Santa Marguérite-Marie Alacoque e il centenario del culto del Sacro Cuore
(1673-2023)


Introduzione

Il 27 dicembre 2023 ricorrono 350 anni da quella che Santa Marie-Marguerite Alacoque riferì come la prima apparizione del Sacro Cuore nel monastero delle Visitandine di Paray-le-Monial, il 27 dicembre 1673: in occasione di questo anniversario, è stato indetto proprio al santuario di Paray-le-Monial uno speciale giubileo di preghiera che è cominciato il 27 dicembre 2023 e proseguirà per un anno e mezzo, fino al 27 giugno del 2024, festa del Sacro Cuore[1]. Data l’importanza dell’anniversario, vorrei fornire qui alcuni rapidi dati storici sull’argomento, a partire dalla mia tesi discussa in proposito l’anno scorso[2]. I miei studi hanno sottolineato una volta di più l’importanza di questa devozione nell’Europa di età illuministica, un’epoca in cui si stava passando dalla cosiddetta «pastorale della paura», molto focalizzata sul timore e la colpevolizzazione[3], a una prospettiva pastorale più distesa e accogliente. Una premessa: il cuore, all’epoca, non era esclusivamente collegato alla nozione di sentimento, come oggi, dopo che con Illuminismo e Romanticismo si è verificata una spaccatura tra «ragione e sentimento», per dirla con Jane Austin: in realtà, il cuore rappresentava la volontà, cioè il nocciolo dell’umanità e della libertà umana[4]. Perciò, il primitivo culto del Sacro Cuore era ben lungi dalle sfumature «sdolcinate» che taluni vi hanno impresso o visto in seguito e implicava al contrario notevole energia e forza d’animo.

Poi, un’indispensabile premessa metodologica: quando si tratta di fenomeni soprannaturali, uno storico non si pone l’interrogativo sulla realtà o meno di essi, quanto piuttosto studia i testi prodotti al riguardo, come una qualsivoglia fonte storica; infatti, l’evento soprannaturale o meno rimane inattingibile, ma non i testi. L’unico dato accessibile allo storico è la traduzione verbale dell’esperienza mistica, cioè la fonte, da analizzare a livello letterario e storico; ciò salvaguarda le esigenze della storiografia, ma, al tempo stesso, anche la eventuale realtà soprannaturale inattingibile viene preservata nella sua specificità dalla critica proveniente da un ambito alieno[5]. Perciò, la fonte migliore relativa a Santa Marguerite-Marie e alle apparizioni che lei riferì sono gli scritti stessi della Santa, cioè il suo nutrito epistolario, la sua autobiografia e altre riflessioni rivolte alle superiore e consorelle[6]. Da questi scritti emerge il ritratto di una monaca umile e dedita al nascondimento, ma anche di una grande mistica, che viveva in continuo rapporto con Dio e che ha vissuto nella sua interiorità gli effetti straordinari di un contatto trasformante col divino.


La vita di Marguerite-Marie

Marguerite-Marie discendeva da una famiglia di notai della Borgogna, la ricca regione che costituisce l’Est della Francia, e nacque il 22 luglio 1647 a Lautecourt, presso Verosvres (Charolais), da Claude, notaio reale, e Philiberte Lamyn, proveniente anch’ella da una famiglia di notai; oltre a lei la famiglia comprendeva altri 4 fratelli, di cui due morti bambini. All’epoca, il ceto notarile, che forniva l’ossatura dei funzionari e della burocrazia del Regno, era molto attivo anche a livello di evangelizzazione: anzi, furono proprio la pietà e la devozione di questo ceto a rilanciare in Francia la catechesi e la formazione cristiane subito dopo il Concilio di Trento e a cementare la Riforma cattolica[7]. La bambina rimase rapidamente orfana di padre e continuò a vivere con sua madre e, purtroppo, con alcuni parenti che, durante la sua adolescenza, la maltrattarono non poco. Fin da ragazza si distinse per un’irrefrenabile attrazione verso la preghiera; faceva anche molte opere di carità e avrebbe pronunciato un voto di castità a soli 5 anni. Marguerite-Marie dovette però lottare per la propria vocazione religiosa: sua madre avrebbe preferito tenerla presso di sé e vederla sposata, i parenti non erano d’accordo con la sua monacazione e, infine, quando si piegarono, volevano indirizzarla presso il convento dove si trovava già una cugina, quello delle Clarisse Urbaniste. Infine, Marguerite-Marie riuscì nell’intento di entrare là dove il suo cuore si sentiva attirato: il monastero della Visitazione di Paray-le-Monial. Qui la Alacoque iniziò una vita del tutto modesta e quotidiana, nell’alveo della «routine» del monastero e senza eventi altisonanti. Entrò il 20 giugno 1671 e prese l’abito il successivo 25 agosto; pronunciò i voti definitivi il 6 novembre 1672. Nel 1684 divenne assistente della superiora, mentre tra il 1685 e il 1687 fu maestra delle novizie, un incarico in cui mostrò notevole saggezza, opponendosi anche a vocazioni fasulle. Bisogna ora illustrare il contesto storico della vita claustrale di quel tempo per comprendere questa sua esistenza di nascondimento.


