Jeanne Baret
Orrore, una donna a bordo!

Nei secoli passati, gli equipaggi delle navi erano costituiti solamente da uomini, ritenendo le donne inadatte ad affrontare la vita sul mare. Chi vi riuscì fu la botanica Jeanne Baret, vestendosi e comportandosi da uomo. D’accordo con il botanico Philibert Commerson, ebbe modo di realizzare il suo sogno di diventare una brava botanica nel suo lungo viaggio per mare e per terra.

Jeanne Baret nacque il 27 luglio 1740 a Comelle, un piccolo villaggio della regione francese della Borgogna, in una famiglia di braccianti. I genitori erano Jean Baret e Jeanne Pochard. Si sa ben poco della vita da bambina prima e da ragazzina poi. Probabilmente la famiglia era povera, se si tiene conto che, da quanto risulta da documenti dell’epoca, in quella regione la qualità della vita era a un livello molto basso. Però, ciò che lascia un po’ perplessi è il fatto che sicuramente Jeanne aveva una certa istruzione, come si evince dall’esame di documenti da lei sottoscritti: insomma, non era certo un’analfabeta. Ci sono un paio di ipotesi sulla sua formazione culturale: secondo la prima, formulata dallo storico Glynis Ridley, la si deve alla sua appartenenza ai discendenti degli ugonotti, famosi per la loro tradizione letteraria, scarsamente nota allora; mentre, per quanto riguarda l’altra, dovuta allo storico John Dunmore, Jeanne avrebbe ricevuto l’istruzione dal parroco del paese o da un piccolo nobile locale. Sicuramente, Jeanne Baret si dedicò molto alla conoscenza delle piante, che imparò a riconoscere e a raccogliere, e alle loro proprietà medicinali, acquisendo ampie cognizioni di botanica al punto da divenire «la donna delle erbe».

In ogni modo, a partire dal 1760 si sa qualcosa di più di Jeanne, tanto da trovarla a lavorare come domestica in casa del naturalista botanico Philibert Commerson, fino al 1764. Intanto, il botanico, che era rimasto vedovo dopo la nascita di un figlio, divenne l’amante della domestica, e nel 1764 la ragazza rimase incinta.

La coppia si trasferì a Parigi, dove Jeanne continuava a tenere in ordine la casa, e, quando nacque il bambino, fu affidato all’Ospedale dei Trovatelli di Parigi, che provvide a individuare una madre adottiva; ma putroppo il bimbo morì presto. L’altro figlio, quello legittimo di Commerson, fu affidato al suo cognato residente a Toulon-sur-Arroux, un villaggio distante una ventina di chilometri da Comelle, senza mai più incontrarlo durante la sua vita.

Intanto, il naturalista fu nominato botanico ufficiale presso la Corte Francese e Jeanne lo seguì, continuando a coprire il suo ruolo di governante e infermiera personale al suo servizio.

In quel periodo – si è nel 1765 – il Governo Francese, che si rendeva conto di come la Gran Bretagna e la Spagna si dessero attivamente da fare per scoprire e colonizzare nuove terre, per non restare troppo indietro, decise di imitarle.

Pertanto, diede l’incarico all’Ammiraglio ed esploratore Louis-Antoine de Bourgainville di cercare, scoprire e inserire nuove terre fra i suoi possedimenti, affrontando quel lunghissimo viaggio che prevedeva la circumnavigazione della Terra. Questi ritenne che Commerson fosse l’uomo di scienza giusto da portare con sé per studiare ciò che di naturale avrebbe incontrato. Il botanico ne fu entusiasta, però, essendo di salute cagionevole, chiese di avere con sé un servo che fungesse da infermiere e casalingo; la richiesta era legittima e lui volle con sé Jeanne, naturalmente travestita da uomo. Così, accettò la proposta dopo aver avuto il consenso di portare con sé il suo «assistente» che, naturalmente, non poteva che essere Jeanne. Per quanto anticipato più sopra, era una soluzione impossibile quella di far imbarcare una donna su una nave, senza ricorrere a sotterfugi. Così i due decisero: la donna si sarebbe travestita da uomo, con il seno nascosto sotto strette bende di lino, avrebbe cambiato il suo nome in Jean e si sarebbe comportata da tale, stando ben attenta a non farsi scoprire. Per quanto riguardava le piante, le conoscenze di botanica di Jeanne sarebbero state un notevole aiuto per le scoperte effettuate.

Prima di partire, Commerson lasciò, nel suo testamento intestato a Jeanne Baret, sua casalinga, la somma di 600 lire e in più gli stipendi arretrati, oltreché l’arredamento dell’appartamento nella capitale francese.

La spedizione era composta dalle due navi Boudeuse ed Étoile. La coppia fu accolta sulla Étoile, la nave magazzino, e poiché lo spazio a bordo era ridotto a causa della grande quantità di carico, il comandante, François Chesnard de la Giraudais, concesse l’uso della sua cabina al botanico e al «suo assistente»; questo fu un enorme vantaggio per tenere nascosta all’equipaggio la vera natura dell’assistente.

