Il comunismo, il grande mito
Lo storico inglese Robert Service affronta la questione dei regimi totalitari violenti e radicali che nel corso del Novecento venivano visti come l’avvento di un nuovo mondo

Il comunismo, grande protagonista dei dibattiti politico-culturali degli anni Settanta, è divenuto nel periodo successivo una presenza particolarmente ingombrante. Grandi intellettuali che, armati delle loro suggestive visioni del mondo, avevano fatto dell’ideologia marxista-leninista un caposaldo, hanno successivamente trattato l’argomento con imbarazzo, qualcosa da accantonare e considerare praticamente come mai esistita.

Viene da chiedersi come è stato possibile che una ideologia che ha prodotto regimi tirannici, crimini contro l’umanità di portata non inferiore a quelli commessi dai nazisti, abbia così acceso la fantasia e l’emotività di tanta gente, dai proletari agli uomini di cultura. Milioni di esseri umani hanno manifestato, militato, si sono sottoposti ad una rigida disciplina di partito, convinti che il comunismo avrebbe dato vita ad un nuovo mondo, quello dell’emancipazione del lavoro, quando i regimi comunisti in maniera sistematica avevano ridotto anche quelle categorie che dichiaravano di voler proteggere, al rango di servi della gleba, privi di diritti, con un tenore di vita bassissimo, sottoposti ad una legislazione del lavoro notevolmente più dura del peggiore Stato capitalista. Qualcosa che stava fra il mito e l’autolesionismo.

Il libro di Robert Service Compagni – La storia del comunismo nel XX secolo ci aiuta a capire la complessa psicologia dell’estrema Sinistra, la loro rigidità ideologica, il loro mondo fatto di finzioni. Il loro desiderio di non vedere. Secondo lo storico inglese, autore di diversi libri sul comunismo e l’Europa Orientale, i padri fondatori del comunismo ritenevano «che il comunismo fosse già esistito in un’epoca remota, prima che nella società si affermassero le divisioni di classe, e che le prime generazioni umane non avessero conosciuto né gerarchie, né alienazione, né sfruttamento e oppressione; nelle loro previsioni era possibile, e anzi inevitabile, che una simile perfezione si sarebbe riprodotta una volta abbattuto il sistema capitalistico». Se il comunismo fa pensare ad una bucolica società di eguali che vivono in armonia fra loro e con la natura, Service ricorda comunque che l’idea di libertà e diritti umani era completamente estranea al pensiero marxista, e che anzi «la forza fosse la levatrice del progresso storico, e non si ritrassero di fronte alla prospettiva della dittatura, del terrore e della guerra civile». L’uguaglianza era sinonimo di privazione della personalità, l’armonia, termine che ritorna in molti scritti di autori comunisti pre-marxisti, significava che gli uomini accettavano un modello di vita imposto totalmente dall’alto. L’Autorità agiva per il loro bene, anche se la volontà degli individui non veniva tenuta in alcun conto.

Service esplora le tappe del pensiero utopico comunista, dai movimenti religiosi radicali del Quattro-Cinquecento come gli anabattisti e i taboriti di Boemia, al filosofo Tommaso Campanella, autore della Città del Sole. Negli anni della Rivoluzione Francese il comunismo accentua il suo carattere di riscatto sociale senza comunque perdere la sua fisionomia originaria, conosce un periodo di successo grazie all’emergere delle classi popolari, ma alla lunga il suo carattere dogmatico e visionario riemerge, e ritorna ad essere il movimento dei frustrati che sognano la distruzione di coloro che emergono nella società, e la la fine dei loro problemi attraverso un movimento che operi dall’alto.

Il comunismo è stato spesso visto come il movimento di riscatto dei lavoratori che vivevano una situazione di grave indigenza, ma viene da chiedersi che cosa c’entrava la dittatura del proletariato, la criminalizzazione e lo sterminio degli appartenenti alle classi sociali non proletarie, il soffocamento della cultura, con il miglioramento delle condizioni di vita della gente? Per comprendere il comunismo, occorre comprendere la sua storia legata ai movimenti utopistici e millenaristi dei secoli precedenti. Il regno della felicità sulla Terra si sarebbe creato solo distruggendo quelle categorie sociali considerate nemiche perché troppo libere e indipendenti, mentre il proletariato risultava facilmente addomesticabile, anche se alla fine la parte più evoluta del proletariato desiderava non la rivoluzione mondiale, ma semplicemente assimilarsi nello Stato, e vivere come cittadini integrati nella società.

Il comunismo è stato insieme un movimento rivoluzionario che intendeva stravolgere la società dalle sue fondamenta, e un movimento che intendeva abolire tutto ciò che fosse modernità; democrazia, diritti, libero mercato, venivano visti come i nuovi peccati che avevano abbrutito l’essere umano. Il marxismo, «sole dell’avvenire» dell’umanità, assomigliava molto alle teocrazie orientali, uno Stato piramidale dove nulla era lasciato al caso, dove uomini considerati al di sopra dei comuni mortali avrebbero gestito il bene collettivo, e dove la massa degli individui accettava di annullarsi in uno Stato che provvedeva (almeno nominalmente) a tutti i loro bisogni.

(ottobre 2014)

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