Il mondo claustrale della Riforma cattolica

Il Concilio di Trento aveva emanato prescrizioni molto severe nei confronti dei monasteri femminili, riapplicando le regole e la clausura in tutto il loro rigore, a tal punto da suscitare le proteste persino dei religiosi dei rami maschili degli stessi ordini; si giunse a una vera e propria «spersonalizzazione» e «repressione culturale», con eliminazione dei libri profani, ma talora anche della Bibbia e di libri religiosi giudicati non adatti alle monache, censura, imposizione rigida dell’obbedienza, taglio di ogni legame affettivo, interno o esterno, sorveglianza di ogni manifestazione individuale, come lettura e scrittura, e una clausura totale, che impediva talora persino i contatti con l’esterno indispensabili al buon funzionamento del monastero e alla sua sopravvivenza economica; in certi casi venne proibito persino che le monache potessero godere della discrezione di una cella personale. E questo in monasteri dove la vocazione era spesso, almeno in Italia (e non nel caso della Alacoque) pilotata dai parenti per interessi economici[8]. Non si può negare che nella durezza di queste disposizioni si manifestassero anche paura e misoginia. Osserva Gaetano Greco con amarezza:

«La mia impressione è che, in fondo, queste donne costituissero un peso sia per la Chiesa come per la società»[9].

San François de Sales, invece, il grande Vescovo Savoiardo[10], creò con Santa Jeanne Françoise de Chantal il nuovo ordine femminile della Visitazione proprio per quelle donne di salute cagionevole che non potevano accedere a ordini più rigidi. Difatti, San François de Sales, intriso com’era di umanesimo cristiano, diffidava delle penitenze esagerate, perché vi scorgeva il pericolo dell’orgoglio: credeva piuttosto in un lento affinamento dello spirito, attraverso la rinuncia quotidiana al proprio «Io», nel pieno rispetto dei doveri sociali e nella pratica costante della carità reciproca. Questo perfezionamento interiore era aperto a signorilità e decoro e vissuto entro un’abnegazione da coniugare con la semplicità della vita quotidiana; d’altronde, tutti i testi salesiani mettono in guardia contro le austerità eccessive. Anche gli scritti di madre de Chantal addolcivano di molto la vita monacale: le monache recitavano solo il piccolo Ufficio della Vergine ed erano esonerate da quello maggiore; venivano prese in considerazione le esigenze di ciascuna, in particolare quelle di salute; l’alimentazione era molto curata, ogni pasto durava un’ora e chi non aveva finito poteva addirittura ricevere dalla superiora del tempo supplementare per potere mangiare con agio; erano persino previste delle eccezioni individuali, tanto che all’entrata in monastero la famiglia di Marguerite-Marie chiese e ottenne che non le venisse mai presentato del formaggio, alimento cui doveva essere intollerante. Questa attenzione alle esigenze individuali richiedeva però umiltà, docilità, autocontrollo, molto rispetto reciproco e, quindi, una stretta obbedienza a tutto quanto la superiora decideva per il bene di ciascuna[11].

