Agrippa d’Aubignè
L’autore di Les Tragiques al centro di intrighi internazionali tra passato e presente

Le vicende ugonotte francesi tra Cinquecento e Seicento hanno animato a lungo questioni europee spesso irrisolte. E appassionato eruditi, uomini di Stato e studiosi nel corso dei secoli. Eppure alcune vicende sono state totalmente ignorate o quantomeno descritte in modo ben diverso da quello che sto per raccontare.

Agrippa d’Aubignè era un nobile francese che divenne molto intimo del Re Enrico di Navarra, poi Enrico IV di Francia quando questi sostenne la statualità francese più marcatamente rispetto al passato, cercando di agevolare l’autonomia dello Stato Francese da Roma. In Francia erano note le forti tendenze centripete che volevano un rafforzamento statuale proprio a discapito dei legami con la Roma Papalina. Sì, lui, il Sovrano che abiurò la sua fede ugonotta per rientrare nel Cattolicesimo, e che pronunciò la celebre frase: «Parigi val bene una Messa».

Il nostro Agrippa d’Aubignè, nobile d’antico retaggio, era di fede ugonotta e tuttavia come il suo celebre Sovrano frequentò ambienti cattolici. In particolare divenne amante di Diana Salviati, appartenente a una casata italiana trapiantata a Parigi; importante, cattolica, imparentata con i Medici Fiorentini, di cui oltre al ramo parigino troviamo quello veneziano e quello fiorentino. Agrippa d’Aubignè dovette poi rinunciare alla sua amata per ragioni politiche. Egli dal matrimonio con una nobildonna francese ebbe pure un figlio che sarà a sua volta padre della futura contessa di Maintenon, moglie morganatica di Luigi XIV.

Agrippa d’Aubignè fu un grande intellettuale francese. Nella sua celebre opera Les Tragiques descrisse le pessime condizioni degli ugonotti francesi sotto il regno di Caterina de’ Medici. Uno spaccato di vita del tempo, una esortazione a farsi liberi da condizionamenti politici, ideologici e soprattutto religiosi. D’Aubignè, nonostante l’amicizia con Re Enrico, fu poi costretto a fuggire a Ginevra. E qui in terze nozze sposò Reneé Burlamacchi, una nobildonna di origini lucchesi. I Burlamacchi infatti fuggirono numerosi dalla città di Lucca nel Cinquecento, all’epoca della Riforma Protestante che investì in pieno la città toscana indipendente, dove molti appartenenti a famiglie nobili cittadine si erano convertiti al calvinismo e per tale motivo furono costretti in massa a lasciare la città. Senza tuttavia mai staccarsi davvero dalle loro radici primordiali.

Nel Medioevo i d’Aubignè furono dei cavalieri crociati. Se andiamo in rete troviamo genealogie di cavalierati nelle Fiandre Francesi, con apparentamenti con i Douet e con i Jodom. In particolare pare che questi ultimi siano appartenuti a un incastellamento che intorno all’anno Mille nel Nord della Francia venne dato alle fiamme, causando una diaspora di tutti i castellani di ogni grado ed estrazione sociale in tutto il territorio francese.

Sul castello dato alle fiamme per la verità ho trovato solo un riferimento estemporaneo che poi a una più attenta analisi in rete non sono più riuscita a rinvenire. A ogni modo il cognome Jodom è piuttosto diffuso in Francia.

D’Aubignè e Jodom, dunque, sono due realtà genealogiche accomunate, questa una certezza.

I Salviati erano presenti anche nella mia città, Lucca. Una villa in una località non distante dalle mura cittadine, Vorno, ne suggella la presenza in quella che fu Villa Salviati e che poi appartenne al noto ingegnere e scienziato Felice Matteucci, uno degli inventori del motore a scoppio. Questa splendida dimora troneggia ancora sulle belle colline che circondano la città.

In epoca napoleonica, e precisamente ai tempi della Prima Campagna d’Italia, quando Napoleone scelse Lucca come dimora per la sua amata moglie Giuseppina che, raggiuntolo al fronte, venne inviata dal consorte proprio nella città toscana, ritenuta luogo più consono e protetto per una donna, tre fratelli francesi che di cognome facevano Jodom, appartenenti all’esercito napoleonico, nelle retrovie perché pare fossero maestri ferrai, disertarono e presero un cognome fittizio, come accadeva in questi casi. Di questo sono certa perché ho uno stato di famiglia materno che data 1862 quando, ancora, i miei nonni erano registrati col doppio cognome, quello francese, Jodom appunto, e quello italiano.

Abbastanza suggestivo che Napoleone avesse all’interno del proprio esercito, seppur nelle retrovie, persone con questo cognome. Dico suggestivo perché Napoleone fu colui che salvò a Parigi Saint Jacques du Haut Pas, la splendida chiesa appartenuta fino al Cinquecento ai controversi Cavalieri del Tau Altopascesi, che hanno avuto una bella magione in città a Lucca, nel Vicolo dell’Altopascio. Saint Jacques du Haut Pas contiene, per inciso, le spoglie mortali di uno dei più importanti seguaci di Giansenio.

