Introduzione alla storia dell’Oceania
Ultimo continente colonizzato dagli Europei, da terra ferma all’Età della Pietra in meno di tre secoli è diventato un territorio prospero e ricco, anche se a duro prezzo delle popolazioni che da millenni lo abitavano

Oceania

L'Oceania

Un continente, alcune grandi isole e una miriade di piccole o minuscole isole, simili a scogli gettati all’atto della creazione nell’immensità del più grande oceano della Terra da un Dio distratto o annoiato: questa è l’Oceania, il «Continente Nuovissimo», la «Terra Meridionale» di cui si favoleggiava l’esistenza prima ancora che qualcuno l’avesse vista, un mondo azzurro come il mare che lo circonda e smeraldo come la vegetazione che un tempo ne ricopriva le isole – un mondo unito dall’oceano dal quale emerge, dalla distanza dalla nostra parte del mondo, dalla novità della sua conoscenza da parte degli Europei, da tutta una somma di caratteri peculiari, ambientali, umani, geopolitici, che gli sono propri.

Nello spazio pressoché circolare che l’Oceania occupa nel globo, il continente australiano e le maggiori isole sono situati in posizione marginale, a Sud dell’Equatore e più prossimi alla massa continentale asiatica: vicine l’Australia e la Nuova Guinea, che all’Asia sono ricollegate dai grandi festoni insulari dell’Indonesia e delle Filippine; più isolato, a Sud-Est, l’arcipelago neozelandese. Le rimanenti isole dell’Oceania si disperdono nella vastità del Pacifico. I singoli gruppi insulari ripetono spesso nomi europei (per lo più inglesi), con la preposizione dell’aggettivo «nuovo» o «australe»; raramente mantengono nomi indigeni (Tuamotu, Tonga, Tahiti) e talora rivelano l’alone romantico di cui gli Europei rivestirono fra il 1700 e il 1800 queste lontane isole dei Mari del Sud (isole della Lealtà, degli Amici, degli Antipodi e via dicendo). Questa tradizione, legata al mito roussoiano del ritorno alla natura, è stata assai pervicace ed ha contribuito a far misconoscere a lungo la realtà di questa parte del globo.

Antichissime migrazioni di genti dal continente asiatico alle isole del Pacifico, epiche avventure di esplorazione e conquista su fragilissime imbarcazioni attraverso le mille insidie dell’oceano sono postulate dalle popolazioni, diverse per razza, ma sicuramente derivanti dall’Asia, che i primi scopritori europei trovarono insediate sin nei più remoti arcipelaghi. In molte di queste popolazioni era ancora viva la tradizione delle avventurose trasmigrazioni oceaniche degli antenati: d’altra parte, la straordinaria perizia marinara di quelle genti testimonia ancor oggi la verità d’un antefatto così simile al mito. Le statue gigantesche dell’isola di Pasqua, la tradizione polinesiana di potenti Nazioni ed eroici guerrieri che una volta resero celebri Samoa e Tahiti, l’abilità artistica e la sensibilità poetica dei loro attuali abitanti, indicano una gloria scomparsa, un popolo caduto da una condizione elevata. Qualcuno sostiene che sia il Pacifico, non il Vicino Oriente, la culla della civiltà: forse, o forse no; ma è assodato che qui sorse, non sappiamo con precisione quando ma certo in tempi assai remoti, una civiltà di cui oggi restano – come direbbe Bacone – i rottami di un naufragio: resti spesso enigmatici e tradizioni tramandate oralmente.

Fu solo con la prima traversata del Pacifico, effettuata da Ferdinando Magellano tra il 1519 e il 1521, che questa parte del mondo entrò a far parte della Storia come noi la intendiamo. Magellano attraversò l’oceano dallo stretto cui diede il nome fino alle isole Marianne, senza tuttavia toccare terra alcuna. Portoghesi e Spagnoli si susseguirono nell’esplorazione del Pacifico, scoprendo altri arcipelaghi e attraversando lo stretto che divide l’Australia dalla Nuova Guinea (Luis de Torres, 1606). Toccò poi all’Olandese Abel Janszoon Tasman la prima scoperta dell’isola che ne prese il nome e dell’arcipelago neozelandese: era il 1642. Il Francese Bougainville scoprì le Samoa e le Nuove Ebridi, ma già Tasman e l’Inglese William Dampier avevano scoperto e visitato le coste Settentrionali e Nord-Orientali dell’Australia.

