Il conte Cesare Boccella: confutiamo un’epoca
Tra arte, musica e politica

Spesso è necessario andare oltre ciò che viene presentato dalla storiografia come acclarato perché l’ufficialità nasconde quanto di più imprevedibile si possa immaginare.

Uomini vissuti nel XIX secolo hanno prodotto situazioni davvero sconvolgenti per la nostra storiografia.

Uno dei musicisti più virtuosi della storia europea, Franz Liszt, Ungherese di nascita ma Europeo di adozione, ebbe contatti davvero importanti che hanno segnato anche la storia del nostro Paese. Vissuto tra il 1811 e il 1886, ha potuto osservare cambiamenti politici in Europa che hanno prodotto Stati come la Germania, l’Italia, la Grecia, l’Ungheria, sua terra di nascita. Egli lottò a lungo contro gli Imperi, e in particolare contro quello Asburgico. Sicuramente sul piano ideale.

Franz Liszt, oltre ad aver trascritto musiche di Beethoven, Schubert; oltre a legarsi a Chopin e Schumann di sincera amicizia, sposò la figlia di Richard Wagner, Cosima, e fu particolarmente seguace delle idee politiche del suocero, sostenendolo con vigore.

Ci troviamo dunque proiettati nella Corte Prussiana del XIX secolo, nel periodo antecedente il 1848, e in situazioni davvero sconvolgenti.

Con lui un marchese lucchese, Cesare Boccella, che aveva sposato una nobildonna ungherese, Virginia, figlia naturale del Principe Esternhazy, fu essenziale nelle dinamiche del tempo. Boccella divenne il fido scudiero di Sua Maestà Carlo Ludovico di Borbone-Parma, all’epoca Sovrano dello Stato Lucchese. Con lui viaggiò molto e sposò Virginia Esternhazy, che del Principe Ungherese Esternhazy era figlia naturale. Carlo Ludovico fu spesso alla Corte Prussiana e qui conobbe Franz Listz, la cui amicizia portò il celebre musicista a comporre un’opera su libretto dello stesso Marchese Boccella[1] e indirizzandoci dunque in situazioni tutt’ora mai chiarite.

Chi era il marchese Boccella? Contemporaneo di Listz, era nato a Lucca nel 1810 dal marchese Cristoforo e da Elisabetta Bartolomeo. Fu educato a Parma in un collegio retto dai Padri Benedettini. Si aprirebbero già qui una serie di osservazioni perché proprio nella prima metà dell’Ottocento il marchese pubblicò un libricino, Il templare, molto contestato all’epoca, in cui descrisse le vicende di un templare lucchese che dopo lo scioglimento dell’Ordine si rifugiò in un convento cistercense cittadino, prima benedettino, e qui finì i suoi giorni, dimostrando già all’epoca, il marchese, che i templari lucchesi non furono tutti perseguitati ma anzi, come la recente storiografia dimostra, continuarono a fare dopo lo scioglimento dell’Ordine quanto facevano in precedenza.[2]

Il marchese sapeva cose che noi contemporanei oggi non possiamo conoscere, vista la sua storia familiare? Molto probabile. I Benedettini ebbero sicuramente un ruolo centrale per l’Ordine.

Dal convento benedettino parmense il marchese Boccella uscì nel 1825 e completò i suoi studi a Montpellier in Francia. Fu grazie al padre Cristoforo, da cui ereditò l’amore per gli studi letterari e filosofici, che conobbe le opere di Voltaire non sfuggendo alle seduzioni del razionalismo, successivamente approdando allo scetticismo e al deismo, fino a farsi sedurre dalla cultura protestante[3]. In Germania appunto, dal 1827 al 1833, fu al seguito di Carlo Ludovico di Borbone-Parma e ne condivise quella che gli storici definiscono, a torto devo aggiungere, la stravagante avventura religiosa del Duca, convertendosi al Protestantesimo, conversione che apparentemente, ma solo apparentemente, fu di breve durata. Questo la storiografia tramanda, e sempre così si pronuncia l’ufficialità storiografica.[4]

Apparentemente questa avventura protestante per Cesare Boccella si chiuderà nel 1844 con un atto formale nelle mani del Patriarca di Venezia. Secondo Giorgio Spini, per quanto riguarda il marchese Boccella il ritorno alla Chiesa Cattolica data già da alcuni anni prima il 1844, poiché dal 1840 iniziò a collaborare con la Pragmatologia Cattolica,[5] grazie a uno studio dal marchese effettuato, e pubblicato, sullo stato del Protestantesimo in Germania.

