Alexander Selkirk
Esempio di sopravvivenza

Alexander Selkirk era un Irlandese nato nel 1676 a Lower Largo, località della regione Fife in Scozia. Era figlio di John Selcraig, di professione calzolaio e conciatore di pelli, e di Euphan. Da ragazzo era scontroso, litigioso, rompiscatole – se si vuole – e non andava d’accordo con nessuno, insofferente a ogni regola del vivere civile. Tanto per esemplificare, nel 1693, ebbe una lavata di capo dalla Kirk Session (Consiglio Ecclesiastico) per aver avuto un brutto comportamento in chiesa, tanto da spingerlo alla vita da marinaio, sperando in un ravvedimento, ma il risultato fu negativo, tanto che ritornò a terra per continuare a dare fastidio al prossimo. E, a conferma di quanto dichiarato, un giorno del 1701 malmenò i suoi fratelli. Insomma, l’impressione era che fosse un tipo irrecuperabile.

I concittadini tirarono finalmente un respiro di sollievo quando, nel 1703, Selkirk, amante della vita avventurosa, si imbarcò facendo parte dell’equipaggio di due navi corsare, munite delle «lettere di corsa», fornite dal Lord Grand’Ammiraglio, cioè dell’autorizzazione ad attaccare, depredare e sequestrare le navi nemiche della Gran Bretagna durante la guerra di successione della Spagna, che, disgraziatamente per loro, si fossero trovate sulla loro rotta.

La flotta era costituita da due galeoni ben armati, di cui il primo, il St. George, era comandato dal corsaro-esploratore William Dampier, mentre l’altro, il Cinque Ports, aveva come comandante il capitano Thomas Stradling. Selkirk era imbarcato sul secondo.

La spedizione iniziò l’11 settembre 1703, salpando dal porto di Kinsale in Irlanda con rotta verso il Sud Atlantico.

Non ci sono notizie a proposito della navigazione fino a quando, dopo aver faticosamente doppiato il tempestoso e infido Capo Horn all’estremità meridionale dell’America, agli inizi del 1704 le navi incontrarono quella che sembrava una preda, il vascello francese St. Joseph, ma che, ben armato e ben comandato, dopo lunghi combattimenti, riuscì ad allontanarsi indenne, portando la notizia agli alleati Spagnoli e mettendoli sul chi vive, del duo che stava navigando nell’Oceano Pacifico.

I corsari, poi, tentarono di trarre profitto dalla città di Santa Maria a Panama, ricca per i giacimenti di oro, ma anche qui l’impresa fu un fallimento, giacché la forza di sbarco cadde vittima di un agguato. Meno male che sulla loro rotta si trovò la nave da trasporto Asunciòn, piena di mercanzia, praticamente indifesa, che si arrese, rinfrancando un po’ il morale abbastanza depresso degli equipaggi, perché non stavano raccogliendo frutti dalla loro spedizione. Alexander fu incaricato di dividere il bottino, applicando quello che nell’organizzazione corsara era definito «diritto di preda» e di stabilire a chi toccasse il vascello. Dampier, che era il comandante in capo, s’impadronì di vino e vettovaglie e poi, inopinatamente, lasciò libero il galeone, giustificando la sua decisione con l’affermazione che il guadagno ottenuto sequestrandolo sarebbe stato irrisorio.

A maggio dello stesso anno, Stradling, abbastanza contrariato per dissapori sorti, decise di continuare da solo, lasciando Dampier, anche perché, in caso di razzia andata a buon fine, non avrebbe dovuto dividerla con lui.

Nell’ottobre del 1704, il Cinque Ports approdò nell’isola Mas a Tierra (o Aquas Buenas) dell’arcipelago Juan Fernandez, situato a quasi 700 chilometri dalla costa cilena, in pieno Oceano Pacifico, per fare scorta di cibo e acqua. Selkirk, che era divenuto un esperto di navi e aveva un certo prestigio sui suoi colleghi corsari, espresse al comandante Stradling i suoi timori sulle precarie condizioni del galeone e della probabilità che, durante la navigazione, imbarcasse acqua e affondasse, per cui chiedeva di ritardare la partenza al fine di effettuare la manutenzione necessaria insieme con le indispensabili riparazioni. Il comandante rispose picche: niente da fare, si parte e basta. Selkirk tentò un colpo di mano, cercando di coinvolgere l’equipaggio con il proposito di lasciare il Cinque Ports al suo destino e di attendere il passaggio di qualche altra nave che li riportasse nel mondo civile, sperando che questa fosse sicura; ma la sua proposta di restare in un’isola deserta, come se fossero naufraghi, non trovò consenso fra i compagni. Al che, testardo come un mulo, il nostro minacciò che se ne sarebbe rimasto sull’isola da solo. Non l’avesse mai fatto: meglio di così, per togliersi d’attorno quell’emerito rompitasche, non poteva capitare, tanto che, quando Selkirk cercò di fare marcia indietro, tentando di rimangiarsi quanto aveva detto, Stradling non tornò suoi suoi passi, restando irremovibile; e lo abbandonò solo sull’isola, lasciandogli un po’ di scorta di viveri, un moschetto, polvere da sparo, un coltello, qualche arnese da falegname, un piatto da pranzo, un materasso, qualche vestito, una Bibbia e... la sua benedizione.

