Lyndon Johnson
Un Presidente Americano poco noto

Dopo l’uccisione del Presidente John Fitzegerald Kennedy, divenne Presidente degli Stati Uniti il suo vice Lyndon Johnson. Si tratta di uomini appartenenti al partito democratico. Siamo negli anni Sessanta e i due uomini si trovarono a gestire le sorti non solo della loro grande Potenza ma dell’intero pianeta. Le questioni all’epoca più stringenti, in piena guerra fredda, furono in politica interna la questione dei diritti civili, mentre in politica estera le diatribe tra la Cuba Castrista e gli Stati Uniti e quindi tra l’URSS, potenza comunista primaria, e gli Stati Uniti medesimi erano le questioni più spinose.

Kennedy appare a osservazione attenta degli storici, per quanto realista, un uomo volto al superamento di divergenze uniche, votato a riconoscere l’opportunità di lottare per trovare dei punti comuni. Il suo vice e poi Presidente Johnson non fu altrettanto possibilista. Se in linea di massima sostenne il suo Presidente, le sue più intime convinzioni non collimarono affatto con questa politica kennediana.

Nel 1963 Lyndon Johnson, dopo l’attentato di Dallas, prese il suo posto direttamente sull’aereo presidenziale, dove velocemente giurò fedeltà alla Repubblica, alla presenza della stessa vedova del Presidente Kennedy, Jacqueline Bouvier.

Questo ufficialmente per agevolare la sicurezza nazionale, per non lasciare vacante il ruolo presidenziale medesimo.

Il proseguo della politica del Presidente Johnson rende bene l’idea della linea di continuità col suo predecessore ma anche delle divergenze programmatiche tra i due.

Per i diritti civili sicuramente Lyndon Johnson fu un acceso sostenitore di quanto il Presidente Kennedy aveva posto in essere. Si concretizzarono agevolmente quelle importanti novità giuridiche che posero finalmente la popolazione afroamericana su un piano di integrazione decisa nei diritti di cittadinanza, che fino a quel momento non l’aveva vista su un piano di parità con la popolazione bianca. Soprattutto negli Stati del Sud tanti erano stati gli episodi di violenza e di costante violazione dei diritti civili.

La politica estera dei due Presidenti fu viceversa molto diversa.

John Fitzgerald Kennedy era andato al potere come democratico vincendo il già celebre repubblicano Richard Nixon, che poi diverrà in anni successivi Presidente. Come lui giovane e rampante, la vittoria di Kennedy si giocò con una manciata di voti di scarto.

Il potente padre di Kennedy, il Senatore Joseph Kennedy, ex Ambasciatore a Londra e uomo di successo, si narra abbia contratto accordi segreti con personaggi poco limpidi, anche mafiosi. Questo non stupisce vista la politica americana, i suoi risvolti, e la stessa figura politica di Joseph Kennedy. Il partito democratico e quello repubblicano, ieri come oggi, non si distanziano così scopertamente nei programmi e nelle affinità reciproche.

Sappiamo che negli Stati Uniti ciò che davvero conta è l’etica del lavoro, il fare impresa visto come momento etico e civile. Entrambi i partiti dunque esprimono queste idealità, anche se tradizionalmente il partito repubblicano accentua una politica volta a un liberismo più marcato, che meno tiene conto delle esigenze delle classi più umili. I democratici tendono a soddisfare anche alcune tutele di «welfare», sempre però in modo non così marcato come in Europa.

Nella politica interna dunque ci sono differenze a volte anche ampie, mentre in politica estera prevalgono i comuni interessi. E le lobby delle armi, piuttosto che petrolifere, si giocano alla pari i rapporti anche interpersonali tra i membri delle due formazioni politiche.

I compromessi che sicuramente anche il clan Kennedy dovette accettare furono poi deleteri quando il Presidente Kennedy si trovò a dover gestire la questione della Baia dei Porci e più in generale una politica internazionale che vedeva fronteggiarsi comunismo e liberismo. Kennedy salvò davvero il pianeta da un conflitto bellico pericolosissimo, quando la crisi di Cuba del 1962 lo pose nella condizione di mediatore tra le parti. Ci fu una partita diplomatica che permise gli accordi con Nikita Krusciov e un blocco «in corner» di un conflitto nucleare.

Kennedy decise di non finanziare più la guerra del Vietnam, in cui si era inserito e che aveva incrementato lui stesso. Questa scelta gli costò cara. Quelle lobby che lo avevano sostenuto nella sua corsa alla Casa Bianca gli si rovesciarono contro. E non è inverosimile che il triste epilogo della sua vicenda umana molto debba a tale condizione.

Johnson, molto realista e volto a soddisfare i bisogni di tali lobby, portò avanti una politica di riarmo e di bellicismo in Vietnam, non rispettando quanto il predecessore aveva stabilito.

Arrivare a conclusioni affrettate come sostenere che fosse coinvolto nello stesso attentato è cosa ancora poco provata. Indubitabilmente le differenze ci furono.

A questo punto dobbiamo chiarire quanto nel sistema politico americano la persona del Presidente faccia la differenza. Il Presidente degli Stati Uniti ha molto potere, è un vero Sovrano Democratico. Non si tratta di una contraddizione in termini. Il Congresso ha molte carte da giocare nel bilanciamento dei poteri, così come la Corte Suprema. Tuttavia un Presidente è prima di tutto un uomo di potere. Le sue decisioni impattano considerevolmente sulla politica americana. I partiti politici hanno una loro autonomia e importanza, ma un Presidente appartenente a una delle due principali formazioni dà in ogni caso il vero indirizzo alla sua politica. Il non esserci differenze ideologiche sostanziali tra democratici e repubblicani, spinge ancor più in tale direzione.

Lyndon Johnson all’epoca del suo mandato fu amato dai democratici. Ed eletto nel 1964. Era uomo del Sud, conosceva i bisogni di quei luoghi, come appunto il Texas; e sapeva controllare vicende poco limpide e controverse del periodo.

L’«escalation» vietnamita fu una spina nel fianco nella rielezione successiva dello stesso Lyndon Johnson, che vide trionfare nel 1968 i repubblicani, nella persona di Richard Nixon. Johnson stesso del resto non si ricandidò in quel frangente.

Non possiamo capire adeguatamente la realtà americana senza comprendere le differenze territoriali tra i vari Stati. Ma soprattutto dobbiamo vedere i due partiti politici maggiori come costole di un unico corpo, dove prevale sicuramente il comune interesse nazionale su una contrapposizione ideologica. Lyndon Johnson era nato nel 1908, anche per tale ragione non capì sufficientemente la partita che si giocava in Oriente. Gli anni Settanta richiedevano una nuova visione. La capacità di seguire quelle istanze giovanili che il 1968 aveva evidenziato. Johnson fu un ottimo burocrate, un uomo di Stato che impersonò il suo tempo. Ma che alla vigilia degli anni Settanta dovette firmare una resa nei confronti di scelte sostanziali che aveva intrapreso, non ultimo proprio quanto accaduto in Vietnam. Il suo tempo ormai era terminato.

(novembre 2023)

Tag: Elena Pierotti, John Fitzegerald Kennedy, Jacqueline Bouvier, Cuba, Nikita Krusciov, Texas, Baia dei Porci, Richard Nixon, Vietnam.