Il marchese Boccella precisò nella pubblicazione le ragioni della sua breve conversione al Protestantesimo. Ragioni ideali o politiche, dovremmo aggiungere, alle affermazioni dello storico Giorgio Spini?

Il marchese, come il Duca Borbonico, rientrò nel novero del Cattolicesimo per palese opportunità e non per convinzione come il suo Duca? Molto probabile.

Stando a quanto afferma lo storico Cesare Sardi, nel 1833 era stato il deciso intervento del marchese Boccella a scongiurare il peggio per alcuni rivoluzionari lucchesi simpatizzanti dei moti modenesi di quell’anno. L’amnistia che il Duca Carlo Ludovico concesse in tale circostanza viene attribuita all’energico intervento del marchese Boccella. Vere o false che siano tali affermazioni, i due uomini erano costantemente monitorati dal Principe di Metternich come appare dalle carte rinvenute. E ancora nel 1843 nel loro Regno uomini come Antonio Mordini e Paolo Fabrizi «transitavano» senza esserne scalfiti, coinvolti in palesi questioni rivoluzionarie internazionali che riguardavano anche terre lontane come la britannica Cefalonia.[6] Ma soprattutto un Frate massone come il lucchese conte Padre Gioacchino Prosperi, era al soldo del Duca in questioni politiche córse rivoluzionarie a tutt’oggi mai chiarite dalla storiografia.[7]

Rimettiamoci quindi in cammino partendo dai viaggi europei del marchese Boccella, nella disamina dei fatti. Inghilterra, Germania, Palestina, Malta, Egitto, Russia, il marchese si spese in ogni dove. Come il suo amico Franz Litstz. Il nostro colto marchese si permise persino di tradurre a Pisa nel 1835 dal francese (non dal russo che conosceva ma da cui non credette possibile tradurre direttamente in quel frangente) il Monaco di Kozlov. Qualche anno più tardi la sua conoscenza del russo era così forbita da consentirgli però la traduzione di un’opera di Alexandre Pouschkine.[8] Le sue frequentazioni francesi furono nutrite. Alcuni nomi: Lamennais, Montelembert, Lacordaire, Guizot. Nel 1840 Cesare Boccella non succedette al marchese Ascanio Mansi, che fino a quella data era stato il Segretario di Stato Lucchese. A succedergli fu Fabrizio Ostini, imposto al Duca Borbonico dal Principe di Metternich. Gli storici vogliono vedere in questo gesto la capacità di Ostini di informare adeguatamente il Principe Austriaco. In realtà la figura del marchese Boccella, come avrò modo qui di chiarire, non fu mai gradita e ritenuta affidabile.

Dietro alle apparenze guardiamo alla sostanza. Nel 1841 il marchese Cesare Boccella fece un viaggio in Inghilterra, libero dalle maglie che un Segratariato di Stato avrebbe prodotto, aggiungo io, e qui seguì da vicino le accese vicende dei Tories e dei Whigs che si stavano contendendo il primato nel Paese. Secondo gli storici destava grande allarme fra i Cattolici Europei il trionfo dei Tories, che erano ritenuti incapaci di conservare in Irlanda quel clima di tolleranza mantenuto fino ad allora dai Whigs.

Nel 1841 in realtà il Duca Borbonico faceva ripetuti viaggi in Inghilterra e aveva contatti serrati qui con i principali patrioti rivoluzionari italiani. Una lettera che ho rintracciato dell’editore Pietro Rolandi lo attesta.[9]

L’ottimo medico Carina, che a Bagni di Lucca dirigeva gli stabilimenti termali, viene invocato nella lettera da Pietro Rolandi, Gabriele Rossetti, Antonio Panizzi, Arrivabene, Beolchi, Miglio, tutti patrioti rivoluzionari di stanza a Londra, come uno dei più autorevoli uomini liberali e di grande prestigio che si potessero avere.

