Il Canale di Panama
Addio, periplo del Sud America

Quando si fanno progetti, non sempre alla fine si ottiene ciò che si era preventivato. Qualche imprevisto può modificare, in parte o in modo sostanziale, l’idea originale. Un esempio di importanza incommensurabile è rappresentato dalla scoperta dell’America, avvenuta per caso, quando Colombo intendeva dimostrare che la Terra era sferica e che, pertanto, si potevano raggiungere le Indie navigando al contrario, rispetto alle solite rotte. Colombo, infatti, incontrò un ostacolo inaspettato, che più tardi si riscontrò si estendesse in latitudine su tutto il globo, dal Polo Nord fin quasi al Polo Sud, impedendo il completamento della circumnavigazione progettata. Solamente più tardi si trovò la via per passare dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico, doppiando il Capo Horn (Cabo de Hornos, in spagnolo).

Si è cercato un punto abbastanza corto che consentisse di passare da un oceano all’altro. Quel punto esisteva e fu trovato da Vasco Núñez de Balboa, un navigatore ed esploratore che, appunto durante le sue esplorazioni, trovò quello che fu definito l’Istmo di Panama, e che gli consentì di vedere – per primo fra gli Europei con i suoi uomini – la infinita vastità dell’Oceano Pacifico. Ma perché gli è stato dato quel nome così accattivante, quando è stato dimostrato che invece è molto turbolento? La ragione si deve alla mancanza di vasti territori fra le sue sponde orientali e occidentali, per cui, quando si formano le onde anomale, queste, non trovando ostacoli, acquistano una enorme impetuosità che si scarica al momento quando cozzano contro quelle coste che, alla fine, incontrano; in verità, l’Oceano Pacifico di pacifico ha ben poco, essendo spesso sede di violenti fenomeni che vanno dai tifoni agli uragani, agli tsunami. Ebbene, l’attributo di «pacifico» fu attribuito a quell’oceano dal navigatore portoghese Ferdinando Magellano quando, nella sua circumnavigazione del pianeta Terra, dal 1519 al 1522, alla ricerca di una via che fosse alternativa alla circumnavigazione dell’Africa per raggiungere l’Oriente, trovò quel passaggio, che lo avrebbe portato alle Filippine, attraverso acque che si mostrarono effettivamente calme. Successivamente, fu chiamato Stretto di Magellano appunto, per onorare Magellano e la sua scoperta.

Nel 1534, a meno di mezzo secolo dalla scoperta di Colombo, il Re di Spagna Carlo V d’Asburgo dispose che il Governatore locale organizzasse un’attenta esplorazione nell’istmo per appurare se ci fosse la possibilità di aprire una via d’acqua che collegasse i due oceani. Questi, dopo gravosi tentativi, fu costretto a riconoscere che le difficoltà incontrate nella zona dell’istmo, ricchissima di foreste con vegetazione intricata e difficile da attraversare, pertanto impraticabili, dominato da zone inospitali, con notevoli dislivelli e selvaggi corsi d’acqua, abbondanti formazioni di mangrovie, erano insormontabili. Perciò, il suo parere fu negativo al massimo: nessun uomo sarebbe stato in grado di aprire un passaggio sicuro per imbarcazioni di alcun tipo.

Ci furono altri tentativi, tutti falliti, l’uno dietro l’altro.

Solamente nell’Ottocento ci fu qualcuno che riprese in mano l’idea di unire i due oceani con un canale navigabile. Fu il Governo Francese che, nel 1879, diede l’incarico al famoso realizzatore del Canale di Suez, Ferdinand de Lesseps, di avviare il progetto relativo. La Francia era quasi sicura che egli sarebbe stato in grado di portare a termine positivamente l’incarico, grazie all’esperienza maturata nella realizzazione del canale che collega il Mare Mediterraneo con il Mar Rosso, consentendo di evitare di circumnavigare l’Africa, attraverso il Capo di Buona Speranza, per raggiungere l’India e gli altri Paesi dell’Oceano Indiano, e che era stato inaugurato appena 10 anni prima, precisamente il 17 novembre 1869. Forse, essendo il tratto lungo 81,1 chilometri contro i 164 del Canale di Suez, si pensò che l’impegno sarebbe stato ridotto attorno alla metà. Purtroppo non fu così: egli trovò un ambiente assolutamente diverso dal deserto africano, con quella giungla pericolosa e impraticabile che avevano incontrato gli esploratori che lo avevano preceduto. Gli scavi, iniziati il 22 gennaio 1881, intendevano aprire un canale largo 22 metri, a quota del livello del mare, ma le difficoltà tecniche ed economiche, sicuramente sottovalutate, associate alle malattie, resero impossibile la prosecuzione dei lavori. Oltre a tutto ciò, il de Lesseps commise un errore fondamentale nell’attuazione del suo progetto, quando previde di eseguire tutto il taglio dell’istmo senza prevedere la realizzazione di chiuse; tale mancanza avrebbe reso necessario lo spostamento di volumi di terreno esageratamente elevati, rendendo, a parte le difficoltà, i costi spropositati. Infatti, bisognava ridurre a zero la zona interessata agli scavi, che raggiungeva i 160 metri sul livello del mare.