Tuttavia, l’atmosfera imperante nel Seicento portò pure molte Visitandine a seguire l’esempio delle monache di altri ordini, per cui anche alla Visitazione cominciarono a moltiplicarsi, ben lontano dallo spirito salesiano, cilici, digiuni prolungati, carenze di sonno e igiene personale, penitenze simili a torture[12] eccetera; la stessa Marguerite-Marie si diede a queste pratiche con forse eccessivo entusiasmo, arrivando persino a dormire su cocci rotti o a ingoiare cose orrende. Stando agli scritti della Santa, invece, il Sacro Cuore prese a indirizzarla altrimenti[13]:

«Eh che! Figlia mia, pensi tu di potere piacere a Dio oltrepassando i limiti dell’obbedienza, che è il principale sostegno e fondamento di questa Congregazione e non le austerità?»

Addirittura, dopo uno di questi eccessi, una volta le avrebbe detto simpaticamente: «Tu es folle!», cioè: «Tu sei matta!» Comunque, dall’epistolario della Santa emerge con chiarezza un percorso verso una devozione più sottile e «a misura d’uomo», priva delle asprezze della cosiddetta «santità eroica» seicentesca: umiltà e amore vengono portati alla ribalta, molto più che ascesi spropositate e rigore. Una svolta capitale per l’epoca e che pareva ricondurre la Visitazione allo spirito originario e a uno più vicino al laicato.


Le apparizioni

Proprio da questa umile monaca, che si può annoverare tra gli ultimi del suo secolo, prese non a caso slancio una delle devozioni più popolari dei secoli successivi, quella del Sacro Cuore, ripresa oggi dal culto alla Divina Misericordia. A dire il vero, questa devozione aveva avuto vari precedenti, per esempio grazie al culto cristocentrico di Pierre de Berulle[14] e a San Jean Eudes, il missionario normanno che istituì la prima festa del Sacro Cuore il 20 ottobre 1646; ma l’evento scatenante furono le apparizioni di cui fu protagonista la Alacoque a partire dal 27 dicembre 1673, cioè il giorno della festa di San Giovanni Evangelista, noto come il discepolo prediletto del Cristo. La Santa riferisce che in questa data, durante l’adorazione eucaristica, il Sacro Cuore le apparve e le rivelò che si sarebbe servito di lei per salvare i peccatori[15].

«Mi fece riposare lungamente sul suo petto divino, dove mi svelò le meraviglie del suo amore e i segreti inesplicabili del suo sacro Cuore, che mi aveva tenuti sempre celati, finché me li scoprì per la prima volta, ma in una maniera così effettiva e sensibile che non mi lasciò alcuna possibilità di dubitarne… Mi disse: “Il mio Cuore divino è così appassionato d’amore per gli uomini e per te in particolare, che non potendo più contenere in se stesso le fiamme della sua ardente carità, bisogna che le spanda per tuo mezzo e che si manifesti a essi per arricchirli dei suoi preziosi tesori che ti disvelo e che contengono le grazie santificanti e salutari necessarie a sottrarli all’abisso della perdizione; e io ti ho scelta come un abisso di indegnità e ignoranza per portare a compimento questo grande disegno, al fine che tutto sia compiuto da me”».

L’amore al posto della paura e del timore. Dopodiché, il Sacro Cuore, su richiesta della stessa veggente, le prese il cuore e lo inserì nel proprio,

«come un piccolo atomo che si consumava in questa fornace ardente».

A partire dal dicembre del 1673 le visioni si moltiplicarono; al vertice di questo crescendo di promesse, troviamo la famosa «Grande Promessa», riferita in una lettera del 1688 e relativa alla penitenza finale[16]:

«Un giorno di venerdì, durante la Santa Comunione, egli disse queste parole alla sua indegna schiava, se lei non si sbaglia: “Io ti prometto, nell’eccessiva misericordia del mio cuore, che il suo amore onnipotente accorderà a tutti quelli che si comunicheranno in sequenza per nove primi venerdì del mese, la grazia della penitenza finale, per cui non moriranno nella mia disgrazia e senza ricevere i sacramenti, dato che il mio Cuore divino si renderà loro asilo sicuro negli ultimi momenti”».

