La Statua della Libertà
Un monito contro i dittatori

Alla foce del fiume Hudson, all’ingresso del porto di New York, sulla rocciosa Bedloe’s Island, oggi Isola della Libertà (Liberty Island), si alza, a dominare su tutta la Baia di Manhattan, la Statua della Libertà, uno dei monumenti più importanti e conosciuti del mondo intero, omaggio della Francia agli Stati Uniti d’America. Qui fu posata la prima pietra il 5 agosto 1884; dopo il suo completamento nel 1885, fu inaugurata il 28 ottobre 1886.

Statua della Libertà

La Statua della Libertà a New York (Stati Uniti d'America)

Il dono della Repubblica Francese agli Stati Uniti, in commemorazione della loro Dichiarazione di Indipendenza del 1776, fu giustificato dall’essere i due Stati usciti da regimi totalitari, per cui si sentivano amici e la statua servì per rafforzare i loro rapporti.

L’idea di progettare una statua da erigere all’imboccatura del porto di New York nacque nella mente dello scultore Frédéric Auguste Bartholdi dopo aver sentito il discorso dell’insigne professore Édouard René Lefebvre de Laboulaye, di cui era amico, tenuto a Versailles nel 1865. Egli, sostenitore della Guerra di Secessione Americana, prospettava la possibilità di donare una statua agli USA, quale tangibile dimostrazione dei rapporti di fratellanza esistenti fra i due Stati, dopo un secolo dalle rivoluzioni scoppiate in nome della giustizia e della libertà, che li avevano entrambi coinvolti. «Perché no», si disse, pensando fra di sé al Colosso di Rodi, rappresentante il dio del sole Elio, statua in bronzo alta più di 30 metri posta all’ingresso del porto dell’isola, i cui resti furono smontati dagli Arabi nel 653 dopo Cristo in seguito alla conquista di Rodi, portati in blocchi in Siria e dispersi non si sa dove.

Ma non era il momento opportuno, essendo il regime dell’Imperatore Napoleone III repressivo, dispotico e antidemocratico, per cui Bartholdi, pur avendone parlato con Laboulaye, si orientò verso un altro Paese, l’Egitto, proponendo la costruzione di un faro a Porto Said, all’entrata settentrionale del Canale di Suez, con le fattezze di una popolana egizia. Furono realizzati schizzi e modelli, ma il progetto non ebbe un seguito.

Così, solo più tardi, la Francia, uscita dall’Impero di Napoleone III, fu teatro di un notevole miglioramento economico e sociale. La proclamazione della Terza Repubblica e poi l’organizzazione di una grande Esposizione Universale, che fu aperta il 1° maggio 1878, diedero un grande impulso verso il futuro. Infatti, si riteneva che fosse l’esposizione del progresso per l’avvento dell’elettricità che avrebbe portato a un nuovo «illuminismo» non solo culturale, ma soprattutto tecnologico. In quell’occasione, la statua fu montata nei giardini del Palais du Trocadero, esponendola all’ammirazione dei visitatori, che non furono tirchi nel dare il loro contributo per vederla realizzata e posata sul suo basamento in terra americana.

Pertanto, essendo cambiata la situazione con la morte dell’Imperatore, quel progetto fu ripreso in mano. In Francia si fece una campagna per una raccolta fondi e poi nel 1875, dieci anni dopo aver avuto l’idea, iniziarono i lavori. Si trattava di costruire la statua e il basamento su cui posarla, per il quale ultimo si lanciò una sottoscrizione pubblica negli USA.

Per quanto attiene alla tecnica costruttiva, Bartholdi si riferì a due grandi statue presenti sul territorio europeo (il monumento a San Carlone – San Carlo Borromeo – ad Arona in provincia di Novara e ad Arminio – Hermannsdenkmal –, condottiero dei Germani Cherusci, a Detmold in Germania), dopo aver consultato la fonderia francese «Gaget, Gauthier & Co.». Il consiglio fu di costruire una struttura sulla quale stendere un rivestimento in fogli di 2,4 millimetri di spessore di rame battuto con la tecnica dello sbalzo, fissati fra di loro con rivetti; in tal modo, si potevano contenere i pesi.