Per la cronaca, non si può non riportare che le previsioni di Alexander erano state esatte: infatti, il galeone fece naufragio al largo dell’attuale Colombia e Stradling e i pochi marinai sopravvissuti furono raccolti da una nave spagnola, che li sbarcò a Lima nel Perù, dove furono imprigionati e torturati.

A Selkirk, per avere una probabilità di ritornare nel mondo civile, non restava altro da fare che organizzarsi, per cui si stabilì in una piccola grotta, nelle vicinanze della spiaggia, non osando andare all’interno da dove giungevano suoni che, secondo lui, provenivano dalle gole di animali feroci. Il suo cibo era basato sul consumo di crostacei e molluschi, che pescava con facilità nelle acque basse della sua spiaggia e che cuoceva, essendo riuscito ad accendere un fuoco; inoltre, aveva trovato il modo di rendere l’acqua potabile. Da alberi di pepe ottenne due capanne, dal cerchio di una botte trovata ricavò un coltello, che gli fu indispensabile per uccidere e pelare capre e pecore, particolarmente dopo aver esaurita la polvere da sparo. Fu la mancanza della polvere a rendere difficile la sua sopravvivenza, in quanto lo obbligava a corse disperate per raggiungere le prede, tanto che una volta inciampò e cadde rovinosamente in un anfratto, sul fondo del quale gravemente ferito rimase per un giorno intero. Un giorno questa spiaggia fu invasa da una colonia di elefanti marini nel periodo di riproduzione; sono i pinnipedi delle maggiori dimensioni esistenti sul pianeta Terra, bestioni i cui maschi possono raggiungere la lunghezza di 4,5 o 5 metri ed emettere rumorosi barriti (oggi si è appurato che i suoni raggiungono i 126 dB – deci Bell), per cui fu costretto ad allontanarsi di là. Nell’entroterra si trovò molto meglio, avendo a disposizione diverse varietà di cibo, dovute a visite fatte in precedenza da altri navigatori. Aveva a disposizione capre e pecore inselvatichite, che offrivano latte e carne, mentre il contorno poteva essere a base di cavoli, rape e pepe naturali, dando luogo a una dieta diversificata e saporita. Piuttosto, il disagio proveniva dall’abbondante presenza di ratti, che senza paura gli giravano attorno e lo mordicchiavano mentre dormiva. Il fastidio, comunque, venne meno quando riuscì con il cibo ad accattivarsi un po’ di fiducia di gatti selvatici, che tenevano lo spazio intorno a lui sgombro dai roditori. Forse ratti e gatti erano tutti discendenti di animali giunti insieme coi navigatori del passato.

Ciò che gli aveva lasciato Stradling fu utilissimo, perché gli fu possibile organizzarsi molto bene sull’isola. I vestiti avuti da Stradling, dopo essere stati rattoppati più volte con l’uso di un chiodo come ago, si resero inservibili, ma Selkirk, mettendo a frutto ciò che aveva visto fare dal padre quando lavorava le pelli, fu avvantaggiato al punto di prepararsene con le pelli degli ovini uccisi. Per quanto attiene alle scarpe, un volta rovinate non ebbero la necessità di essere sostituite, giacché i calli sotto le piante dei piedi erano diventati tanto grossi e duri da non sentirne più la necessità.

Le giornate erano lunghe, quando non andava a caccia o a pesca oppure quando era cattivo tempo, per cui si dedicava alla lettura della Bibbia e a cantare salmi e approfondire la sua conoscenza della lingua inglese; il tutto contribuiva a farlo guardare avanti, sempre nella speranza di vedere spuntare una vela sul mare. A proposito di navi, furono due quelle che gettarono le ancore nella baia davanti all’isola, ma le bandiere non lasciavano dubbi, erano spagnole e se i marinai lo avessero scorto, lo avrebbero catturato e processato come un corsaro nemico, per cui rimase nascosto fino a quando le navi salparono le ancore. Ci fu il rischio di essere preso, quando fu visto e inseguito da alcuni marinai e si nascose su un albero sotto il quale urinarono (scenetta trita e ritrita del cinema); ma gli andò bene: quelli se ne andarono con le pive nel sacco.

Alla fine, il 2 febbraio 1709, dopo quattro anni e quattro mesi, arrivò l’aiuto giusto. Giusto nel senso che erano giunte due navi corsare, la Duchess e la Duke. La seconda, guarda caso, era comandata proprio da William Dampier, da lui conosciuto nella spedizione precedente. Naturalmente, la gioia era tale da essere incontrollabile e Selkirk si dimostrò talmente grato da impegnare a fondo le sue giovani forze per fornire alle ciurme cibi e carni fresche, una vera cuccagna per i corpi emaciati dei corsari, già sotto l’effetto dello scorbuto, malattia causata dalla carenza di vitamina «C». Il comandante Woodes Rogers, con simpatia lo nominò spiritosamente «Governatore dell’isola».