Il medico Alessandro Carina era uno dei più fidati collaboratori del Duca Borbonico, e amico giurato del marchese Cesare Boccella. Qualcuno potrebbe obiettare che la moglie del marchese, la nobildonna ungherese Virginia, che a Lucca teneva un nutrito salotto, divenuta amante del Duca Borbonico, fosse una spina nel fianco per il marchese medesimo e dunque anche per i suoi rapporti col Duca. Non penso affatto che ciò inficiasse le idee politiche del marchese, che ai principi liberali era stato educato. Se nel 1841 aveva fatto quel viaggio a Londra, forse incaricato dal Duca medesimo in incognito, ufficialmente al soldo della Pragmatologia Cattolica, egli agì di concerto verosimilmente col suo Duca come copertura per valutare quanto davvero stava accadendo nei territori d’oltre Manica. Come del resto i documenti rintracciati lasciano supporre.

In quel periodo regnava un Movimento importante in Inghilterra, il Movimento di Oxford, che certamente fino al 1845 produsse i suoi frutti. Secondo tale Movimento era più che verosimile un riavvicinamento tra Chiesa Romana e Chiesa Anglicana, e fece molti proseliti, soprattutto in Lucca, dove ancora a fine Ottocento, quando ormai il Movimento era tramontato, il Cardinale Raffaele Pierotti, che era nel 1890 il Maestro dei Sacri Palazzi Vaticani, teneva rapporti con l’ormai ardente Ministro Cattolico Cardinale Newman. Ma negli anni Quaranta del XIX secolo i suoi cugini lucchesi erano stati coinvolti in questi sommovimenti politici rivoluzionari. Penso a quel Cesare Pierotti che nel 1848 fu coinvolto nei fatti rivoluzionari a Firenze, membro degli Amici del Popolo di Domenico Guerrazzi.[10] Oppure a quei Pierotti di Pieve Fosciana protagonisti dei moti del 1833-1834 che ancora nel 1840 il Duca Lucchese proteggeva in Lucca assieme alla vedova di Ciro Menotti Polissena e al di loro figlio Achille.[11] O a quel Paolo Fabrizi che di Malta aveva fatto luogo elettivo e che era cugino dei Pierotti medesimi. Se il conte Boccella aveva sostenuto e convinto il Duca Borbonico Lucchese a non condannare a morte i liberali lucchesi coinvolti nei moti citati, una ragione ci sarà stata. Quella che gli storici ancora non descrivono. I documenti ci sono e sono tantissimi. Dobbiamo dunque addentrarci in Ungheria per esempio, e nei rapporti tra Giuseppe Mazzini, gli Ungheresi e il marchese Cesare Boccella. Perché un nobile ungherese molto celebre, Sandor Teleki, amico di lunga data del poeta e patriota ungherese Sandor Petofi, transitò proprio a Bagni di Lucca qualche anno dopo.

Era questi nato nel 1821 da una famiglia aristocratica ungherese a Kolozsvar che oggi si trova in territorio rumeno. La sua famiglia era tenutaria della locale Cancelleria Imperiale. Egli fu avviato a studi giuridici che terminò nelle Università tedesche di Berlino e Jena. Nel 1841 si trovava in Spagna, coinvolto in moti rivoluzionari e scampando per la prima volta alla condanna a morte. Dopo tale esperienza si recò di nuovo a Berlino con l’amico Franz Litstz.

Ecco entrare in gioco dunque il marchese Cesare Boccella, caro amico del musicista tedesco.

Nel 1841 i moti spagnoli videro coinvolto un rivoluzionario lucchese, uno dei fratelli Giambastiani presenti nella lettera che Antonio Mordini indirizzò proprio a Lucca nel 1843 all’amico e fratello del rivoluzionario coinvolto in Spagna, ossia indirizzata al religioso Alipio Giambastinai. Nel 1843 Mordini scriveva da Cefalonia, ma il fratello di Alipio (erano quattro fratelli, tutti rivoluzionari), impresario teatrale, era rimasto coinvolto in Spagna. I quattro fratelli Giambastiani erano nati e cresciuti in un paesino in Lucchesia, San Gennaro, dove il marchese Boccella aveva uno splendido palazzo di famiglia, tutt’ora meta dei turisti di mezzo mondo.

Un paese rivoluzionario, San Gennaro, per antonomasia, sempre coinvolto nel corso del tempo in questioni politiche spinose. Casualità? Non credo.