Quel Napoleone la cui famiglia aveva contatti stretti nel 1780, quindi in epoca non sospetta circa il potere napoleonico, con i Chierici Regolari Lucchesi grazie a quel Padre Ghelsucci dei Chierici Regolari in combutta proprio con Pasquale Paoli quando Carlo Buonaparte, padre di Napoleone, ne era il suo segretario personale. Una lettera rinvenuta ne suggella i reali rapporti politici. E Bonaparte salvò l’Ordine dei Chierici di fatto fino al 1810! Senza mai reclamarlo!

Napoleone e la sua famiglia frequentarono la città toscana ben prima dell’epopea napoleonica, questo è dunque indiscutibile! Come è indiscutibile che i Buonaparte nel Cinquecento si siano imparentati con quei Calandrini Lucchesi che insieme ai Burlamacchi fuggirono a Ginevra in seguito alle vicende della Riforma. E qui Agrippa d’Aubignè ritorna dunque, prepotentemente.

Udite udite, la villa che fu dei Salviati a Vorno, e che ho menzionato, poi appartenuta al Matteucci, vide al suo interno la frequentazione di un caro amico del Matteucci, l’avvocato Carlo Massei, contemporaneo del Matteucci, che di madre faceva Burlamacchi.

E che non distante da Villa Salviati a Vorno, ossia in località Massa Macinaia, aveva una altrettanto celebre villa dove soggiornava spesso. Appunto Villa Massei.

La domanda sorge legittima: riformati o cattolici?

Questi Burlamacchi, Massei, a questo punto gli stessi Bonaparte, e perché no, persino i Salviati, che tanto amore ebbero per Lucca, vista la residenza!

E di cui il ramo veneziano non fu minoritario, anzi! Venezia come Lucca aveva radici riformate! Era la città dell’interdetto!

Così un celebre pittore e scultore di Castelnuovo Garfagnana, Francesco de’ Rossi detto il Salviati appunto, che così fu chiamato perché andò a Venezia a servizio dei Salviati medesimi, questo nel Cinquecento, ci riconducono a rimandi localistici in quel di Lucca e dintorni. Ma davvero possiamo pensare come la storiografia ha tramandato che l’Italia fosse il mondo del nulla perché qui regnava il Papato, e la Francia il mondo «del vizio», della perdizione?

Dobbiamo sorridere?

Vorrei perciò azzardare alcune ipotesi. Quelli che ho scritto fin qui sono fatti acclarati ma anche azzardare ipotesi è lecito e necessario, visti i documenti. Il mio Agrippa d’Aubignè, reminiscenza storica universitaria, diventa molto più vicino e comprensibile anche nella nostra epoca.

I cavalieri crociati non sono mai finiti. Terminate le crociate, quelle ufficiali, sono rimaste le crociate ufficiose, quelle che venivano gestite «in sordina» da casate medievali molto coinvolte nelle vicende ascritte. Non solo in epoca medievale. La questione poetico-politico-religiosa dei rapporti tra Stato e Impero prima e tra potere religioso e potere statuale poi dei neo formati Stati Europei è andata avanti sino ai nostri giorni. E allora Les Tragiques di d’Aubignè forse non rappresenta solo la sua epoca, ossia il Cinquecento.

Le stesse famiglie che ebbero i cavalierati (Giuseppe Pierotti di Castelnuovo Garfagnana scrive all’amico Gino Capponi, la cui famiglia resse a lungo il Tau, «Capponi mio, il cavaliere è tuo, non è mio» nel 1856) di ogni colore continuarono a fare, viste le circostanze, come ebbe a scrivere lo storico Mencacci in Templari a Lucca, quello che avevano sempre fatto. Ossia gli intermediari, gli uomini d’arme ma soprattutto gli ambasciatori nelle varie Corti Europee. Lucca a esempio fu fino al 1847 città-stato, con i suoi plenipotenziari sparsi in ogni Corte Europea. I rimandi e le frequentazioni andavano oltre gli stessi rapporti di forza che le svariate situazioni politiche suggerivano. Il Papato era sì una forza preponderante, ma non sempre in grado di reclamare quanto si aspettava o comunque avrebbe voluto percepire. Solo così si possono spiegare alcuni passaggi, alcune situazioni che sin qui purtroppo non hanno trovato ufficialmente alcuna seria risposta.

(febbraio 2024)

Tag: Elena Pierotti, Agrippa d’Aubignè, Les Tragiques, Cinquecento, Enrico IV, Francia, Diana Salviati, Medici, contessa di Maintenon, Luigi XIV, Reneé Burlamacchi, Lucca nel Cinquecento, Riforma Protestante, cavalieri crociati, Jodom, Napoleone, Parigi, Saint Jacques du Haut Pas, Cavalieri del Tau, Chierici Regolari Lucchesi, Francesco de’ Rossi.