Lo stesso Rogers si meravigliò non solo per la prestanza fisica di Selkirk, ma pure per la serenità e la tranquilità con la quale aveva superato la solitudine e l’essere solo al mondo per un periodo così lungo, sicuramente condizioni mal accette dalla maggior parte degli uomini.

Selkirk tornò a fare il mestiere del pirata, per vendicarsi, diceva lui.

Una spedizione effettuata lungo il fiume Guayas presso la città di Guayaquil nell’Ecuador di oggi, fruttò a lui e al suo equipaggio la buona quantità di oro e di gioielli che ricchi spagnoli in fuga tenevano nascosta nelle tasche e sotto i vestiti. I suoi atti di pirateria, al servizio di Woodes Rogers quale maestro di vela, continuarono e di questi il più strepitoso avvenne il 22 dicembre 1709 lungo le coste messicane e riguardò la cattura del famoso galeone di Manila Nuestra Señora de la Encarnación y Desengaño (per comodità, solamente Desengaño), che faceva rotta fra il Vicereame della Nuova Spagna e le Filippine Spagnole. Sempre con il Duke, completò la circumnavigazione del globo, doppiando il Capo di Buona Speranza, fino a che approdò a Downs al largo della costa inglese il 1° ottobre 1711, dopo otto anni di assenza da casa.

Ciò che interessa, è lo scalpore che l’avventura di Selkirk lasciò nell’opinione pubblica, essendo non certo normale che un individuo riesca a restare per più di quattro anni su un’isola deserta, riuscendo a sopravvivere sano e ben in carne, come è successo a lui. Questa avventura è stata raccontata da Rogers nel libro A cruising voyage round the world: first to the South-Sea, thence to the East-Indies, and homewards by the Cape of Good Hopeworld (Un viaggio in crociera intorno al mondo: prima verso il Mare del Sud, poi verso le Indie Orientali, e verso il Capo di Buona Speranza), dedicato a tale argomento e pubblicato nel 1712. Altra opera sulla vita del solitario isolano è stato l’articolo intitolato La storia di Alexander Selkirk, scritta dal saggista Richard Steele, dopo una lunga intervista fatta con lui, e pubblicata su «The Englishman». E pure il poeta inglese William Cowper si interessò della vicenda di Selkirk, pubblicando il romanzo Lines on Solitude (La Solitudine). Le vicissitudini di Selkirk furono menzionate nelle opere di Charles John Uffman Dichens e Patrick Canavagh.

Ma – come si dice – «il lupo perde il pelo, ma non il vizio»; il nostro ricominciò a mostrare il lato peggiore del suo carattere, raggiungendo il massimo quando, nel 1713, a Bristol aggredì un maestro d’ascia, rischiando due anni di carcere. Per evitare la probabile detenzione, tornò a Lower Largo, dove incontrò una giovane lattaia di nome Sophia Bruce e nel 1717, insieme, si trasferirono a Londra, non si sa se sposi o compagni.

Restava comunque sempre un essere inquieto, incapace di starsene fermo. Così, si arruolò nella Royal Navy. Mentre faceva un visita alla città di Plymouth, incontrò Frances Candis, vedova di un locandiere, e la sposò, dimentico di Sophia.

Intanto, aveva ripreso la sua vita in mare. Era a bordo della HMS Weymouth, nave impegnata contro la pirateria lungo le coste atlantiche dell’Africa, quando non riuscì a superare i sintomi della febbre gialla, che aveva stremato l’intero equipaggio durante l’operazione, e ne soccombette. Il corpo fu seppellito, come consuetudine, in mare. Era il 13 dicembre 1721.

Nel 1719, Daniel Defoe pubblicò il suo libro dal titolo The Life and Strange Surprising Adventures of Robinson Crusoe (La vita e le strane sorprendenti avventure di Robinson Crusoe). Secondo molti, Defoe si ispirò alla vita di Selkirk nel suo isolamento, secondo altri, invece, lo scrittore prese lo spunto da tante notizie esistenti in merito ad analoghi fatti di sopravvivenza. Del resto, il racconto è ambientato nei Caraibi nell’Oceano Atlantico, mentre Selkirk visse in pieno Oceano Pacifico, a non meno di 4.300 chilometri più a Sud.

Comunque sia, Selkirk con la sua più o meno desiderata permanenza da solo in un’isola deserta, ha dimostrato che con il buon senso (e la fortuna di non incappare in malattie) si possono superare difficoltà che, normalmente, sembrano insuperabili alla maggior quantità della gente.

(maggio 2022)

Tag: Mario Zaniboni, Alexander Selkirk, Lower Largo, Irlanda, John Selcraig, St. George, William Dampier, Cinque Ports, Thomas Stradling, St. Joseph, Oceano Pacifico, Asunciòn, Mas a Tierra, Aquas Buenas, Duchess, Duke, Woodes Rogers, Desengaño, circumnavigazione del globo, La storia di Alexander Selkirk, Richard Steele, William Cowper, Lines on Solitude, Sophia Bruce, Frances Candis, HMS Weymouth, Daniel Defoe, Robinson Crusoe.