da caproni (i Re Saul, Davide e Salomone). Nascono agnellini bianchi (i Maccabei) che lottano coi rapaci (Regni Ellenisti di Siria ed Egitto). Il Signore delle pecore nel giorno del giudizio giudica i pastori che hanno sviato le pecore dalla retta via e le stelle (gli angeli decaduti), poi fa per le pecore una casa nuova (nuova Gerusalemme), dove accorrono le pecore perite (risurrezione dei giusti) e tutti gli altri animali. Nasce un bue bianco dalle grandi corna (il Messia). Infine, Enoch si risveglia.

Il libro si conclude con la Lettera di Enoch, che appartiene al genere letterario dei «testamenti»: Enoch ricorda al figlio Matusalemme che ci sarà un castigo per i peccatori e lo esorta alla giustizia. Racconta la nascita di Noè, annuncia il diluvio universale per eliminare il peccato dalla terra e fa una lode della giustizia del giudizio di Dio: «In quei giorni il Signore disse ai giusti di chiamare e di testimoniare, sulla loro saggezza, ai figli della terra: “Mostrate loro che voi siete la loro guida e le ricompense che avrete su tutta la terra, poiché io e mio figlio ci uniremo con loro, per sempre, sulla via della rettitudine durante la loro vita. E la pace sarà con voi! Gioite, figli della rettitudine, per davvero!”» (Libro di Enoch, CV 1-2).

Questo, in una sintesi estrema, è il contenuto del Libro di Enoch: esso non contiene rivelazioni «sconvolgenti», come vorrebbe pretendere qualcuno, anche se può essere apprezzato perché offre una visione affascinante dell’immaginario religioso del mondo antico, con alcune idee inusuali rispetto alla tradizione ebraica e cristiana. Una lettura interessante e a tratti piacevole, sia per lo studioso della materia sia per il semplice «curioso», ma nulla di più.

(dicembre 2023)

Tag: Simone Valtorta, Libro di Enoch, testi apocrifi, Bibbia, Enoch, Noè, concilio di Jamnia, Chiesa, Lettera agli Ebrei, Lettera di Giuda, Chronographia Universalis, James Bruce, August Dillmann, Libro dei Vigilanti, Libro delle Parabole, Libro dell’Astronomia, Libro dei Sogni, Lettera di Enoch.