Il padre dei Giambastiani era di San Gennaro ma la madre dei quattro fratelli proveniva da Bagni di Lucca e apparteneva alla famiglia Marchi che «in loco» aveva tenuto legami stretti con gli ambienti rivoluzionari.

Il conte Teleki, che farà di Bagni di Lucca patria di adozione, ebbe frequentazioni e coinvolgimenti nelle vicende del 1848-1849 a cui portò grande contributo, politico e militare, manifestando un forte sentimento per l’indipendenza magiara, sensibilità per le classi povere e per l’abolizione della servitù della gleba e dei vincoli che ancora legavano le popolazioni rurali al latifondo.

Giuseppe Mazzini nel 1840 era a Londra. Sempre nel 1840 era deceduto quel diplomatico Whig Inglese che a lungo alla Corte di Carlo Ludovico di Borbone-Parma era stato il diplomatico accreditato alla sua Corte da Sua Maestà Britannica, ossia Lord Henry Holland. In Holland House a Londra avevano trovato posto tutti i principali patrioti internazionali del tempo; tra questi anche il patriota bonapartista mazziniano Giuseppe Binda, che a Segromigno in Monte, non lontano da San Gennaro e dal palazzo di Cesare Boccella, teneva casa, perché figliastro qui ubicato di quei Lucchesini che alla Corte Prussiana avevano sempre vissuto.

Giuseppe Binda era stato il bibliotecario ufficiale in Holland House e fece delle vicende nazionali italiane, come ho potuto pubblicare, ragione di vita, al punto da aiutare nel 1848 il Generale Avezzana a sbarcare a Civitavecchia passando per Livorno, da un fregantino inglese a una nave americana grazie al silenzio assenso dello stesso Giuseppe Binda sulla vicenda, quale Console Americano nel porto labronico. Il Generale Avezzana a Livorno cambiò imbarcazione (proveniva da Genova) e indisturbato raggiunse Roma divenendo qui il Ministro della Guerra della seconda Repubblica Romana.[12]

Poteva nel 1841 il nostro marchese Boccella, affiliato alla Pragmatologia Cattolica, starsene indisturbato a Londra a osservare i Movimenti politici Tories e Whigs senza preoccuparsi di quanto davvero a Roma stava accadendo in quel periodo? Ossia senza preoccuparsi di quel possibile riavvicinamento tra Cattolicesimo e mondo protestante che si profilava all’orizzonte e che tanto avrebbe agevolato quel cambiamento politico che il suo Duca Carlo Ludovico auspicava?

Con tutte le conseguenti vicende che ne sarebbero scaturite? Chiaramente la mia è solo una domanda retorica. E infatti la contro prova dei fatti ce la offre proprio il conte Teleki.

Nel 1858 quest’ultimo incontrò a Nizza Giuseppe Garibaldi, stando a quanto afferma la storiografia. Da quel momento in poi ebbe modo di partecipare e distinguersi in quasi tutte le principali campagne garibaldine. Con i Cacciatori delle Alpi nel 1859, nel 1860 nell’Impresa nel Meridione, combattendo fino a Napoli, dove Garibaldi nominò prodittatore l’avvocato Antonio Mordini, di Barga (Lucca), altro personaggio centrale nelle vicende della Media valle del Serchio, in seguito Senatore del Regno d’Italia.

Già, colui che nel 1843 perorava, come rintracciato, la causa mazziniana con il sostegno a Firenze dei banchieri Fenzi, colui che sosteneva il Duca Borbonico Carlo Ludovico come nella lettera rintracciata afferma, ma anche l’allora Principe di Carignano, entrambi (Duca e Principe) segretamente coinvolti nelle vicende rivoluzionare in Cefalonia con l’allora Governatore di Cefalonia, il Barone d’Everton, l’Inglese nobilitato da Carlo Ludovico di Borbone-Parma nel 1830 in Lucca e che divenne nel 1870 Sir per conto di Sua Maestà Britannica. Questo sta scritto nella lettera e questo ho potuto rinvenire grazie alla mia tesi e alle ricerche che ne sono scaturite.

