Michail Bakunin, l'anarchico poco libertario
Abolizione di ogni istituzione per la creazione di una società idilliaca ma anche nichilista

«La rivolta popolare è per natura istintiva, caotica e spietata… non può esserci Rivoluzione senza una distruzione vasta e appassionata, una distruzione salutare e feconda dato che appunto da questa e solo per mezzo di questa si creano e nascono nuovi mondi».

La storia del movimento anarchico appare decisamente complessa. Il movimento aveva come principale obiettivo la distruzione della Chiesa e dello Stato, più per amore del disordine e dello scardinamento di ogni regola di convivenza civile, sconfinante nel nichilismo, che per amore in senso stretto della libertà che richiede anche un senso di rispetto verso il diritto. Gli anarchici, estremamente divisi e litigiosi fra loro, hanno sempre oscillato tra fratellanza universale e violenza senza limiti senza mai trovare un reale equilibrio. Si consideravano nemici giurati della religione, ma come utopisti riprendevano temi tipici del radicalismo religioso. Fra essi sicuramente l’idea di vivere in un mondo vile e corrotto che andava non riformato ma distrutto, anche con il ricorso alla violenza di massa, per la creazione di un nuovo mondo felice formato da individui privi di qualsiasi forma di egoismo. Gli anarchici di fine Ottocento si caratterizzarono per i numerosi attentati alle grandi personalità del mondo politico ma anche per atti terroristici privi di senso che costituivano semplice sfogo di pulsioni irrazionali e forse anche necrofile. Gli anarchici sono stati nemici di ogni autorità ma anche collaboratori nel corso del Novecento di grandi dittatori comunisti che raggiunto il loro scopo provvedevano successivamente alla loro eliminazione. Ovviamente come i più potenti comunisti, ponevano alla base delle loro teorie l’idea che i capitalisti fossero dei rapaci sfruttatori e i governi borghesi istituzioni tese solo al mantenimento di interessi di ristrette categorie. Nonostante la vasta letteratura sull’argomento, gli storici non sembrano assolutamente condividere tale tesi, e al contrario hanno verificato che i progressi economici e politici realizzati dalle classi popolari in quegli anni furono assolutamente ragguardevoli.

La figura di maggiore rilievo nel mondo anarchico ottocentesco è stato il Russo Michail Bakunin. Come molti esponenti dell’estrema Sinistra il pensiero di Bakunin è contradditorio, oscillando fra avversione ad ogni forma di potere materiale e morale e un certo autoritarismo all’interno dei gruppi politici creati, in qualche modo simili alle sette. Il suo alternarsi poi fra l’attività intellettuale e quella pratica insurrezionale ne ha fatto per gli idealisti della Rivoluzione un mito, anche se alcuni aspetti della sua vita rimangono poco chiari. Nel corso della sua vita per la partecipazione a sommosse ha subito alcune condanne estremamente pesanti, da una delle quali si liberò attraverso una lettera di abiura rivolta allo Zar, mentre pare abbia tradito la fiducia del leader anarchico italiano Cafiero impossessandosi dei suoi beni che sarebbero dovuti servire alla causa politica e venne criticato per ragioni simili dall’Internazionale.

Come tutti gli anarchici riteneva non un particolare tipo di Stato, ma lo Stato in sé una istituzione da eliminare in quanto costituiva comunque una forma di violenza di un gruppo ristretto sulla massa. Nel 1871 sul «Programma dell’Alleanza» scrisse: «Lo Stato è autoritario, artificiale, violento, estraneo e ostile al naturale sviluppo degli istinti popolari». In uno scontro con i capi dell’Internazionale disse: «Nessuno Stato, per quanto democratiche siano le sue forme, foss’anche la Repubblica politica più rossa, popolare solo nel suo falso significato noto con il nome di rappresentanza del popolo, sarà mai in grado di dare al popolo quello che vuole, e cioè la libera organizzazione dei suoi interessi dal basso in alto, senza nessuna ingerenza, tutela o violenza dall’alto, perché ogni Stato, anche lo Stato pseudo-popolare ideato dal signor Marx, non rappresenta in sostanza nient’altro che il governo della massa dall’alto in basso da parte della minoranza intellettuale, vale a dire quella più privilegiata, la quale pretende di sentire gli interessi ideali del popolo più del popolo stesso». Il concetto venne ribadito in numerosi scritti, il problema non era quello di allargare i diritti politici, e il suffragio universale non rappresentava nulla di positivo. Il suffragio universale nascondeva «il dispotismo di una minoranza che detiene il governo, menzogne tanto più pericolose in quanto questa minoranza si presenta come espressione della cosiddetta volontà popolare». Il contrasto con Karl Marx fu sempre durissimo e lo portò nel 1872 alla sua cacciata dall’Internazionale, uno degli eventi più importanti nella storia dell’organizzazione insieme alla cacciata dei mazziniani e dei proudhoniani. Numerosi sono gli opuscoli di Bakunin contro il massimo esponente del comunismo, definito in varie occasioni «autoritario e centralista».