Questa negatività causò il fallimento della sua impresa. A quel momento erano stati scavati 14.256.000 metri cubi di materiale, con l’abbassamento della cima da 64 a 59 metri sul livello del mare, con la larghezza ancora abbastanza limitata.

A tentare di risolvere il gravoso problema nel 1901 intervennero gli USA, che avevano fiutato gli intessi economici e d’immagine che la realizzazione di un tale progetto avrebbe loro procurato. Essi ottennero il permesso di realizzare l’opera dal Governo della Grande Colombia, stato che, a quel tempo, era formato dall’unione della Colombia stessa con Ecuador e Venezuela. Il Genio Militare degli Stati Uniti avviò i lavori ufficialmente nel 1907, seguendo il progetto del Colonnello Gothar.

Probabilmente, il Governo Colombiano riteneva che pure gli Statunitensi avrebbero fallito nell’impresa alla stessa stregua dei Francesi; se erano queste le previsioni, dovette restare deluso, per cui due anni dopo, quando i lavori procedevano regolarmente, tentò di riprendersi la proprietà dell’opera in attuazione. Fulmini a cielo aperto: la risposta degli USA fu gelida; aizzò la popolazione locale che, con il passaggio delle navi, sicuramente avrebbe migliorato il proprio tenore di vita, e senza mezzi termini minacciò l’invio dell’esercito. Questi due possibili eventi fecero tornare i Colombiani sulla loro decisione e Panama divenne un protettorato degli USA, che poterono continuare e completare l’opera. La conclusione, avvenuta il 3 agosto 1914, fu rimandata, perché si perse tempo per sistemare alcuni trattati fra cui quello «di neutralità», che dava il diritto agli USA di consentire il passaggio a tutte le navi, di qualsiasi nazionalità fossero. Così, il 12 luglio 1920, avvenne l’inaugurazione ufficiale.

Senza entrare nella descrizione dell’opera, più adatta a un trattato di ingegneria idraulica che non a una narrazione storica, si può semplificare dicendo che attraverso un sistema di conche con salti di livello di 9 metri tra l’una e la successiva, le navi, ora salendo ora scendendo, affrontano il tragitto superando circa 28 metri di quota, che rappresentano la differenza fra la quota zero delle due estremità e quella del tratto più elevato, impiegando dalle 8 alle 12 ore, secondo il traffico e le dimensioni dei natanti. L’attraversamento del Canale è affidato a un suo pilota, che lo conosce alla perfezione, mentre il comandante della nave non può in alcun modo intervenire e deve assistere al complesso delle operazioni nella qualità di spettatore, pur rimanendo responsabile dell’imbarcazione.

La restituzione del Canale allo Stato di Panama è avvenuta ufficialmente nel 1999, esattamente a mezzogiorno del 31 dicembre (notare la pignoleria), mantenendo l’impegno di vigilare militarmente.

Un’osservazione, che sicuramente molti non hanno fatto, ha un aspetto abbastanza curioso. La contorta forma dell’istmo, in corrispondenza dello Stato di Panama, avente direzione da Sudovest a Nordest, e il tracciato degli scavi da Sudest a Nordovest, sono tali per cui Panama, posta sull’Oceano Pacifico, stranamente si trova più a Est di Colòn sull’Oceano Atlantico. Così, le navi che transitano per passare dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico, incontrano l’uscita più a Est dell’entrata e viceversa per chi percorre il Canale in senso contrario. In concreto, per passare da un oceano all’altro, per un tratto, piccolo fin che si vuole, si ritorna indietro.