La scelta del conte Teleki di stabilirsi dopo il 1860 a Bagni di Lucca, in modo permanente, nasce proprio da tali frequentazioni e da tali premesse. E allora arte, musica e politica, mi si consenta, la «suonano» agli storici professionisti, che ancora continuano a ignorare questa documentazione nutrita, che scardina completamente quanto sin qui descritto dalla storiografia ufficiale.

Il personaggio della mia tesi, Padre Gioacchino Prosperi, e le sue vicende, si legano perfettamente a queste situazioni e sconfessano apertamente l’ufficialità dei fatti. Ignorato «dal tempo giustiziere e come tale talvolta spietato», come ebbe a scrivere il suo biografo Luigi Venturini nel 1826.[13]

Il conte Cesare Boccella non si formalizzò sicuramente molto sui rapporti intimi, se mai ce ne furono, tra sua moglie Virginia e il Duca Borbonico. Il Duca era uno scavezzacollo in fatto di donne, era un Duca e ciò poteva «giustificare», secondo i parametri del tempo, qualche libertà in più. Ma soprattutto per questi personaggi l’amore romantico era più un cliché che non un dato oggettivo. Credevano nella letteratura, nell’arte, nel mondo delle idee per dirla con Platone. Credevano nel loro ruolo dettato spesso dall’appartenenza per nascita. I loro salotti e i loro intrighi altro non erano che un modo per tutelare affari, interessi privati ma anche appartenenza sociale.

Dietro alla facciata buonista verso le classi meno abbienti si nascondeva certamente un senso di appartenenza per nascita che mai si poteva scollegare con tale appartenenza medesima. Anche quando dissimulavano il contrario. E quindi non stupiamoci troppo se anche la storiografia ha dissimulato a lungo. Prevedibile. I fatti internazionali di oggi poco hanno a che vedere con questi Movimenti. O solo parzialmente. Certo, coloro che ancora devono tutelare certe convenienze politiche ed economiche magari non hanno piacere a chiarire determinate situazioni politiche del passato. Ma credo che l’incuria, la perseveranza nel voler accondiscendere sul piano storiografico chi viene comunemente definito un luminare, e questioni economiche spicciole molto abbiano a che spartire con certe prese di posizione storiografiche che alla luce dei documenti si sconfessano da sole.


Note

1 Franz Liszt, Angiolini dal biondo cric, musicata su lirica del marchese Cesare Boccella.

2 Paolo Mencacci, Templari a Lucca, Lucca, Maria Pacini Fazzi 2009.

3 Pragmatologia Cattolica, IX, 1841.

4 I miei studi pubblicati in rete sul Duca Borbonico e le sue vicende politiche portano in ben altra direzione. Vedi www.storico.org, A viva Voce, il sito di Canino, nell’Alto Lazio e le vicende di Luciano Bonaparte, Il Sud on line, Circolo Culturale Agorà di Reggio Calabria, Giulio Quirico, Michele Parma, Editore Ladolfi, Novara 2020, in appendice.

5 Testata che si pubblicava a Modena e che aveva carattere intransigente.

6 Lettera che ho pubblicato, che appartiene all’Ingegner Enrico Marchi di Lucca.

7 Pisa, A.A 2009-2010, Tesi di Laurea dal titolo Padre Gioacchino Prosperi. Dalle Amicizie Cristiane ai Valori Rosminiani, autore Elena Pierotti.

8 Traduzione nel 1841 del marchese Cesare Boccella dei quattro Poemi maggiori di Alessandro Pousckline.

9 Archivio di Stato di Lucca, Legato Cerù, rif. 18.

10 Fabio Bertini, Pubblicazione per il bicentenario della nascita di Domenico Guerrazzi, anno 2004.

11 Silvio Fioravanti, La corrispondenza criptata tra Jacopo Pierotti e Nicola Fabrizi, in «La Garfagnana: Storia, cultura e Arte II», Atti del Convegno Castelnuovo di Garfagnana settembre 2013, Modena 2014, pagine 147-166.

12 www.storico.org, vedi pubblicazione su Giuseppe Binda.

13 Luigi Venturini, Di Padre Gioacchino Prosperi e delle sue vicende missionarie córse, Milano, Edizioni Tyrrenia 1926.

(giugno 2023)

Tag: Elena Pierotti, Cesare Boccella, Carlo Ludovico di Borbone-Parma, Franz Listz, Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Antonio Mordini, Paolo Fabrizi.