La visione della società di Bakunin si ispira da una parte alle teorie di libera associazione di gruppi economici di Proudhon, ma dall’altra nasconde una idea di prevaricazione sui gruppi sociali e politici ritenuti antagonisti. In Stato e Anarchia, la sua maggiore opera, ha scritto che occorreva «la libera unione delle associazioni dei lavoratori della terra e delle fabbriche, dei comuni, delle province, delle Nazioni; e infine in un domani non lontano, la fraternità di tutta l’umanità trionfante sulla rovina di tutti gli Stati»; ma nella stessa opera parlava anche della necessità del «lavoro collettivo, obbligatorio e uguale per tutti» e come Marx riteneva che la distinzione fra lavoro intellettuale e materiale dovesse essere abolita. Il potere proveniente dal basso verso l’alto sostenuto con insistenza dal pensatore anarchico trovava in una sua precedente opera numerosi e inquietanti limiti. «La società non può comunque lasciare se stessa completamente indifesa verso individui viziosi e parassitari. Il lavoro deve essere la base di tutti i diritti politici. Gli organismi della società, ciascuno entro la propria giurisdizione, possono privare dei diritti politici tali individui antisociali… Solo le persone oneste dovrebbero godere dei diritti politici. Tali diritti apparterranno solo ai lavoratori». Nello stesso testo (1866) i limiti al potere della base sul vertice sono ancora più pesanti: «La Comune deve anche accettare i giudizi del tribunale provinciale e qualsiasi misura ordinata dal governo della provincia». Venivano previsti i tribunali rivoluzionari, e «una volta che i nemici della Rivoluzione sono privati delle loro risorse non sarà più a lungo necessario invocare misure sanguinarie contro di loro». Anche lo spirito libertario e il pacifismo, tradizionale assunto degli anarchici, appariva controverso: «Tutti i membri della Federazione rivoluzionaria devono attivamente prendere parte alle guerre approvate contro uno Stato non federato… coordinati da una organizzazione segreta che unirà non alcuni ma tutti i Paesi in un unico piano d’azione… Al fine di preparare questa Rivoluzione sarà necessario cospirare e organizzare potenti associazioni segrete coordinate da un nucleo internazionale».

Come per molti altri esponenti dell’estrema Sinistra il problema centrale della società non era quello di una maggiore giustizia sociale e di provvedimenti a favore dei lavoratori e delle classi popolari in genere, ma l’estirpazione di quello che veniva considerato un cancro, la presenza di gruppi intellettualmente ed economicamente superiori. Qualcosa di vicino a una forma di razzismo sociale. Sempre nei suoi scritti del 1866 Bakunin afferma: «Per le classi privilegiate una vita di ozio e di lusso conduce gradualmente alla degenerazione morale e intellettuale» e in La Comune di Parigi e l’idea di Stato di alcuni anni successiva: «I socialisti rivoluzionari sostengono che c’è una maggiore quantità di saggezza nelle istintive aspirazioni e reali necessità delle masse che nella profonda intelligenza dei dottori e guide dell’umanità». «L’uomo privilegiato politicamente o economicamente è un uomo intellettualmente e moralmente corrotto. È questa una legge sociale che non ammette eccezioni». Come Marx e Proudhon condivideva l’idea che gli Ebrei in quanto gruppo sociale evoluto e distaccato dal resto della popolazione fossero degli esseri umani perversi ed egoisti: «Questo mondo ebraico, consistente in un’unica setta sfruttatrice, una razza di persone succhia sangue, un genere di parassita collettivo distruttore organico, che va non solo oltre le frontiere degli Stati, ma anche dell’opinione politica, questo mondo è ora, perlomeno in buona parte, al servizio di Marx da una parte, e dei Rotschild dall’altra».