Una promessa del genere andava a scardinare i presupposti della pastorale di allora, che, soprattutto in Francia, era plasmata dal giansenismo: il giansenismo è stato un movimento interno al Cattolicesimo, ma progressivamente evoluto in eresia, tipico del 1600-1700 e caratterizzato da un’antropologia di matrice agostiniana molto pessimistica; in parole povere, l’essere umano era considerato inevitabilmente corrotto dal peccato originale e incapace di compiere alcunché di buono. Ciò portava a una durezza pastorale molto preoccupante, per cui, per esempio, il confessore mostrava delle esigenze esagerate per concedere l’assoluzione e questo portava a rarefare in modo allarmante l’accostarsi dei fedeli ai sacramenti. La cosa ha avuto delle conseguenze inimmaginabili, tanto che non pochi storici collocano nel giansenismo una delle cause principali della successiva scristianizzazione (processo del resto molto complesso e variegato); in particolare, si è osservato che le zone a più alta presenza di chierici giansenisti sono state quelle in seguito maggiormente scristianizzate a partire dall’epoca rivoluzionaria[17].

La «Grande Promessa» potrebbe apparire oggi, tutto sommato, poco esigente: accedere all’Eucarestia per nove primi venerdì di seguito non sembra così difficile. Invece all’epoca era un’autentica sfida: infatti ci si comunicava pochissimo e persino nel monastero delle Visitandine di Santa Marguerite-Marie le monache si comunicavano non più di due volte a settimana, in casi eccezionali tre. Questo significava per la veggente chiedere un permesso speciale alla superiora allo scopo di comunicarsi una volta di più a settimana e, in generale, avviava per i cristiani che vi avessero aderito un processo di riavvicinamento ai sacramenti in contrasto con la prevalente pratica giansenista. Ma in generale, la manifestazione di un Dio pieno di amore andava a cozzare con l’immagine «giustiziera» e inflessibile diffusa all’epoca: un’immagine che ha alimentato la credenza nella predestinazione, sia nel calvinismo, che nel giansenismo, che ha plasmato la pastorale con severità e colpevolizzazioni e non arretrava davanti alla tendenza a suscitare il terrore anche in ambito cattolico[18].

Marguerite-Marie ricevette poi nel 1689, esattamente un secolo prima della Rivoluzione francese, un celebre messaggio (rimasto inascoltato) per Luigi XIV, soggetto che rinvio però a un altro articolo per la sua complessità e ricchezza. Dopo una vita di preghiera e umiltà, la Santa si spense la sera del 17 ottobre 1690 a soli 43 anni. Il processo diocesano per la beatificazione iniziò il 15 ottobre 1714, regnante Clemente XI; dopo un vaglio accurato, Marguerite fu dichiarata Venerabile il 30 marzo 1824 da Leone XII, quindi, dopo il riconoscimento di tre miracoli, fu beatificata da Pio IX il 18 settembre 1864 a Roma e, infine, canonizzata da Benedetto XV il 13 maggio 1920. Il suo corpo riposa nella cappella della Visitazione a Paray-le-Monial.


Note

1 Si veda il comunicato da parte del santuario di Paray-le-Monial a https://sacrecoeur-paray.org/wp-content/uploads/2023/01/communique_jubile.pdf

2 Confronta Annarita Magri, Le valenze culturali della devozione al Sacro Cuore (dagli inizi, fine Seicento, al 1765), tesi di Laurea Magistrale discussa presso la Scuola di Studi Umanistici e della Formazione, entro il Corso di Laurea Magistrale in Scienze Storiche dell’Università di Firenze il 29 aprile 2022; relatore il Professor Rolando Minuti. Si vedano anche Yvan Gobry, Margherita-Maria Alacoque e le rivelazioni del Sacro Cuore, Roma, Città nuova, 1992 (edizione originale francese, Paris, Téqui, 1989) e soprattutto Auguste Hamon, Histoire de la dévotion au Sacré Cœur de Jèsus, 5 volumi, Paris, Beauchesne, 1907- 1939; volume 1, Vie de la bienheureuse Marguérite-Marie d’après les manuscrits et les documents originaux, Paris, Beauchesne, 1909.

3 Si veda sull’argomento il mio articolo Che cos’era la «pastorale della paura»?, http://www.storico.org/storia_societa/pastorale_paura.html

4 Confronta Mario Rosa, Giansenismo e penitenza, «Chiesa e storia» 1 (2011), pagine 259-284, specie pagina 261.

5 Confronta in merito Jacques Le Brun, Une confession religieuse de l’Age classique: le «catholicisme», in La jouissance et le trouble. Recherches sur la littérature chrétienne de l’âge classique, Genève, Droz, 2004, pagine 11-42; dello stesso e nel medesimo volume, Expérience religieuse et expérience littéraire, pagine 43-66.