Il Canale è profondo al massimo 12 metri, largo tra i 250 e i 300 metri in corrispondenza del Lago Gatùn, mentre lungo il taglio della Culebra la distanza fra le sponde varia da 90 a 150 metri. Ciò che ha reso diversa la progettazione nei confronti di quella del Canale di Suez è dato dall’inserimento di un complesso di chiuse e di camere d’acqua. Una novità veramente interessante sta nell’essere la parte centrale del Canale occupata da acqua dolce, che ha lo scopo di tenere alla larga l’acqua salata, per impedire che la fauna e la flora dei due oceani si mescolino fra di loro; per questo il lago artificiale Gatùn funziona come un bacino di raccolta delle acque piovane e di quelle provenienti dalle foreste fluviali dei dintorni.

I mezzi che transitano ogni anno per il Canale sono mediamente 15.000, e forse il numero è destinato ad aumentare: in ogni modo, conviene pagare un pedaggio, anche se pepato, piuttosto che circumnavigare l’America del Sud, passando per il Capo Horn o per lo Stretto di Magellano.

Però, ultimamente, ci si è trovati in difficoltà con le grandi navi, soprattutto portacontenitori, tanto che si sono ripresi i lavori per accrescere l’ampiezza della via d’acqua, conclusi con l’inaugurazione avvenuta il 26 giugno 2016. Per inciso, e per esempio, si possono riportare le dimensioni della nave più grande del mondo, la MM Gdansk: essa è lunga 400 metri e larga 61, capace di trasportare ben 23.964 contenitori. Proprio per questo, è allo studio un progetto che prevede di raddoppiare la capacità di navigazione del Canale entro il 2025.

Tornando, per un attimo, alla realizzazione della mastodontica opera, la sua area divenne un polo di attrazione per molte migliaia di persone, provenienti da 40 Stati (ingegneri, operai, cuochi, elementi senza arte né parte eccetera), perché c’era bisogno di tutte le professionalità e di tutti i tipi di forze di lavoro. E ciò anche perché nel 1882 era stata avviata la costruzione della ferrovia Panama-Colòn. Come capitava quando si presentavano le opportunità di lavorare, l’afflusso degli Italiani, soprattutto del Sud, anche in questo caso fu abbondantissimo, a dimostrazione che nel Paese d’origine quelle possibilità di sopravvivere erano sempre state scarse. Furono circa 48.000 le persone assunte: per l’Europa, il 4,4% erano Italiani, dietro agli Spagnoli con il 23%; il resto era quasi esclusivamente costituito da lavoratori provenienti dall’America Centrale Caraibica. Il loro trattamento rassomigliava molto alla schiavitù, in condizioni pessime di lavoro e senza appoggio e sostegno né da parte del Governo di Panama, né tanto meno dalla terra d’origine. Molti migranti furono colpiti dal morbo della febbre gialla, allora diffusa, mentre altri rimasero invalidi e tanti morirono per i gravi incidenti in cui erano incappati durante il lavoro. I sopravvissuti, alla conclusione dei lavori, si sparpagliarono un po’ in tutta l’America Meridionale, qualcuno ritornò in Italia, mentre solamente un centinaio rimase a Panama. Oggi, gli Italiani sono 8 o 9.000.

Il taglio dell’Istmo di Panama è stato un’opera colossale ma importantissima per l’economia delle popolazioni del pianeta, con la riduzione dei tempi di collegamento fra Paesi e città lontani fra loro, favorendo quella conoscenza reciproca fra popolazioni di razza e cultura diverse, che consente di raggiungere la formazione di un’umanità che solamente la fantasia può immaginare.

(aprile 2021)

Tag: Mario Zaniboni, Canale di Panama, periplo del Sud America, Colombo, Capo Horn, Cabo de Hornos, Vasco Núñez de Balboa, Istmo di Panama, Oceano Pacifico, Ferdinando Magellano, circumnavigazione della Terra, Carlo V d’Asburgo, Ferdinand de Lesseps, 22 gennaio 1881, Grande Colombia, progetto del Colonnello Gothar, Panama, restituzione del Canale allo Stato di Panama, 31 dicembre 1999, Lago Gatùn, taglio della Culebra, Stretto di Magellano, MM Gdansk, nave più grande del mondo, ferrovia Panama-Colòn, America Meridionale, taglio dell’Istmo di Panama.