Alla fine di dicembre 1766, le navi salparono da Nantes, prendendo il largo per le Americhe e facendo scalo in vari porti. Mentre si attraversava l’Atlantico, si festeggiò il passaggio dell’Equatore. Giunti a Montevideo in Uruguay, che fu uno dei primi scali del viaggio, i due iniziarono a esplorare pianure e monti alla ricerca di piante sconosciute. Per Commerson fu un tormento, con i problemi che erano sollevati dalla gamba malata. E a Jeanne, pertanto, spettava il compito di trasportare provviste e campioni che fornirono una buon raccolta. In Brasile, a Rio de Janeiro, putroppo, il comandante dell’Étoile fu ucciso non appena arrivati in porto. Intanto, Commerson usciva raramente dalla cabina, sempre per la gamba che doveva essere continuamente curata. In ogni modo, i due riuscirono a fare una buona incetta di campioni di piante. Memorabile fu la fortuna incontrata da Jeanne, durante la ricerca di piante nuove, quando scoprì una pianta del genere delle viti, bella, grande, meravigliosa, con fiori colorati; essa, in onore del comandante della spedizione, la chiamò «Bougainvillea»; oggi, quella pianta fa bella mostra di sé quale ornamento di cortili delle case in tutti i Paesi del mondo con un clima temperato.

Durante tutto il viaggio, il compito di Jeanne, oltre a quello di assistere Commerson, consisteva nel cercare, raccogliere e catalogare le piante; alla fine, la sua raccolta conteneva dalle 3.000 alle 6.000 piante allora sconosciute; di queste una settantina presero il nome di Commerson, quale botanico ufficiale della spedizione, mentre lui, durante il viaggio, ne dedicò uno alla compagna, l’arbusto «Baretia bonafidia», che più tardi non fu confermato. Tante piante furono da lui chiamate con il nome di amici e conoscenti; soltanto una porta il nome della Baret, la «Solanum baretiae». A spedizione conclusa, più di 6.000 campioni reperiti dalla coppia furono destinati al Muséum National d’Histoire Naturelle di Parigi.

Dopo essere tornati a Montevideo, dove continuarono ll loro lavoro, si spostarono in Patagonia, dove ci fu una sosta obbligata, dovendo attendere che si svegliassero venti favorevoli alla traversata dello Stretto di Magellano. E anche qui continuarono le ricerche, con il lavoro più pesante per Jeanne, soffrendo senpre Commerson per la sua gamba. Egli non poteva sobbarcarsi sforzi, lasciando tutti i lavori pesanti a lei, definita da lui la propria «bestia da soma». In effetti, tutto gravitava su di lei, vale a dire il lavoro manuale e la ricerca, la raccolta di piante, pietre, conchiglie; poi, la sistemazione e la catalogazione dei campioni, con l’aiuto del botanico.

Alla fine, il viaggio lungo e burrascoso riprese, andando verso Sud fino allo Stretto di Magellano, doppiando il Capo Horn e dirigendosi verso il Pacifico Settentrionale; qui, fu attraversato il Tropico del Capricorno. Dopodiché, i vascelli fecero sosta a Tahiti.

Intanto, mentre il viaggio continuava, avvenne un qualcosa che turbò la quiete degli uomini dell’equipaggio e ne divenne un tormento, giacché era girata la voce che a bordo ci fosse una donna. Le chiacchiere sussurrate si trasformarono in un coro e Jeanne cominciò a essere indicata con sospetto da parte dei marinai. Secondo quanto si legge nelle memorie di uno dei membri dell’equipaggio, François Vivès, «Jean» confessò che «era stato catturato dai pirati ottomani e che, come maschio, era stato castrato»; egli aggiunge che la panzana fu creduta, per cui i marinai si dimostrarono dispiaciuti e a bordo ritornò la tranquillità.

Ma quella situazione durò fino a quando la spedizione non sbarcò a Tahiti, dove la verità venne a galla. Anche in questo caso, le ipotesi sulla scoperta del sesso di Jeanne sono diverse. Secondo il parere di alcuni studiosi, furono i nativi ad accorgersene e a spiattellare la notizia; secondo altri, furono proprio i marinai, non si sa come, a rendersene conto. Al che, come si trova riportato nel resoconto sul viaggio, Jeanne fu spogliata e violentata. In ogni modo, Jeanne continuò il viaggio, che durò ancora mesi, affrontando notevoli difficoltà, perché doveva restare segregata in cabina, se non voleva contatti indesiderati con i membri dell’equipaggio che, tuttavia, quando capitava l’occasione giusta, ne approfittavano.

Dopo la traversata del Pacifico, sorsero grossi problemi a causa della scarsità delle provviste e perciò si ritenne opportuno fare i rifornimenti necessari in porti delle Indie Orientali Olandesi e soprattutto nell’isola di Mauritius, dove il botanico Pierre Poivre, amico di Commerson e Baret, era al servizio del Governatore. Per questo fatto, la coppia decise di sostare laggiù.