Tuttavia fu solo con i tre memorabili viaggi dell’Inglese James Cook (1768, 1772 e 1776) che fu completata nelle sue grandi linee la conoscenza dell’Oceania con la circumnavigazione dell’Australia e dell’arcipelago neozelandese e con l’ardita navigazione nella sezione più australe del Pacifico fino alla latitudine di 71° e di quella più settentrionale fino allo Stretto di Bering. Il continente entrava così, tardivamente, ma rapidamente, nel novero delle terre conosciute.

L’Oceania è il continente più scarsamente abitato: il contrasto con le regioni super popolate dell’Asia monsonica, che è la terra più prossima a questa parte del mondo, non potrebbe essere più clamoroso. Scomparsi del tutto i Tasmaniani (il tipo umano più primitivo che si sia conosciuto), portati quasi al limite dell’estinzione gli Aborigeni dell’Australia e limitate alle aree più impervie della Nuova Guinea le ultime popolazioni che vivono ancora in condizioni simili a quelle dell’Età Neolitica, per il resto le popolazioni originarie dell’Oceania sono state assimilate o del tutto sopraffatte dalla colonizzazione europea (dopo una visita in Australia nel 1836, Charles Darwin scrisse che «ovunque l’Europeo metta piede sembra seguire la morte degli indigeni»). Australia e Nuova Zelanda sono di fatto Paesi Europei, membri sovrani del Commonwealth britannico ed inseriti come tali nel mondo politico dell’Occidente; la metà occidentale della Nuova Guinea gravita ormai nel campo di attrazione dell’Asia e può considerarsi a tutti gli effetti parte di quel continente, mentre le isole Hawaii sono parte integrante degli Stati Uniti d’America e sono state paragonate ad una grande flotta di portaerei stazionante permanentemente nel cuore del grande oceano.

Australia e Nuova Zelanda sono le uniche terre dell’Oceania nelle quali i problemi demografici ed economici rivestono un’importanza che va oltre l’ambito continentale. Sono due Paesi di recente insediamento europeo, scarsamente popolati, ricchi, specie l’Australia, di risorse potenziali ed effettive. Oltre che la scarsa densità di popolazione, contrastano con la vicina Asia l’elevato livello di vita, la progredita struttura sociale ed economica, la compattezza razziale (il 92% della popolazione australiana è di origine europea). La prudente politica immigratoria dei due Paesi mira a non turbare l’equilibrato sviluppo economico, ma contribuisce a mantenere queste terre in una condizione di ristagno demografico che potrebbe risultare in futuro un elemento di squilibrio nel quadro più vasto dell’emisfero orientale del globo.

Indubbiamente questi Paesi condividono certe caratteristiche di altre regioni australi dell’Africa e dell’America. In primo luogo hanno in comune con esse una grande prospettiva di sviluppo, soprattutto economico e finanziario, oltretutto favorita dall’assenza dei problemi razziali che hanno travagliato ad esempio la Repubblica Sudafricana e di quelli sociali ed economici propri dei Paesi Sud-Americani. Se riusciranno a mettere a frutto in pieno questa prospettiva, sarà solo il tempo a mostrarlo. Le premesse ci sono tutte, i primi risultati si sono già visti.

(agosto 2014)

Tag: Simone Valtorta, Oceania, Australia, Nuova Guinea, Nuova Zelanda, Pacifico, Mari del Sud, Ferdinando Magellano, Abel Janszoon Tasman, Francese Bougainville, Samoa, Nuove Ebridi, Tasmania, storia dell'Oceania, Marianne, Isola di Pasqua, William Dampier, James Cook, Hawaii, Tasmaniani, Aborigeni, Charles Darwin.