Iniziamente, secondo il parere dell’architetto Eugène Viollet-de-Duc insegnante di Bartholdi, si poteva fare una struttura in mattoni, sulla quale sistemare poi il rivestimento, ma poiché egli morì senza aver lasciato indicazioni su come collegarli fra di loro, la cosa migliore fu quella di rivolgersi a qualcuno che, a proposito di costruzioni, come aveva dimostrato, era un falco. Ecco, dunque, entrare in campo l’ingegnere Alexandre Gustave Eiffel, già esperto nella progettazione di ponti ferroviari e poi costruttore della famosa torre che tuttora domina il panorama di Parigi, che orientò i suoi calcoli su una struttura in colonne e travi reticolari in acciaio, con connessioni fra le parti che fossero sicure, ma che, nel contempo, consentissero le normali dilatazioni e contrazioni naturali dei materiali dovute all’alternanza del caldo e del freddo e del contrasto delle temperature fra esterno e interno della struttura, e le piccole oscillazioni dovute alle vibrazioni del suolo e alle ire degli agenti meteorologici.

Conscio che l’esposizione agli agenti atmosferici e al contatto fra metalli diversi avrebbe potuto dar luogo alla corrosione galvanica, Eiffel isolò il rivestimento con amianto impregnato di gommalacca.

Per l’interno, Eiffel progettò due scale a chiocciola al servizio dei visitatori per raggiungere il punto di osservazione dentro la corona, mentre per raggiungere la torcia dovette limitarsi a una stretta scaletta.

La statua rappresenta la figura di una donna avvolta da una toga come quella che, nell’antica Roma, indossavano senatori e magistrati.

In merito ai lineamenti del volto, molti sono del parere che l’autore dell’opera, Bartholdi, si sia ispirato al viso della madre, Charlotte, per quanto altre fonti, fra cui l’attrice Elizabeth Mitchell, sono del parere che si sia riferito al volto del fratello malato, con gli occhi persi nel vuoto. Mentre per il corpo sono diverse le ipotesi. Infatti, qualcuno parla delle fattezze della dea egizia Iside o della babilonese Semiramide o della dea romana Libertas; però potrebbe essere pure vera l’ispirazione proveniente dall’ammirazione provata dalla visione della statua della Libertà della Poesia, opera del 1870 di Pio Fedi, che si trova nel monumento funebre di Giovanni Battista Niccolini, sito nella basilica di Santa Croce a Firenze, anche perché lo scultore fu in visita in quella città tre anni prima dell’inaugurazione della statua statunitense. Ma non finisce qui, giacché c’è chi riconosce nelle forme una figura marmorea, denominata La Legge Nuova, opera di Camillo Pacetti, sita sulla facciata del duomo di Milano dal 1810. E ancora, secondo il già direttore della «Tate Gallery» Will Compertz, Bartholdi può essersi ispirato al quadro La Libertà di Eugéne Delacroix, dove una popolana con berretto frigio in testa, fucile con baionetta inastata nella mano destra e il tricolore francese nella sinistra, guida il popolo alla riscossa per la libertà.

Sul capo, con i capelli legati sulla nuca che lasciano scendere alcuni riccioli sulle spalle, è appoggiato un diadema nel quale, come se fossero pietre preziose ornamentali, sono aperte 25 finestre che servono ai visitatori per ammirare la baia di New York; dal diadema si dipartono 7 raggi, che rappresentano i 7 mari e i 7 continenti (secondo gli anglosassoni).

Una torcia accesa è tenuta in alto dal braccio destro nudo; fino a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento era utilizzata come faro, il primo al mondo funzionante a elettricità, visibile fino a 40 chilometri di distanza. Oggi è solamente il simbolo di New York. Sul braccio sinistro piegato è tenuta una tavola riportante la scritta JULI-IV-MDCCCLXXVI (4 luglio 1876), cioè la data della Dichiarazione dell’Indipendenza da parte dell’Unione.

Catene spezzate ai piedi stanno a significare la liberazione da qualsiasi forma di tirannide.

La statua, denominata Liberty Enlighiting the World in inglese e La Liberté éclairant le monde in francese (Libertà che illumina il Mondo), per brevità divenne semplicemente Statue of Liberty o Lady Liberty, per gli Statunitensi. Fu costruita e assemblata in Francia e, nel 1884, fu assemblata e inaugurata a Parigi e simbolicamente data in consegna ai rappresentanti del Governo Statunitense. Un triste rimpianto accompagnò la cerimonia per la mancata presenza di Laboulaye, purtroppo deceduto alcuni mesi prima: non ha avuto la soddisfazione di vedere il suo sogno diventare realtà.