Fu una soluzione che piacque a de Bourgainville, perché gli consentiva di tornare in patria senza quella palla al piede che era rappresentato dal «reato» di avere portato con sé, in maniera assolutamente illegale, una donna a bordo, evitando in tal modo i salaci e gli acidi commenti dei benpensanti. Quindi, la spedizione riprese il suo viaggio verso la patria dove, una volta giunta, de Bourgainville descrisse quanto aveva fatto e ricavato dalla circumnavigazione della Terra.

Intanto, all’isola di Mauritius, Jeanne continuò a essere infermiera e casalinga per Commerson, sempre più acciaccato nella salute. Pare che lei, nel triennio 1770-1772, lo abbia accompagnato nelle esplorazioni effettuate nell’isola di Bourbon e nel Madagascar, dove furono apprezzate le varietà di ciò che la natura vi aveva fatto crescere e moltiplicare, tanto che il commento fu che era «una terra promessa per naturalisti».

Continuarono insieme la loro vita e le loro ricerche, mentre la salute dell’uomo peggiorava di giorno in giorno, finché nel mese di marzo del 1773, morì.

A quel punto, per Jeanne le cose iniziarono ad andare economicamente male, anche perché Poivre ebbe l’ordine di rientrare a Parigi. Così la donna si trovò in difficoltà, non potendo rientrare in Francia dove le sarebbe stato possibile incamerare l’eredità lasciatale da Commerson. Secondo alcuni dei biografi che si interessarono a lei, ella, che aveva trovato lavoro in una taverna, incontrò un sottufficiale della marina francese, Jan Dubertnat, che aveva fatto sosta all’isola, con il quale, pare, si sposò il 17 maggio 1774.

Non si sa con esattezza la data del loro rientro in patria, forse il 1775, con il completamento della circumnavigazione della Terra da parte di Jeanne e a Parigi poté, finalmente, mettere le mani sull’eredità, che avrebbe consentito alla coppia una vita dignitosa.

Dieci anni più tardi, ricevette una pensione vitalizia dal Governo Francese e un riconoscimento per aver partecipato alla prima spedizione francese che aveva compiuto il periplo della Terra. E molto interessante fu il riconoscimento di persona straordinaria fattole dal Sovrano Luigi XVI, che le concesse una pensione di 200 lire l’anno, da prelevare dal fondo per militari invalidi, a partire dal 1° gennaio 1785.

Il 5 agosto 1807, all’età di 67 anni, Jeanne Baret morì, serena e dimenticata, a Saint Aulaye, dove si era trasferita con Jan Dubertnat.

Per quanto riguarda le notizie sul conto di Jeanne Baret, c’è quanto è stato raccontato da Louis-Antoine de Bourgainville nel suo diario, redatto in francese e nella traduzione in inglese, che per lungo tempo fu l’unico riguardante la spedizione.

Solamente più tardi ci furono storici che se ne interessarono, andando anche a fondo sui partecipanti. Infatti, Jeanne si trova in altre tre storie: la prima è un diario scritto a quattro mani da Commerson e Duclos Guyot; la seconda si deve alla penna di un passeggero a pagamento della Boudeuse, il principe di Nassau-Siegen e la terza è stilata da François Vivès, che era il chirurgo di bordo dell’Étoile. Sulla veridicità di quanto riportato nel racconto di quest’ultimo ci sono dei dubbi, perché durante il viaggio egli ebbe da dire con Commerson, per cui sarebbe giustificato il dubbio che tutto quanto scritto sia inficiato di commenti di cattivo gusto e antipatiche allusioni sui due personaggi.

Il primo libro che raccontava di Jeanne Baret, scritto da John Dunmore, fu pubblicato nel 2002 in Nuova Zelanda. Nel 2010, è stata la volta di Glynis Ridley, con l’opera The Discovery of Jeanne Baret; però questa fu soggetta a pesanti critiche, perché si riteneva che tante cose scritte sulla Baret fossero non vere. Nel 2012, infine, come ricordato più sopra, in suo onore fu dedicata la pianta «Solanum baretiae», specie cui appartengono anche pomodori e patate. E infine, nel 2018, l’Unione Astronomica Internazionale, per commemorare Jeanne Baret, chiamò Baret Montes una catena di montagne su Plutone.

Ciò che dispiace è il fatto che a questa brava botanica non sia stato riconosciuto il giusto merito per la sua attività di ricerca e catalogazione, oltre al fatto di avere coraggiosamente partecipato a un’importante spedizione di esplorazione e scientifica, affrontando il pericoloso rischio, malauguratamente divenuto realtà, per essere l’unica donna in una moltitudine di uomini, sicuramente affamati di sesso, dopo mesi di navigazione: comunque, lei l’ha fatto, restando la prima donna ad aver circumnavigato il pianeta Terra.

(febbraio 2024)

Tag: Mario Zaniboni, Jeanne Baret, donne a bordo, Philibert Commerson, Comelle, Borgogna, Settecento, botanica, Louis-Antoine de Bourgainville, circumnavigazione della Terra, Boudeuse, Étoile, François Chesnard de la Giraudais, Bougainvillea, Solanum baretiae, François Vivès, isola di Mauritius, Pierre Poivre, Jan Dubertnat, Luigi XVI, Duclos Guyot, John Dunmore, Baret Montes, periplo della Terra.