Bakunin visse principalmente in Francia, Italia e Svizzera, fu testimone di alcuni eventi importanti nella Sinistra di quel periodo: il ’48 parigino con gli assalti alla Camera dei Deputati da parte dei club rivoluzionari e la sua tassazione iniqua nei confronti di benestanti e di agricoltori in genere, la formazione dell’Internazionale con le sue dure lotte intestine che portarono alla eliminazione dei libertari, e la Comune di Parigi che aveva imposto un governo dispotico e violento sulla grande città, privo di un ampio consenso. I due mesi e mezzo di «potere popolare» nella capitale francese avevano colpito l’opinione pubblica europea, ma non rappresentarono una forma di governo evoluta come mise in luce Mazzini. Numerosi furono i provvedimenti arbitrari e demagogici (restrizioni nei confronti di impresari teatrali, vinai, panettieri, prostitute, ubriachi e giocatori, imposizione rigida del calmiere, aumenti salariali, sospensione pagamento affitti), vennero requisite chiese e officine da parte dei lavoratori, adottati con decreto gli arresti di cittadini sospetti e la cattura di ostaggi, infine negli ultimi giorni la distruzione dei principali palazzi cittadini. Gli eventi francesi non furono assolutamente ben visti dalla popolazione e nelle elezioni immediatamente successive ad essi, si ebbero significative svolte a Destra, la gente comprendeva che violenza e capipopolo non avrebbero portato a miglioramenti reali nella vita dei cittadini.

Bakunin fu in qualche modo interprete di questi avvenimenti, auspicando la nascita di un mondo utopico attraverso il ricorso aperto alla violenza. Nel 1842 scrisse: «Confidiamo nell’eterno spirito che distrugge e annichila solo perché è la fonte imperscrutabile ed eternamente creatrice di tutta la vita. L’impulso alla distruzione è anche un impulso creativo», concetto ripreso in Stato e Anarchia: «Passione per la distruzione, è vero, è lontano da essere sufficiente per raggiungere le altezze della causa rivoluzionaria; ma senza di essa la Rivoluzione sarebbe impossibile. La Rivoluzione richiede estesa e diffusa distruzione, una feconda e rinnovativa distruzione, poiché in questo modo e solo in questo modo sono nati nuovi mondi… Questo problema non può essere risolto senza una sanguinaria, terrificante lotta».

Per un certo periodo Bakunin lavorò nelle sue associazioni con un altro importante leader anarchico russo, Sergej Necaev, fondatore dell’organizzazione Giustizia Popolare, con il quale scrisse diversi opuscoli particolarmente sconcertanti, il più famoso dei quali è Il Catechismo del Rivoluzionario (1868). In esso si legge: «Il rivoluzionario è un uomo perduto in partenza. Non ha interessi propri, affari privati, sentimenti, legami personali, proprietà, non ha neppure un nome. Un unico interesse lo assorbe e ne esclude ogni altro, un unico pensiero, un’unica passione – la Rivoluzione… Conosce un’unica scienza, la scienza della distruzione… Egli disprezza l’opinione pubblica. Disprezza e detesta la morale vigente nella società in ogni suo motivo e manifestazione. Per lui è morale tutto ciò che contribuisce al trionfo della Rivoluzione; immorale e criminale tutto ciò che l’ostacola. Il rivoluzionario è un uomo perduto, spietato verso lo Stato e verso la società istruita in genere… Giorno e notte, deve avere un unico pensiero, un unico scopo: la distruzione spietata». Il testo elencava poi con minuziosa attenzione le categorie sociali indegne di vivere per le quali era prevista la soppressione immediata o graduale nel tempo. Il sodalizio fra i due non fu lungo e terminò per questioni personali, ma la figura di Necaev ebbe un certo peso, ispirando il personaggio del terrorista nell’opera I Demoni di Dostoevskij.

(giugno 2013)

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