6 Confronta Monastère de la Visitation de Paray-le-Monial ed., Vie et œuvres de Sainte Marguerite-Marie Alacoque, Paris-Fribourg, Ed. Saint-Paul, 1990, 2 volumi. All’interno si trovano l’Autobiografia e le Lettere citate di seguito.

7 Confronta Dominique Dinet, La religion des gens de justice en Bourgogne et en Champagne au XVIIe siècle, in Dominique Dinet-Catherine Désos-Jean-Pascal Gay, Au coeur réligieux de l’époque moderne, Presses Universitaires de Rennes, 2008, pagine 577-590, https://books.openedition.org/pus/13755?lang=it = La religion des élites au XVIIe siècle, in D. Lopez-C. Mazouer-E. Suire edd., Actes du colloque du Centre de recherches sur le XVIIe siècle européen, Bordeaux, 30 novembre-2 décembre 2006, Tübingen, Gunter Narr Verlag, 2008, pagine 275-288.

8 Confronta in merito il capitolo I monasteri femminili, entro Gaetano Greco, La Chiesa in Italia nell’età moderna, Roma-Bari, Laterza, 1999, pagine 121-153; sulla durezza dell’applicazione della clausura, confronta anche Ottavia Niccoli, La vita religiosa nell’Italia moderna. Secoli XV-XVIII, Roma, Carocci, 1998.

9 Confronta Gaetano Greco, La Chiesa in Italia nell’età moderna, citazione a pagina 138.

10 Si veda il mio articolo a http://www.storico.org/seicento_eta_lumi/santoamore_vitaquotidiana.html

11 Confronta Bernard Dompnier, Les principes de la vie communautaire chez les Visitandines. Tradition et nouveauté dans un ordre féminin de la Réforme catholique, in Missions, vocations, dévotions. Pour une anthropologie historique du catholicisme moderne, LARHRA (Laboratoire d’Histoire des Réligions Rhône-Alpes), 2015, pagine 215-230 = La vie quotidienne des moines et chanoines réguliers aux Moyen Âge et Temps Modernes, Wroclaw, 1995, pagine 331-348, https://books.openedition.org/larhra/4007. I testi di riferimento sono le due redazioni delle Costituzioni, quindi due Coutumiers (1628 e 1637), infine le Responses de nostre tres-honorée et digne Mère Jeanne Françoise Fremiot sur les Règle. Constitutions et Coustumier de nostre Ordre de la Visitation Sainte Marie (1632), che offre l’interpretazione delle Costituzioni e dei testi normativi da parte di Santa Jeanne-Françoise de Chantal, assieme ad alcuni consigli di San François de Sales.

12 Confronta Jacques Le Brun, Sœur et amante. Les biographies spirituelles féminines du XVIIe siècle, Genève, Droz, 2013.

13 Confronta Autobiographie, citazione alle pagine 68-69.

14 Confronta il mio articolo in proposito a http://www.storico.org/seicento_eta_lumi/cardinal_pierredeberulle.html

15 Confronta Autobiographie, pagine 82-84; il fatto è ricordato nella lettera 96 a madre de Saumaise, del gennaio 1689, tomo 2, pagine 323-324.

16 Confronta la lettera 86 a madre de Saumaise, Digione, maggio 1688, tomo 2, pagine 295-299 (297).

17 Sul giansenismo la bibliografia è molto abbondante: si vedano a esempio Aimé Richardt, Le jansénisme. De Jansénius à la mort de Louis XIV, Paris, Guibert, 20112 (versione numerica; prima edizione 2002); Mario Rosa, Il giansenismo nell’Italia del Settecento, Roma, Carocci, 2014; Louis Cognet, Le jansénisme («Que-sais-je?» 960), Paris, PUF, 1961; Paola Vismara, Il Cattolicesimo dalla «Riforma cattolica» all’assolutismo illuminato, in Giovanni Filoramo-Daniele Menozzi edd., Storia del Cristianesimo. L’età moderna, volume 3, Roma-Bari, Laterza, 1997, pagine 239-251.

18 Si veda anche il mio The idea of God during the XVII century, Academia.Edu 2021, https://www.academia.edu/letters/submission?submission_id=2eYPO2&tab=proof

(febbraio 2024)

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