Dopodiché, la statua fu smontata, inscatolata e trasportata in America con la fregata Isere, che dovette fare diversi viaggi, per essere rassembrata nella sua sede definitiva a Liberty Island. Le caratteristiche di Lady Liberty sono enormi: altezza 46,48 metri, peso 156 tonnellate di cui 300 pezzi di rame assemblati per 31 tonnellate e 125 di acciaio e, se si vuole scherzare per un attimo, il suo «vitino di vespa» è di 35 metri, mentre il «piedino di Cenerentola» è lungo 7,60 metri, corrispondente, secondo chi ha voluto fare il calcolo, alla taglia 879; rincarando la dose, si può dire che con 3.500 metri di stoffa si riuscirebbe a confezionare il suo abito.

Negli Stati Uniti si stava lavorando alla costruzione del basamento, alto 47 metri, sul quale la statua doveva essere sistemata. In merito al materiale usato per la sua costruzione, granito grigio-rosa, c’è una duplice versione: granito proveniente da una cava francese o da una americana? Secondo alcuni documenti, la pietra è stata coltivata in una cava francese, ma ricerche odierne sembrano orientare verso la cava Stony Kreek nel Connecticut.

Sul basamento è stato riportato il sonetto The New Colossus (Il Nuovo Colosso), scritto da Emma Lazarus nel 1883, dedicato a tutti gli immigrati che giungono negli Stati Uniti alla ricerca della libertà per tutte le genti, vessate dalla miseria e dalla fame. Un vero e proprio «Faro della Libertà» per tutti i popoli, speranza per chi fugge dalla povertà, promessa di accoglimento per chi spera in un futuro sereno e proficuo.

Il 28 ottobre 1886 si giunse al completamento dell’opera; durante l’inaugurazione, fatta dal Presidente Cleveland, furono distribuiti modelli in miniatura fabbricati dalla ditta francese «Gaget, Gauthier & Co.». Di questi modelli, il primo, alto 11,50 metri, è stato posato a Parigi, vicino al Ponte Grenelle sull’Isola dei Cigni (Ile aux Cygnes), rivolto a Occidente, verso gli Stati Uniti e la sorella maggiore che, a sua volta, guarda verso Oriente, verso chi ha contribuito alla sua creazione, cioè la Francia.

Nel giro di un ventennio, il bel colore rosso brillante del rame, per l’ossidazione causata da una serie di reazioni chimiche e dall’inquinamento ambientale, divenne verde, lasciando perplessi molti Statunitensi; fu organizzato un plebiscito per riportare il colore allo stato originale. Ebbene, vinsero coloro che ritenevano che era meglio lasciare Lady Liberty con la nuova colorazione; tutto sommato, per l’economia fu un bene, perché si trattava di un’operazione molto costosa da effettuare quattro o cinque volte ogni secolo. Del resto, tutto il mondo è pieno di strutture che mostrano il loro verde senza vergogna e che, anzi, le impreziosisce.

L’opera, ideata da un politico sognatore, Lefebvre, da un architetto testardo e deciso, Bartholdi, finanziata con l’aiuto di un giornalista ed editore progressista, Pulitzer, e con l’appoggio tangibile di due popoli usciti dalla dipendenza da regimi totalitari, fu portata finalmente alla realtà, a significare che le genti mal sopportano abusi, angherie, nepotismi, clientelismi e tutto quanto ha il sapore delle ingiustizie e delle differenze sociali.

(dicembre 2021)

Tag: Mario Zaniboni, Statua della Libertà, fiume Hudson, porto di New York, Bedloe’s Island, Isola della Libertà, Liberty Island, Baia di Manhattan, Francia, Stati Uniti d’America, 28 ottobre 1886, Dichiarazione di Indipendenza, Frédéric Auguste Bartholdi, Édouard René Lefebvre de Laboulaye, Guerra di Secessione Americana, USA, Colosso di Rodi, Napoleone III, Canale di Suez, Terza Repubblica Francese, Esposizione Universale del 1878, Palais du Trocadero, San Carlone, Arminio, Gaget Gauthier & Co, Eugène Viollet-de-Duc, Alexandre Gustave Eiffel, Libertà della Poesia, La Legge Nuova, La Libertà, Liberty Enlighiting the World, La Liberté éclairant le monde, Lady Liberty, Isere, Stony Kreek nel Connecticut, The New Colossus, Emma Lazarus, Presidente Cleveland, Ponte Grenelle, Pulitzer.